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Dal mondo

Fmi: riformare tutto il sistema
su cui poggia la fiscalità globale

A indicarlo sono i massimi esperti di tributi dell’istituzione più blasonata della finanza senza frontiere

fondo monetario internazionale
Le relazioni globali che interessano, direttamente o indirettamente, l’applicazione di aliquote e il calcolo d’imposte e tasse, in ordine a beni, servizi o trasferimenti di capitali, soprattutto quando si tratta di transazioni infragruppo, cioè interne alla stessa società, generalmente una multinazionale, non poggiano più, semmai lo avessero fatto in passato, su di una infrastruttura capace di garantire un corretto equilibrio. In particolare, sufficientemente abile nel determinare una redistribuzione equa di risorse tra i diversi attori che operano sul mercato globale.
Spazio allo stupore: queste affermazioni non provengono da fonti antagoniste, e nemmeno anti-capitalismo. Al contrario, gli autori di questa breve concisa ricostruzione, tradotto in modo meno tecnico del “come vanno le cose”, sono i massimi esperti di fisco e di finanza di cui dispone il Fondo monetario internazionale, cioè la massima espressione istituzionalmente riconosciuta della finanza senza frontiere.
 
Soluzioni? Parola d’ordine riformare il sistema – Non contento d’illuminare la platea dei lettori, e degli esperti internazionali, audience difficile da definire, l’FMI ha compiuto un ulteriore passo in avanti e dopo aver delineato il problema, nella sua interezza, ha proposto la sua ricetta: riformare il sistema su cui si poggia la fiscalità globale.
 
Le riforme regalano miliardi – Il perché dell’elaborazione, e dell’approvazione di nuove più vaste riforme su scala internazionale, continua il Fondo monetario, sono necessarie sia per rispondere in maniera equa, o più vicina in termini di equità, alle esigenze e alle richieste provenienti dalle zone più in difficoltà, molte, presenti sulla mappa del Pianeta, sia per garantire il massimo di entrate, quindi di risorse extra, che proprio da queste riforme, probabilmente drastiche, ne deriveranno. Dunque, per gli esperti del FMI, riformare non sempre ha un costo oppure una redditività neutrale, piuttosto spesso può garantire immediati ritorni, in termini di miliardi, centinaia. Quanto? Difficile da determinare, anche soltanto in via potenziale e in forma di stima. Una sola cosa sarebbe sicura, e cioè riformare determinerebbe, in ingresso, un flusso di capitali utili a superare nodi cruciali come quello della povertà e del mancato sviluppo. Insomma, riformare il fisco internazionale per migliorare il mondo.
 
L’imposta sui profitti sul banco degli imputati – Imposte, tasse, gettito, nuove entrate. L’FMI non fa sconti e sul banco degli imputati, in realtà molti, il primo posto spetta all’imposta sui profitti. Infatti, attraverso non l’applicazione, ma la sempre più frequente disapplicazione delle norme sulle quali quest’imposta si muove, centinaia di miliardi in svariate e molteplici forme e seguendo le vie più immaginative non terminano la loro corsa negli erari di centinaia di Paesi ma ricompaiono in altri diversi bilanci. Il profitto a costo zero. E i più svantaggiati da questo caos pro-elusione fiscale su scala mondiale sono i Paesi in via di sviluppo, le cui finanze dipendono massicciamente dalle imposte versate dalle grandi multinazionali e che perdendo questi introiti rischiano, come di fatto accade, di trovarsi sempre più spesso a corto d’ossigeno, cioè con risorse disponibili insufficienti. E gli artefici di questo gioco a somma negativa? Su questo l’FMI tace.
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