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Dal mondo

Bulgaria: prossimità, fisco, moneta
giusto appeal per Romania e Grecia

A indicarlo una serie di studi effettuati dalle autorità nazionali sulla base dell'incrocio di dati fiscal-finanziari

i tre vantaggi
I rapporti e gli studi realizzati dalle autorità economiche e monetarie bulgare sono giunti a una conclusione incontrovertibile. È aumentato in modo considerevole negli ultimi anni il numero di  società greche e romene che hanno costituito una consociata in Bulgaria. E un motivo ci sarà pure. Secondo  le rilevazioni, frutto di una capillare ricerca sul campo, la ragione è connessa a tre motivazioni non trascurabili: la vicinanza geografica, il regime fiscale di maggior favore connesso a una stabilità monetaria consolidata nel tempo. Tre fattori che contribuiscono a fare oggi della Bulgaria un polo d'attrazione per le imprese.
 
I dati fiscali
Le società elleniche che pagano imposte in Bulgaria sono aumentate del 75% passando da 2.199 a 3.781 nel 2010 mentre quelle romene sono aumentate del 50% passando da 272 a 401 nel 2010. In Bulgaria il debito pubblico si attesta sul 16% del Pil, il secondo più basso nell'Unione europea dopo l'Estonia. Secondo la Commissione europea quello della Grecia è il 161% e quello della Romania si attesta sul 33%. Un punto di forza della Bulgaria è stato anche la costanza del cambio tra il lev e l'euro nel corso dell'ultimo decennio (1 euro corrisponde a 1,9985 lev).
Le società romene sono costituite principalmente nel nord del Paese a ridosso del Danubio mentre quelle greche si localizzano principalmente a Blagoevgrad, a sud del Paese. In sostanza gli investitori non si sono molto allontanati dal confine del loro Paese. Probabilmente un forte elemento di interesse è costituito dalla aliquota delle imposte sui redditi societari del 10% che, al momento, si attesta al livello più basso dell'Unione europea.
 
La Bulgaria vista dall'Italia
Anche le società italiane possono ovviamente affacciarsi al mercato bulgaro costituendo filiali in loco tuttavia il basso livello impositivo potrebbe far scattare la disciplina della c.d. cfc white list di cui all'art. 167 co 8 bis del Tuir. Infatti, la tassazione per trasparenza in capo ai soci italiani opera anche nei confronti di società residenti in Paesi a fiscalità ordinaria se ricorrono determinate condizioni.
In particolare, l’articolo167 comma 8-bis del Tuir stabilisce che la disciplina CFC si applica anche in relazione alle controllate (ma non anche alle collegate) insediate in Paesi a fiscalità ordinaria se sono congiuntamente verificate le seguenti condizioni:
a) la partecipata estera paga imposte nello Stato o territorio di insediamento per un importo pari a meno della metà del carico impositivo cui sarebbe stata sottoposta qualora fiscalmente residente in Italia (in linea di massima meno del 13,75% ossia del 50% dell’Ires); 
b) i proventi della partecipata estera derivano per più della metà da: 
gestione, detenzione o investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie; 
cessione o concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica; 
prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari (i c.d. servizi infragruppo come il servizio contabilità, servizi legali, servizi informatici, ecc.). 
 
La disapplicazione della disciplina
A ogni modo, se sono verificate le due condizioni sopra esposte, il legislatore consente al contribuente di disapplicare la disciplina in esame qualora presenti interpello all’Agenzia delle entrate e ottenga una risposta affermativa (comma 8 ter). Si vuole infatti evitare di penalizzare le delocalizzazioni effettive e non artificiosamente volte a drenare imponibile dall'Italia.
La misura dell'aliquota bulgara al 10% farà sì che la prima condizione risulti ragionevolmente soddisfatta. Una volta che la società estera svolga una delle attività sopra evidenziate, la tassazione per trasparenza scatterà inesorabilmente (salvo ovviamente l'accoglimento dell'interpello).
Si ricorda inoltre che, come evidenziato nella circolare 28/E/2011, tra i servizi infragruppo rientrano anche le lavorazioni effettuate dalla società controllata. Utili chiarimenti sono contenuti in altri documenti di prassi (circolari 51/E/2010 e 23/E/2011)
E' appena il caso di ricordare, infine, come le delocalizzazioni in Paesi estere comportino spesso l'applicazione della disciplina sul transfer price (articolo 110 comma 7 del Tuir) e rendano particolarmente cruciale l'individuazione del Paese in cui la società è effettivamente gestita.
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