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Dal mondo

Fmi: il contrasto al cambiamento climatico
passa anche attraverso la leva fiscale

Il report “How to mitigate climate change” analizza il ruolo giocato dalle imposte nella tutela dell’ambiente

Fmi 10.2019

È dedicato all’ambiente l’ultimo numero del Fiscal monitor, la pubblicazione periodica del Fondo monetario internazionale specializzata in argomenti tributari. “How to Mitigate Climate Change”, questo il titolo del report, mette in evidenza come la tassazione dell’emissione delle sostanze inquinanti può costituire uno degli strumenti più efficaci per contrastare il cambiamento climatico.

Il futuro della Carbon tax
Secondo le stime del Fmi, le entrate provenienti dalla Carbon tax (l’imposta sull’emissione di biossido di carbonio, tra i principali responsabili dell’inquinamento) nel 2030 potrebbero arrivare a costituire in media l’1,5% del Pil dei Paesi del G20 e i nuovi introiti potrebbero avere effetti positivi sulla redistribuzione dei redditi e in termini di efficienza economica.
La pubblicazione del Fondo monetario passa ai raggi X la cosiddetta ecotassa, analizzando l’impatto dell’imposta a livello ambientale, economico e fiscale: la tesi di fondo è che l’aumento della pressione fiscale sull’emissione di sostanze inquinanti sia uno strumento importante per spronare cittadini e imprese a usare fonti di energie alternative. L’introduzione dell’imposta, o il suo inasprimento, dovrebbe però essere accompagnato dal coinvolgimento dell’opinione pubblica e da misure a sostegno delle categorie più deboli della popolazione. A riguardo, il Fiscal monitor cita come best practice la Svezia dove la Carbon tax è stata introdotta nel 1991 ed è aumentata progressivamente fino al 2019. La tassa è stata introdotta nell’ambito di una riforma più ampia che ha previsto anche la riduzione delle imposte su lavoro e capitale e il coinvolgimento di imprese e altri stakeholder attraverso una consultazione pubblica.
L’introduzione e/o il rafforzamento della Carbon tax, inoltre, potrebbe avere un impatto negativo sulle categorie di lavoratori dei settori industriali colpiti dall’imposta e sulle zone che basano la propria economia sulla produzione di materiali e prodotti inquinanti. Per queste categorie specifiche, quindi, i Governi dovrebbero prevedere un’assistenza mirata e delle particolari agevolazioni che favoriscano la riallocazione delle risorse umane e produttive.

Un’azione ad ampio raggio
Secondo il Fmi, la Carbon tax non è l’unico strumento con cui i Governi possono cercare di mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Il Fisco offre diverse possibilità per promuovere l’adozione di energie alternative come, ad esempio, gli incentivi per la ricerca e lo sviluppo, in particolare per le tecnologie a basso impatto ambientale e altri bonus che possano premiare le imprese “verdi”. In quest’ambito, i Governi dovrebbero impegnarsi anche a incentivare finanziamenti in energia pulita da parte delle Banche centrali e degli investitori istituzionali. Tra gli altri strumenti a disposizione, anche il Sistema di scambio di emissione delle quote, o i cosiddetti “Feebate”, sintesi tra le parole dazio (fee) e sconto (rebate), un sistema che prevede contemporaneamente dazi su prodotti e attività con tassi di emissione di sostanze inquinanti sopra la media e sconti o sussidi a quelli che hanno quote di emissione sotto la media.

Cooperazione internazionale in primo piano
Una parte del Fiscal monitor di ottobre è dedicata alla cooperazione internazionale. Il report cita come esempio da seguire la coalizione costituita dai ministri delle Finanze di oltre venti Stati che si è riunita in occasione degli incontri del Fondo monetario internazionale e della World bank della scorsa primavera. La Coalition for climate action, lanciata ad aprile, ha come obiettivo principale la promozione di strumenti fiscali congiunti per contrastare il cambiamento climatico, anche attraverso la condivisione delle best practice.


 

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