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Banche nel mirino del Senato Usa. L’accusa è di elusione fiscale

Pubblicato il Rapporto che punta l’indice sui maggiori istituti di credito che avrebbero anche fatto ricorso a numerose giurisdizioni a bassa tassazione

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L’inchiesta fiscale, lanciata nel 2007 dal senato Usa, vede al centro proprio i campioni dell’aristocrazia dell’alta finanza mondiale. I maggiori colossi bancari, tra cui Morgan Stanley, Lehman Brothers, Merrill Lynch, Ubs, Deutsche Bank e Citygroup, sono stati posti dal Senato statunitense in formale stato d’accusa. Il motivo è aver fornito ai propri clienti, non in possesso della cittadinanza americana, una serie di strumenti e suggerimenti che, una volta adottati e applicati, avrebbero consentito a centinaia di investitori esteri di eludere il regolare e corretto versamento della tassa sui dividendi causando, di fatto, nel decennio passato, una perdita netta per l’erario stimata in diversi miliardi di dollari. Un danno che la Commissione permanente del Senato, autrice del Rapporto finale con tanto di numeri ed esposizioni accurate relative alle complesse dinamiche strategiche e alle transazioni, in gran parte triangolazioni con centri offshore, poste in atto dalle banche, ritiene difficilmente recuperabile e, soprattutto, problematico da gestire.

Elusione fiscale, ma quanto mi costi?

A questo riguardo, all’interno del dettagliato Rapporto, diffuso dalla Commissione del Senato, sono riportate le perdite arrecate all’erario federale di Washington e ripartite per singola banca o istituto e, allo stesso tempo, distinte in relazione ai diversi intervalli temporali investigati e a singoli casi specifici, ovvero case-study, oggetto d’indagine da parte degli ispettori del fisco. Una strategia questa che quindi pone in risalto soltanto le perdite per l’erario legate a un numero limitato di casi di elusione fiscale praticati e offerti ai propri clienti dalle Banche sotto esame e non il totale che, di fatto, è valutato in via approssimativa in diversi miliardi. Comunque, il risultato più immediato dell'indagine condotta dal Senato Usa, consiste nell’ illustrazione d’una sorta di graduatoria con l’indicazione dei maggiori protagonisti nell’arte dell’elusione fiscale. Il podio è occupato, in valore assoluto, da Morgan Stanley, ritenuta dal Senato responsabile d’aver arrecato all’erario, nel periodo 2000-2007, un danno pari a 300milioni di dollari per effetto delle pratiche e dei servizi offerti a clienti non statunitensi per dribblare con successo i regolari versamenti della tassa sui dividendi. La seconda posizione spetta invece a Lehman Brothers, a cui sono addebitati, soltanto per il 2004, mancati versamenti, da parte dei suoi assistiti stranieri, per un totale di 115 milioni di dollari. Piazza d’onore per Maverick Capital che, tramite una complessa filiera di hedge funds alloggiati in diversi paradisi fiscali, ha potuto realizzare pratiche di elusione fiscale costate al fisco statunitense circa 95 milioni di dollari.

 

Quando la norma crea il divario

Le cause all’origine dell’elusione della tassa sui dividendi sono molteplici. Innanzitutto, il Senato indica, tra le ragioni principali la complessità della norma che, nella sua applicazione concreta, prevede tre diverse modalità di tassazione a seconda che i dividendi siano riutilizzati in sostituzione di determinati pagamenti o indirizzati su diversi capitoli di spesa. In secondo luogo, per anni, l’agenzia statunitense delle Entrate, l’Internal Revenue Service (Irs), ha sottovalutato l’ampiezza del fenomeno con il duplice risultato di una mancata implementazione dei controlli e, sul versante puramente tecnico, dell’assenza completa di revisione della norma nelle sue fasi pratiche e applicative. Responsabilità questa che, sempre secondo quanto contenuto nel Rapporto, va comunque condivisa con i responsabili del Tesoro, anch’essi in ritardo nell’elaborazione di adeguate proposte sia in direzione d’una maggiore linearità della norma che relative a un incremento effettivo degli sforzi degli ispettori del fisco in tema di elusione fiscale, in particolare quella connessa alla tassa sui dividendi.

 

L’offshore non manca mai: panoramica sull'evasione Usa

Naturalmente, un ampio spazio è riservato, all’interno del Rapporto, al protagonista principale dell’elusione fiscale in versione made-in Usa, ovvero il mercato dell’offshore. A questo riguardo, il Senato indica un lungo elenco di hedge funds, rigorosamente registrati all’interno di numerose giurisdizioni a bassa tassazione, in pratica paradisi fiscali, con cui sarebbero state gestite e realizzate migliaia di transazioni il cui scopo era consentire agli investitori stranieri, clienti delle grandi banche d’affari, di eludere il versamento della tassa sui dividendi. Una solida e ben stratificata sinergia contabile e monetaria tra i colossi della finanza e gli Eden del fisco distribuiti sul Pianeta che, nel suo svolgersi, determina, sempre secondo gli esperti del Senato Usa, una perdita netta per l’erario federale di Washington oramai pari a circa 100miliardi di dollari l’anno. Cifra questa che in realtà, oltre alla pratica multiforme dell'elusione fiscale, riassorbe, contestualizza e registra il gap totale tra entrate attese e incasso effettivo che gli ispettori del fisco riconducono ogni anno all'utilizzo delle giurisdizioni offshore da parte di migliaia di soggetti statunitensi, ovvero persone fisiche, società e istituti finanziari, allo scopo di evadere imposte, tasse e tributi.

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