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Europa, entrate fiscali in linea
grazie all'euro-salvagente

La certificazione dell’euro-scudo traspare dai numeri delle entrate fiscali e dei rispettivi trend nel biennio 2008-2009

mappamondo ed euro
“L’euro costa”, anzi, “ci costa”, è la voce comune che avvicina, più delle direttive e delle convergenze, decine di milioni di cittadini europei. Il risultato è lo scarso appeal esibito negli anni dalla moneta unica nei confronti delle masse, escluse le elite. Ora un cambiamento di marcia è in vista grazie al sostegno fornito dall’euro alle economie in crisi e alle loro entrate fiscali alle quali s’è potuto attingere per alimentare, nel momento di estrema necessità, i rispettivi welfare nazionali e le differenti misure d’assistenza e anti-crisi adottate dai diversi Stati coinvolti. Insomma, l’Euro ha contribuito a salvare le economie e il gettito dei rispettivi tributi.
 
La disaffezione dall’euro al test del dopo-crisi – Scendendo nei dettagli, la ragione principale di questo stato di disaffezione monetaria mostrato dagli europei, almeno secondo molti esperti delle Università londinesi come di quelle parigine, a rimarcare l’assenza di differenze sostanziali nei giudizi espressi, è originata da un fattore facilmente riconoscibile. In pratica, “L’euro, a cosa ci serve?”. Questo ripete, con continuità quasi assillante, la maggioranza degli europei, cui fa da contraltare la minoranza dei banchieri, dei business manager e dei consulenti finanziari. Con la crisi però, e con il post-crisi, s’è compiuto un passo avanti decisivo nella legittimazione piena dell’euro e nella sua accettazione da parte dei cittadini. Il motivo? Grazie all’euro non soltanto molte economie nazionali hanno tenuto, ridimensionando di fatto i danni, piuttosto anche il Fisco europeo, nelle sue diversità domestiche e nazionali, è comunque riuscito ad assorbire il colpo e a mantenere intatti, se non proprio in linea almeno in una area di sufficienza, i gettiti delle entrate fiscali riconducibili a diversi Paesi, tutti accomunati dal bollino dell’euro.
 
L’eurosalvagente del fisco - La conclusione quindi è che gli Stati che hanno adottato l’euro hanno potuto beneficiarie della protezione della moneta unica come d’un vero e proprio salvagente delle rispettive entrate tributarie. Risorse indispensabili queste e irrinunciabili, soprattutto necessarie ad affrontare le criticità del post-crisi quando i sistemi, nella loro complessità, richiedono interventi di risanamento, di ricostruzione e di stimolo finalizzati, nel complesso, a garantire la ripartenza delle rispettive economie. Insomma, in questa fase l’Euro ha superato l’esame, se non a pieni voti guadagnandosi un giudizio apprezzabile da parte delle diverse Amministrazioni finanziarie.
 
Londra piange, Bruxelles sorride – La certificazione dello scudo fornito dall’euro al Fisco è leggibile attraverso i numeri delle entrate fiscali e dei rispettivi trend nel biennio 2008-2009. Così mentre nell’ultimo anno prima dell’insorgere della crisi il gettito complessivo delle entrate tributarie nell’eurozona era stato pari a 3.791 miliardi, l’anno seguente, nel pieno dell’incendio delle economie, s’è scesi 3.619 miliardi. In pratica, i Paesi dell’euroclub hanno lasciato sull’altare della crisi all’incirca 172 miliardi di euro. Un tesoretto consistente che però non ha corrisposto a un vero e proprio salasso finanziario delle risorse disponibili, al contrario. Sul versante opposto, i Paesi che non hanno adottato l’euro mentre nel 2008 avevano registrato entrate tributarie pari a 1.268 miliardi, nel 2009 si sono dovuti accontentare di 1.060 miliardi con una perdita di 208 miliardi di euro. Per intenderci, il ribasso del fisco che ha beneficiato dello scudo dell’euro è stato inferiore al 5per cento, mentre nella zona no-Euro il danno della crisi sulle entrate tributarie ha messo a segno uno scivolone del 15% sui relativi gettiti, tre volte superiore, in peggio, all’eurozona. E per concludere, ha ragione chi oggi afferma, proprio oltremanica, che se Londra piange Bruxelles sorride, o messa diversamente, se la sterlina piange l’euro sorride. A questo riguardo, infatti, per molti non è un caso che il declassamento delle entrate fiscali britanniche sia stato determinato da una perdita secca, nel 2009, di quasi 130miliardi di euro sonanti. Questo sì, un vero e proprio danno erariale senza precedenti che l’economia britannica ancora sconta, nonostante l’orgoglio contabile del sistema-Paese.
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