L’economia sommersa – Con questa definizione vengono indicate tutte le attività commerciali non dichiarate o “sottostimate” ai fini fiscali. Solitamente questa tendenza è particolarmente diffusa negli ambiti in cui prevalgono le transazioni in contanti, come la vendita al dettaglio, il settore alberghiero e quello delle costruzioni, compresi i lavori di ristrutturazione, giusto per citarne alcuni.
L’economia sommersa ha un impatto negativo su imprese, consumatori e sulla base imponibile nel suo complesso, sottraendo allo Stato le risorse necessarie per l’erogazione dei servizi pubblici. Inoltre incide sul mercato minando la competitività delle aziende che rispettano le leggi e degli imprenditori onesti che contribuiscono alla crescita delle realtà territoriali, creando nuovi posti di lavoro e realizzando investimenti nelle economie locali.
I risultati dello studio – La metodologia di ricerca utilizzata è stata raccomandata dall’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo ed esamina l’incidenza dei diversi tipi di spesa e reddito sull’economia. Questo metodo è stato già adoperato in passato dal Canada e anche da altri paesi sviluppati le cui economie sono paragonabili a quella canadese.
I dati elaborati indicano che l’economia sommersa è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi dieci anni, con un aumento del 3,8% a partire dal 2012, lo stesso tasso di crescita del PIL. Nel 2013, in particolare, l’attività totale è stata stimata intorno ai 45,6 miliardi di dollari, il che equivale al 2,4% del PIL. Quattro settori rappresentano il 65% del fenomeno registrato nel 2013: edilizia residenziale (28%); finanza, assicurazioni, immobili, noleggio, leasing e società finanziarie (13%); commercio al dettaglio (13%); alloggi e ristorazione (12%).
La spesa per consumi finali delle famiglie ha rappresentato il 65,2% dell’attività sommersa, con circa 2.156 dollari per ogni nucleo familiare. Le prime cinque categorie di spesa per famiglia sono rappresentate da beni alimentari e bevande (461 dollari per nucleo), canoni di locazione (406), tabacco (211), bevande alcoliche (160) e trasporti (117).
Dal punto di vista del PIL, la quota maggiore del reddito sommerso è andata a dipendenti (46,9%), sotto forma di compensazione del lavoro, seguiti da aziende (28,3%), sotto forma di surplus, e imprese prive di personalità giuridica (24,8% ), come reddito misto.
In ambito territoriale, invece, i livelli più elevati si sono registrati nelle provincie di Ontario (16,7 miliardi di dollari), Québec (11,1 miliardi), Columbia Britannica (6,3 miliardi) e Alberta (5,3 miliardi).
La strategia futura – Nel complesso, lo studio fornisce segnali incoraggianti mostrando come di fatto l’economia sommersa sia rimasta relativamente stabile in percentuale del PIL.
Tuttavia, qualsiasi attività di questo tipo pregiudica l’integrità del sistema fiscale e ostacola la capacità dei governi di proteggere i ricavi e mantenere le tasse basse. I risultati di questo studio rappresentano quindi la base di partenza per sviluppare delle strategie mirate che consentano di intensificare il rispetto delle leggi fiscali in Canada e di concentrare gli investimenti in quei settori industriali a più alto rischio di evasione.
Gli sforzi dell’Agenzia delle entrate canadese per combattere l’economia sommersa sono volti ad assicurare condizioni di parità a tutte le imprese e ai contribuenti, attraverso un mix di attività di sensibilizzazione, educazione e comunicazione. Lo stesso Ministro delle Entrate nazionali ha lanciato nel 2014 un piano triennale che prevede:
- un comprensione più profonda dell’economia “in nero” - dove, quando e come si verifica;
- il contrasto della sua accettazione a livello sociale;
- la riduzione della partecipazione al sommerso.