Sul podio Usa dell’Offshore si stagliano le Isole Cayman – Lo conferma l’esame della mappa attuale dell’offshore prediletto dalla Corporate America, ridisegnata nei mesi scorsi dal Government Accountability Office (GAO) – sorta di ufficio investigativo del Congresso USA. La ricerca condotta dal GAO rivela, infatti, il progressivo e costante sbilanciarsi delle maggiori multinazionali statunitensi in direzione di giurisdizioni che, a vario titolo, possono essere ricondotte all’interno dell’Atlante complesso riservato ai paradisi fiscali. In vetta appare il profilo variegato delle Isole Cayman che, nonostante l’assenza di porti dalla taglia industriale, di settori manifatturieri ben strutturati, d’una domanda interna significativa e di riserve naturali, per esempio energetiche, comunque è sede di ben 578 società controllate e sussidiarie riconducibili alle 100 maggiori multinazionali oggetto dello studio condotto dal GAO.
La Top Ten dell’offshore a misura di multinazionale – A seguire, ma a distanza siderale, sul podio compaiono il Lussemburgo, che nel gioco della catena mondiale delle società madri-figlie delle maggiori multinazionali Usa ospita 265 controllate, esibendo quindi un tasso di seduzione decisamente inferiore, meno della metà, di quello che contraddistingue le Cayman. A chiusura del podio Hong Kong, che con le sue 262 controllate costituisce una sorta di avamposto finanziario del gigante asiatico che oggi compete con l’occidente. Occidente che resta però in evidenza grazie alla tigre celtica, l’Irlanda (247), alla Svizzera, meta tradizionale della ristorazione fiscal-finanziaria dei bilanci delle grandi aziende (185), e all’Isola di Jersey che con le sue 68 controllate conferma il ruolo di outsider inatteso.
Al Liechtenstein la maglia nera – Scarso interesse, invece, quello manifestato dalle multinazionale statunitensi nei riguardi del Liechtenstein, paradiso fiscale che lo scorso anno ha innestato l’assedio all’offshore da parte delle Amministrazioni tributarie del pianeta. Il Principato, infatti, risulta in baso, anzi, in fondo alla classifica. Entro i suoi confini risultano registrate soltanto 3 società controllate, confermando la predilezione della Corporate America nei riguardi dell’offshore più vicino, quello caraibico.
Se la Pepsi vince la competizione con la Coca-Cola…sull’offshore – La rincorsa al paradiso? Non c’è partita, contabile. La PepsiCo. Inc., con 70 controllate registrate in diverse giurisdizioni offshore, vince di gran lunga il confronto con l’altra multinazionale leader nel settore, la Coca-Cola, le cui società sussidiarie che operano in paradisi fiscali sono soltanto 8, almeno secondo quanto rilevato dall’ufficio investigativo del Congresso. Nel dettaglio, sono le Bermuda che seducono la PepsiCo, ben 13 le controllate, mentre la Coca-Cola predilige le Cayman.
E per la Disney il Paradiso non può attendere – Tra le multinazionali monitorate dal GAO compare anche la Walt Disney. In particolare, sono 15 le controllate e di queste solo 3 risultano registrate su piazze finanziarie riconducibili alle categorie dei paradisi fiscali o, comunque, a giurisdizioni a bassa tazzazione. Hong Kong, sede di due controllate, è la corte geografica a bassa tassazione preferita dalla regina dell’industria dei cartoon che, naturalmente, riserva una società controllata anche in territorio svizzero.
Anche la Crisi alloggia in Paradiso – Nessuno stupore contabile se, nell’oceano delle società controllate studiato in modo approfondito dal GAO compaiano anche le imprese, registrate in centri offshore, riconducibili alla Goldman Sachs Group e alla Lehman Brothers Holdings. Anzi, rispettivamente dalla prima dipendono 29 società, di queste 15 alloggiate alle Cayman, mentre all seconda ne sono riconducibili 57, con la stessa prevalenza che vede sempre le Cayman tra le giurisdizioni più gettonate e ricercate. Insomma, anche la Crisi, e gli attori che ne hanno mosso i canali principali, possono trovare il loro posto in Paradiso…..fiscale.
Delocalizzare in età globale – La ricerca d’un mercato, in grado di assorbire quote di vendite e distribuzione di prodotti o di garantire salari competitivi, oppure, l’accesso a risorse naturali determinanti. Le ragioni che guidano il processo di distribuzione ed estensione delle multinazionali, in particolare della corporation modello americano, sono molteplici, come del resto puntualizza lo studio del GAO. La registrazione o l’individuazione d’una società controllata in territorio orientativamente anomalo, rispetto a questi requisiti, non indica automaticamente il profilarsi di fenomeni di evasione fiscale o di elusione. Resta comunque l’indicatore che rivela come il pianeta finanziario offshore eserciti un’attrazione forte in direzione delle grandi aziende USA, appartenenti alla Corporate America, votate all’internazionalizzazione. Un flusso quindi che necessita di un’attenta regolamentazione, il cui parametro esclusivo non può essere lasciato soltanto all’ansia del profitto o all’estensione dei bilanci, ma deve tenere conto necessariamente di condizioni extra-contabili. La classifica dei centri offshore prediletti dalle multinazionali Usa*
Isole Cayman | 578 |
Lussemburgo | 265 |
Hong Kong | 262 |
Bermuda | 261 |
Irlanda | 247 |
Svizzera | 185 |
Singapore | 183 |
Isole Vergini Britanniche | 124 |
Mauritius | 88 |
Jersey | 68 |
Bahamas | 55 |
Costa Rica | 51 |
Panama | 48 |
Barbados | 28 |
Antille Olandesi | 24 |
Isole Vergini USA | 21 |
Cipro | 17 |
Isole Marshall | 16 |
Liberia | 14 |
Guernsey | 13 |
Gibilterra | 11 |
Isole Vergini | 9 |
Bahrain | 8 |
Aruba | 7 |
Libano | 5 |
Turks and Caicos | 4 |
Liechtenstein | 3 |
Belize | 2 |
Giordania | 2 |
Macao | 2 |
St. Kitts and Nevis | 2 |
Grenada | 2 |
Malta | 2 |
Antigua | 1 |
Isola di Man | 1 |