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Dal mondo

A Bermuda anno nuovo ma offshore differente

Istituzionalizzato lo scambio d’informazioni in materia fiscale che manda in pensione i miti assoluti del segreto e della riservatezza su tasse e imposte

Cartina geografica delle BermudaDopo aver costituito una giurisdizione di riferimento per chi desiderava dribblare tasse e imposte, oggi le Bermuda sembrano oramai decise a riconfigurare in maniera piuttosto significativa il loro profilo fiscal-finanziario, mandando in soffitta il principio assoluto del no-tax-information che per decenni è rimasto intrinsecamente associato a quello altrettanto seducente del low-taxation.
Via libera allo scambio d’informazioni
Il Parlamento della nota giurisdizione, posta al centro della sezione dell’Atlantico settentrionale che guarda gli Stati Uniti e che per questa ragione ha costituito storicamente una sorta di finestra d’accesso dei capitali esteri provenienti dal Vecchio Continente e destinati ad essere impiegati sul mercato statunitense, ha recentemente approvato una legislazione piuttosto innovativa, e forse unica nel suo campo, il cui obiettivo è quello di facilitare lo scambio d’informazioni con gli altri Stati al fine di rafforzare la lotta internazionale condotta contro l’evasione fiscale.
In pratica, l’International Cooperation Act, così è stata definita ufficialmente la nuova legislazione che consente di dribblare il segreto bancario e la riservatezza relativa alle transazioni finanziarie condotte sul mercato delle Bermuda da operatori che vi sono registrati legalmente, costituirà una sorta di ombrello normativo tramite il quale sarà possibile, a partire dall’anno in corso, rendere pienamente efficaci gli accordi sullo scambio d’informazioni in materia di fisco e di finanza già siglati, o quelli ancora da definire, con molti Paesi membri dell’Ocse e dell’Unione europea, tra cui quindi anche l’Italia.
Perché le Bermuda dicono addio all’offshore classico?
Le ragioni di questo repentino cambio di rotta, peraltro affatto inatteso, sono state evidenziate di recente dalle autorità locali che, a vario titolo, hanno espresso in maniera piuttosto armonica e unanime il senso delle sfide che attendono le Bermuda nel futuro prossimo. In pratica, questo Paese, che per anni ha esibito una ricchezza pro-capite vicina a quella dell’Impero Usa, è oramai prossimo a una svolta che non può essere posticipata. Infatti, i trend internazionali non consentono più di poter fondare le proprie economie facendo ricorso esclusivo al sistema bancario e finanziario e, ma soltanto in parte, a quello del turismo. In una stagione di cambiamenti così rilevanti è necessario rivisitare e, se necessario, perfino rifondare le proprie fondamenta economiche transitando da un mercato egemonizzato da banche e flussi torrenziali di depositi e di conti correnti, a un sistema che torni a guardare al commercio ed allo sviluppo.
La svolta dietro gli eventi delle Twin Towers
In realtà questo mutamento era già stato avviato nel 2000 dalle Bermuda e aveva subìto una accelerazione intensa dopo l’11 settembre, quando gli Usa dichiararono in modo netto e deciso che i segreti bancari e le norme relative alla riservatezza diffuse con i flussi finanziari e le transazioni di capitali su scala planetaria, avevano finito per agevolare la raccolta di risorse ingenti da parte del terrorismo internazionale. Naturalmente, dato che questo quadro non poteva essere più tollerato, le autorità delle Bermuda furono tra le prime a decidere di cambiare, con il risultato che i fondi, oggi custoditi nei depositi delle banche locali, ufficialmente, non superano i 100 miliardi di dollari, una somma modesta rispetto, per esempio, agli oltre 1000 miliardi che riposano nei forzieri delle Isole Cayman.
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