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Dal mondo

Cina, nel 2005 entrate da record e boom dell’evasione fiscale

Nei primi sei mesi la taglia del gettito fiscale ha superato la soglia di 200 miliardi di dollari con una previsione stimata a fine anno di 350

La somma complessiva delle imposte, delle tasse e dei tributi versati ogni anno dai contribuenti individuali e dalle aziende nelle casse del Fisco di Pechino ha raggiunto nel 2004 la cifra da primato di ben 310 miliardi di dollari. Ma oltre alla corsa delle entrate, anche l’evasione fiscale sembra in fase di decollo. Nel 2005 potrebbe superare i 90 miliardi grazie al boom delle aziende straniere che ricorrono spesso a "escamotage" finanziari.
Che il Dragone cinese fosse impegnato da anni nel ridisegnare il profilo della propria economia e del mercato interno, adottando i tratti tradizionalmente in voga tra i Paesi che appartengono da decenni al club esclusivo del capitalismo moderno, una sorta di ancièn regime che impartisce quotidianamente un complesso set di istruzioni per orientare e influenzare i trend e le dinamiche dell’economia globale, era noto da tempo. Che la rincorsa di Pechino per dotarsi di questo nuovo modello fosse davvero vicina alla mèta e che iniziasse a centrare alcuni parametri piuttosto rituali tra quelli che condizionano le dinamiche interne dei maggiori Paesi ad economia avanzata, in particolare in merito alle criticità internazionalmente avvertite e largamente condivise in materia di tasse e di imposte, è invece alquanto sorprendente.
I numeri del Fisco cinese
A ogni modo, analizzando i numeri pubblicati recentemente dalle autorità cinesi, responsabili dell’economia e delle finanze del Celeste Impero, due sono le novità, entrambe relative al Fisco, che sembrano attrarre l’interesse della stragrande maggioranza degli analisti internazionali.

* L’andamento delle entrate tributarie cinesi nel corso dell’ultimo decennio.
** I dati relativi al 2005 riguardano le somme riscosse nel primo semestre dell’anno in corso.
(i valori riportati nel grafico sono espressi in miliardi di dollari).
Fonte: Amministrazione tributaria cinese, ministero delle Finanze.

La prima riguarda l’andamento travolgente, soprattutto nel corso degli ultimi anni, delle entrate tributarie cinesi che si impennano con una ciclicità oramai ripetitiva transitando da un anno d’imposta a quello successivo. Infatti mentre nel 2003 le somme complessivamente riscosse dall’Erario, quindi inclusive non soltanto dell’imposta sui redditi delle persone fisiche e delle società ma anche delle tasse indirette e dei vari tributi locali, avevano tesorizzato ben 247 miliardi di dollari, l’anno successivo un nuovo balzo in avanti ha condotto le entrate generali del Fisco di Pechino ben oltre la soglia fatidica dei 300 miliardi di dollari. Peraltro si tratta di una corsa affatto destinata ad arrestarsi nell’anno in corso, dato che gli ultimi dati disponibili riferiti al gettito dei primi sei mesi del 2005, in pratica da gennaio a giugno, hanno evidenziato un incremento ulteriore della performance contabile realizzata dall’Amministrazione tributaria cinese. Un elemento che, de facto, ha già assicurato alle casse dell’esigente erario del Dragone ben 202 miliardi di dollari di fresche entrate. Si tratta di una cifra superiore alle attese dato che il Governo, impegnato in una intensa azione di rallentamento dell’economia nazionale, si aspettava una somma più modesta, ovvero, inferiore ai 200 miliardi di dollari e stimolata da un tasso di crescita dell’11 per cento rispetto al medesimo semestre del 2004 e non pari almeno al 15 per cento come invece sembra essere il passo di corsa attuale del gettito. In pratica, se questo trend dovesse essere confermato, anche nel semestre successivo, il Fisco cinese potrebbe incassare alla fine del 2005 circa 350 miliardi di dollari oltrepassando il limite costituito dal 20 per cento del Pil, entro il quale sembra attualmente muoversi la contabilità dell’erario gestita da Pechino.
La breve historia delle entrate fiscali della tigre asiatica
Passando in rassegna questa serie di dati si raffigurano i tratti di una corsa imperiosa nella taglia dell’Erario della Tigre asiatica che, se raffrontata con i primi esordi del boom economico cinese retrodatabili al lontano 1993, evidenzia una crescita di ben 5 volte rispetto alle somme allora riscosse. Infatti, mentre nel 1993 il gettito complessivo dell’Erario si era arrestato a 52 miliardi di dollari, nel 2004 ne ha contabilizzati, prima di fermarsi, ben 312 e nel 2005, se le ultime stime saranno confermate, dovrebbe raggiungere la quota di 350 miliardi.
Il perché del boom delle entrate fiscali e i rischi di un brusco stop
Le ragioni dell’attuale corsa delle entrate sulle quali possono contare le autorità di Pechino per soddisfare, almeno in parte, le necessità crescenti del budget annuale della potenza asiatica, sono molteplici. Infatti, tradizionalmente l’impennarsi del gettito assicurato dal Fisco alle finanze pubbliche è sempre connesso al manifestarsi di una rapida crescita economica e all’adozione di politiche migliori e di strumenti più equilibrati nel campo della riscossione delle imposte. In realtà, il boom delle entrate tributarie registrato nel 2004 è dipeso soprattutto dall’innalzamento dei prezzi di molti beni e servizi e dal rafforzamento delle procedure e dei metodi della riscossione, oltre che dal passo deciso esibito dall’economia. In realtà il problema che potrebbe manifestarsi nei prossimi anni è che la corsa dell’Erario, che alimenta le maggiori spese in conto fiscale dello Stato, sembra essere giunta a un punto di saturazione non oltrepassabile. Infatti nei prossimi anni le aliquote fiscali scenderanno, riducendo fisiologicamente la taglia del gettito assicurato dal Fisco, e nel medesimo tempo, l’espansione dell’economia potrebbe attenuarsi e raffreddarsi come pure i prezzi di alcuni beni e servizi. Questa convergenza di diversi fenomeni e altrettante dinamiche, peraltro piuttosto tipiche delle economie di mercato, potrebbe causare una improvvisa e rapida debacle delle entrate tributarie che, dopo aver assaporato un decennio di crescita continua, potrebbero rallentare il passo. Naturalmente, la riduzione del peso del Fisco e il taglio delle aliquote previsto nei prossimi anni potrebbe aumentare il livello degli investimenti e continuare a stimolare la corsa dell’economia impedendo un brusco stop dei trend di crescita relativi alle somme riscosse annualmente dall’Erario.
 
Uno scenario a tinte fosche
Ma si tratta di uno scenario contabile comunque incerto e dagli esiti affatto scontati. Infatti, dato che l’economia cinese poggia più sui flussi dei capitali e sull’implementazione delle spese pubbliche piuttosto che sulla crescita della domanda interna, l’arrestarsi della corsa delle entrate tributarie potrebbe originare una sorta di squilibrio dei conti difficile da gestire. E la spesa pubblica, abituata a essere vistosa e muscolare, dovrà comunque essere rivista nei prossimi anni, anzi, già a partire dall’anno in corso.Ma anche l’evasione corre
Del resto l’evasione fiscale non sembra affatto essere un fenomeno sopito e ricondotto sotto controllo dal Fisco di Pechino. Infatti, almeno secondo le stime e i dati relativi al gap attuale tra entrate fiscali potenzialmente attese e il gettito effettivo realizzato, alla corsa delle somme riscosse dal Fisco annualmente si deve associare la crescita parallela ed egualmente imperiosa dell’evasione fiscale che, nel corso dell’ultimo decennio, è anch’essa aumentata più volte. Infatti mentre nel 1994 era quantificabile intorno ai 25 miliardi di dollari l’anno, oggi ha raggiunto un valore e un’intensità pari a circa 60 miliardi di dollari in riferimento a ciascun anno d’imposta. In pratica, almeno secondo le stime recenti elaborate dall’Amministrazione tributaria cinese, soltanto il 70 per cento delle entrate effettive sarebbe ricondotto nelle casse dell’Erario ogni anno, mentre il resto sfuggirebbe inesorabilmente al Fisco. Peraltro si tratta di un fenomeno difficilmente quantificabile che, soprattutto con l’arrivo di centinaia di migliaia di operatori esteri sul mercato nazionale, ha visto ampliarsi negli ultimi anni un fenomeno particolare dell’evasione connesso al ricorso sistematico a sofisticati sistemi di ingegneria finanziaria che hanno condotto e conducono annualmente miliardi di dollari, stimati in circa 24, fuori dalle casse dell’Erario utilizzando autostrade normative rispetto alle quali gli ispettori del Fisco cinese non sono affatto abituati a confrontarsi. E’ per questa ragione che, secondo molti economisti ed esperti del settore, in realtà il livello raggiunto dall’evasione potrebbe essere notevolmente superiore ai 60 miliardi di dollari stimati annualmente dalle autorità finanziarie di Pechino e, con tutta probabilità, convergere intorno a una somma che oscillerebbe tra i 90 e i 100 miliardi di dollari, ovvero, circa 1/3 delle entrate tributarie complessive.

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