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Dal mondo

Dove va l’Africa? Dalla Dichiarazione
di Nairobi al nuovo rapporto Ocse - 1

Viaggio in due puntate alla scoperta di un continente che assume un ruolo sempre più centrale nello scenario fiscale globale

Particolare copertina del report

Una carbon tax globale per affrontare il cambiamento climatico. È questa la principale proposta fiscale messa nero su bianco nella “Dichiarazione di Nairobi” approvata nel corso della riunione dei capi di governo dei Paesi dell’Unione Africana che dal 4 al 6 settembre si sono riuniti in Kenya. La Dichiarazione rinnova, inoltre, l’appello alle Nazioni Unite affinché promuovano una maggiore cooperazione internazionale e permettano di ridurre la perdita di gettito fiscale degli Stati africani.  

La Dichiarazione
La tre giorni keniana ha portato all’approvazione della “Dichiarazione di Nairobi sul cambiamento climatico”. Un’agenda programmatica per una “azione urgente e collettiva a livello continentale e globale” che punti a contrastare il riscaldamento globale. “Chiediamo ai leader mondiali - afferma con enfasi il documento - di riconoscere che la decarbonizzazione dell’economia globale è un’opportunità per contribuire all’uguaglianza e alla condivisione della prosperità”. Un documento fitto di proposte, su cui però è pesata l’assenza al summit di Stati di peso come Sudafrica (fra l’altro Paese membro dei Brics), Egitto, Etiopia, Nigeria e Repubblica democratica del Congo.

Le proposte dell’Unione Africana
A oltre 30 anni dalla Dichiarazione di Rio, l’Unione Africana propone con la “Dichiarazione di Nairobi” l’adozione di un nuovo modello di tassazione globale delle emissioni di carbonio. Questo nuovo standard si legge nel documento dovrebbe prevedere “una carbon tax sull’utilizzo di combustibili fossili, nel trasporto marittimo come in quello aereo, i cui introiti possano essere resi più consistenti da una imposta globale sulle transazioni finanziarie (Financial Transaction Tax, FTT)”. Le entrate derivanti da questa nuova imposta verde (e dalla parallela FTT) dovrebbero essere impiegate per finanziare gli investimenti “verdi” e costruire una struttura di governance globale “equilibrata, equa e rappresentativa”, in cui anche il continente africano possa rivestire un ruolo di primo piano.

La funzione delle Nazioni Unite nella cooperazione fiscale internazionale
Nella visione dei capi di governo dell’Unione Africana, l’Onu dovrà assumere un ruolo sempre più di primo piano nel contrasto dell’evasione fiscale internazionale. La “Dichiarazione di Nairobi” chiede ai leader mondiali di farsi promotori di una cooperazione fiscale efficace e inclusiva presso le Nazioni Unite. L’obiettivo è ridurre la perdita di gettito annuale relativa all’imposta sulle società, stimata nel continente africano in 27 miliardi di dollari Usa, di almeno il 50% entro il 2050. Non è la prima volta che l’Unione Africana fa appello all’Onu in materia fiscale. Nel 2022 l’’invito della Conferenza dei Ministri delle Finanze dei Paesi africani alla sottoscrizione di una “Convenzione internazionale sulle questioni fiscali” era stato raccolto dalla risoluzione A/Res/76/196 e dal relativo report del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

Il punto di vista dell’Ocse
Ci consente di capire meglio le dinamiche fiscali del continente africano il nuovo rapporto Ocse “International Tax and Africa”, a cui sarà dedicato un secondo articolo di approfondimento sul continente africano.  Il report è stato predisposto su richiesta del Giappone, alla presidenza del G7 nel 2023, in preparazione della tavola rotonda ministeriale G7-Africa che si è svolta a metà ottobre in Marocco. La seconda puntata di questa piccola serie passerà quindi dal racconto dell’Africa che immagina e propone nuovi strumenti di contrasto dell’evasione, e conquista un ruolo centrale in ambito Onu, all’analisi delle politiche fiscali messe in atto dai Paesi africani.

continua

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