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Dal mondo

Per i frontalieri resiste lo sconto Irpef di 8mila euro

Ma chi lavora per la Santa Sede non paga nulla sullo stipendio. Un beneficio previsto dai Patti Lateranensi

Fisco più leggero per gli italiani che abitano o lavorano in Vaticano e per i cosiddetti frontalieri. Sconti anche per i nostri connazionali residenti a Campione d’Italia dove però la situazione è meno rosea di qualche anno fa. 

  FOCUS 1 (a seguire il Focus 2) Si va dall' esenzione totale per chi lavora in istituzioni della Santa Sede allo sconto di 8mila euro per chi si reca nel Paese confinante all’abbattimento del reddito del 20 per cento per i residenti di Campione. Sconti che traggono origine da situazioni storiche e che comunque, anche se con qualche aggiustamento, come nel caso di Campione d’Italia, resistono nel tempo.

Irpef in Vaticano
I cittadini italiani che percepiscono redditi da lavoro nello Stato della Città del Vaticano possono contare sull’esclusione totale dalla base imponibile Irpef delle somme percepite. Si tratta di un beneficio previsto dai Patti Lateranensi. L’articolo 17 del Trattato stabilisce che "le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente". Il ministero delle Finanze, con circolare 28 luglio 1930, ha redatto un elenco degli enti che rientrano nella previsione delle esenzioni tributarie di cui al citato articolo 17. Un’esenzione che ha resistito anche alla revisione del trattato operato nel 1984.

Gli interventi giurisprudenziali
In realtà la questione non è di poco conto e non interessa soltanto chi lavora dentro la "frontiera" dello Stato Vaticano ma la qualifica di lavoratore vaticano (chi, cioè, lavora per il Vaticano ma fuori dei suoi confini; in territorio italiano, europeo o extraeuropeo). Sul punto si possono segnalare alcune sentenze della Corte di Cassazione, relative a controversie legate al rapporto di lavoro, nelle quali si potrebbe individuare la soluzione più idonea per qualificare (anche ai fini fiscali) chi effettivamente svolga un’attività in favore della città vaticana. In particolare, si è discusso molto in dottrina e in giurisprudenza se i dipendenti della Santa Sede e degli (altri) Enti centrali della Chiesa possano avvalersi, oltre che delle esenzioni tributarie di cui all’articolo 17 del Trattato Laterano, anche dell’esenzione della giurisdizione italiana per le cause di lavoro. La giurisprudenza ha ritenuto applicabile la stessa regola utilizzata nei confronti del rapporto di lavoro dei dipendenti italiani di ambasciate straniere.

Una opportuna distinzione
Nella sostanza, occorrerebbe distinguere se il lavoratore svolga una mansione istituzionale all’interno dell’organizzazione a cui appartiene, e in questo caso il rapporto sfuggirebbe alla giurisdizione statale (es. il giornalista della Radio Vaticana - Cassazione Sezione Unite 5 luglio 1982, sentenza n. 4005), ovvero se il lavoratore compia una mansione comune che potrebbe essere prestata presso un qualsiasi altro datore di lavoro (es. l’addetto alle pulizie dei locali della citata emittente radiofonica) con applicazione della giurisdizione statale (vedasi Cassazione Sezioni Unite 15 aprile 2005 sentenza n. 7791). D’altra parte se è pur vero che la struttura principale della Radio Vaticana risiede nello Stato della Città del Vaticano (per cui vale quanto indicato nell’articolo 17 del Trattato Laterano) la questione rimane controversa sia per l’attività (dinamica) giornalistica stricto sensu che per le strutture ubicate fuori dai confini vaticani. Giova ricordare che, in base all’articolo 16 del Trattato Laterano, tutti gli edifici menzionati dagli articoli 13, 14 e 15 e una ulteriore serie di immobili esterni all’area del Vaticano, trattandosi di luoghi extraterritoriali equiparati alle legazioni straniere, sono immuni da imposizioni fiscali.

Alcuni numeri
Sotto il profilo strettamente numerico, per altro verso, è possibile rilevare che il serbatoio principale dei soggetti frontalieri non è rappresentato soltanto dai lavoratori della Città del Vaticano ma dalla Svizzera, con 28mila frontalieri circa in Canton Ticino, dalle province di Como, Varese, Verbano, Cusio e Ossola, 2.500 nei Grigioni, soprattutto dalla provincia di Sondrio, in piccola parte da quella di Bolzano, 1.000 nel Vallese, e 5mila circa che dall’Emilia-Romagna e dalle Marche si recano a lavorare nella Repubblica di San Marino, nonché i 3.500 da Ventimiglia verso la Francia e soprattutto il Principato di Monaco.

Le Finanziarie 2006 e 2007
Quanto ai lavoratori frontalieri le leggi finanziarie 2006 e quella 2007 (articolo 1 comma 398-399), hanno prorogato la franchigia Irpef di 8mila euro (e la deduzione dei contributi obbligatori di assistenza sanitaria). Un abbattimento dell’imponibile che si aggiunge alla cosiddetta ‘no tax area’ escludendo, di fatto, i frontalieri dal pagamento dell’Irpef, se percepiscono una retribuzione annua fino a 15mila euro (franchigia + detrazione per carichi di lavoro) o anche superiore se vi sono detrazioni per carichi di famiglia. In base alla normativa vigente è frontaliero il soggetto residente in Italia che non soggiorna all’estero ma presta l’attività, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, nelle zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi, la cui retribuzione è soggetta a una disciplina specifica per il periodo 2003/2007 (in quanto tassabile soltanto limitatamente all’importo effettivamente percepito che ecceda 8mila euro, articolo 2, comma 11, legge n. 289/2002). Su tale eccedenza si applica l’imposta sul reddito secondo le disposizioni ordinarie.

Il caso di Campione d’Italia
Con il collegato fiscale (decreto legge n. 262 del 2006 convertito nella legge n. 286 del 2006) è stato reintrodotto un regime speciale di applicazione dell’Irpef per i cittadini italiani residenti a Campione d’Italia già abrogato dal 1° gennaio 2006 dall’articolo 36, comma 31 del decreto legge n. 223 del 2006. Questo significa che, mentre con il precedente sistema le imposte sui redditi di chi era iscritto all’anagrafe del Comune di Campione d’Italia potevano essere determinate in euro secondo un tasso di cambio "convenzionale", stabilito peraltro ogni tre anni sulla base di un decreto del Mef, con l’inserimento dell’articolo 188-bis nel Tuir, previsto dal comma 25 dell’articolo 2 del decreto legge n. 262 del 2006, i redditi in valuta estera "sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti". L’importo determinato viene poi forfetariamente ridotto del 20 per cento. Da sottolineare peraltro, per quanto attiene la residenza ai fini fiscali (articolo 2, comma 2bis del Tuir), nel caso di Campione d’Italia può essere iscritto all’anagrafe soltanto colui che vi ha stabilito anche la sua dimora abituale.
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