Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Dal mondo

Cina, debutta il fisco-miniper investitori-maxi

Pronti sconti fiscali, incentivi e agevolazioni per premiare gli investimenti delle multinazionali su settori chiave

mappa cina

Pechino apre agli investitori esteri e torna, con decisione, sul capitolo degli sconti e degli incentivi fiscali, strumenti che nel triennio passato erano stati progressivamente abbandonati e, in alcuni settori, come il merchandising, interamente tagliati. L'obiettivo dell'inversione di marcia nelle linee guida della politica fiscale che contrassegna il Dragone è stato annunciato dal Consiglio di stato con toni decisi: "Aprire il mercato interno agli investitori esteri". In altre parole, tornare a ricoprire il ruolo di magnete globale nell'orientamento dei flussi d'investimento internazionali in una stagione, quella del post-crisi, dominata ancora dall'incertezza sui mercati esteri.

Un secondo obiettivo, rilanciato dai responsabili del ministero del Commercio e dalla speciale Commissione che gestirà sul campo gli incentivi, è invece costituito dal reindirizzare i capitali e i progetti d'investimento delle grandi multinazionali straniere sulle aree occidentali e centrali della Cina, ovvero, le zone e i dipartimenti che hanno avvertito meno i benefici della rincorsa ultradecennale dell'economia cinese.

I numeri dell'Investimento a misura di Dragone
Il cocktail di misure fiscali adottate dal Governo, coordinate dal ministero del Commercio, elaborate dalla Commissione nazionale per lo Sviluppo e rese pubbliche dal Consiglio di stato si fondano su tre dati essenziali. Il primo tiene conto delle aziende estere che operano sul mercato cinese che, secondo i numeri diffusi dai responsabili del dipartimento del Commercio, sono quasi 700mila, 690mila per l'esattezza. Un esercito di multinazionali e, di recente, anche di piccole e medie aziende aperte verso i mercati internazionali. Il risultato è che, a oggi, sono ben 45 milioni gli occupati in Cina i cui stipendi e salari sono originati e definiti dai bilanci di imprese straniere.

Sul versante dei capitali, invece, il valore degli investimenti esteri concentrato nel corso degli ultimi 17 anni sull'economia cinese ha raggiunto i 1.000 miliardi di dollari, ovvero, 1/4 della ricchezza prodotta ogni anno dal Dragone. Una somma all'apparenza sproporzionata che però spiega il senso della dipendenza forte di Pechino dall'iniezione continua di capitali stranieri, motore dello sviluppo del Paese. Questi due dati spiegano, e in parte giustificano, l'ampiezza della manovra e del piano fiscale varato dal Governo di Pechino.

Le risorse, invece, che consentiranno questo sforzo di politica fiscale attingeranno in parte dal pacchetto di 600 miliardi di dollari lanciato a fine 2008 come antidoto alla Crisi e, in caso d'ulteriori necessità, nei fondi speciali che i responsabili dell'Economia hanno già messo in campo.

La retromarcia del Fisco cinese sui capitali esteri
Lo strumento fondamentale scelto per convincere decine di migliaia di investitori esteri a mantenere elevato, anzi, ad aumentare il volume dei capitali reindirizzati sull'economia cinese è il fisco. Nel dettaglio, le imposte e le tasse che il viceministro in carica per il Commercio, Ma Xiuhong, e il direttore della Commissione nazionale per le Riforme e lo Sviluppo, sorta di ministero in versione mini, Zhang Xiaoqiang, hanno indicato come pronte per essere sacrificate sull'altare degli investimenti esteri sono, in ordine, l'Iva, la lunga serie di prelievi indiretti che interessa i beni e i servizi, le tariffe doganali e, per finire, le tasse di registro sugli acquisti e sugli affitti di proprietà terriere e di fondi ex-agricoli da adibire, eventualmente, in aree industriali.

I settori chiave dove il Fisco farà un passo indietro
L'unica condizione che gli investitori dovranno rispettare è rappresentata dai settori e dagli ambiti produttivi dai quali i capitali investiti non potranno discostarsi. Tra questi, le corsie fiscali preferenziali premieranno gli investimenti indirizzati sul terreno della ricerca e dello sviluppo, sui distretti scientifici connessi ad attività riconducibili all'high tech, sul versante dello sviluppo ambientale, quindi, eco-friendly, e, più in generale, attività ad elevata concentrazione e intensità di capitale umano, quindi di manodopera, da avviare e programmare nei distretti della Cina occidentale e centrale, il cosiddetto "Delta Occidentale". In pratica, la sezione del Paese con il tasso minore di sviluppo.

Come attrarre la multinazionale
Un incentivo, del tutto particolare e innovativo rispetto alla tradizione fiscale cinese, riguarda gli sconti in tema d'acquisto e affitto delle aree sulle quali le multinazionali e le grandi aziende estere potranno stabilire dei veri e propri quartier generali, regionali, o, in alternativa, dei dipartimenti funzionali, dei centri di ricerca su ambiti specifici e degli uffici per la gestione delle finanze e dei bilanci dell'impresa. In pratica, l'obiettivo è convincere l'investitore estero a metter radici all'interno del mercato cinese, legando i volumi dei capitali investiti non a stagioni di transizione e variabili ma, piuttosto, a lunghi periodi, superando così il limite della semplice programmazione a breve o medio periodo.

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/dal-mondo/articolo/cina-debutta-fisco-miniper-investitori-maxi