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Dal mondo

Global tax, dopo l’ok del G20
apre il cantiere dei tecnici

Avviato il piano di attuazione della “soluzione a due pilastri”, approvata definitivamente al vertice di Roma lo scorso 31 ottobre

immagine di un mappamondo

Si è aperta la fase tecnico-operativa per l’accordo internazionale sulla tassazione del reddito delle multinazionali. Lo scorso 31 ottobre, a chiusura del vertice dei Capi di Stato e di Governo a Roma, il consesso dei Paesi del G20 ha avallato definitivamente l’accordo sulla “soluzione a due pilastri” sottoscritto lo scorso 8 ottobre da 136 giurisdizioni fiscali e ha aperto di fatto il cantiere per la definizione delle regole di dettaglio e degli strumenti normativi che daranno forma e sostanza al nuovo sistema internazionale per la tassazione del reddito delle multinazionali. Dopo la fase politica aperta col G7 di giugno e proseguita fino a ottobre, il passaggio al livello successivo è sancito nero su bianco nella Dichiarazione di Roma, il testo finale adottato a conclusione dell’anno di lavori della Presidenza italiana del G20: “Facciamo appello all’Inclusive framework Ocse/G20 sul Beps – si legge nella dichiarazione -  per sviluppare rapidamente le regole modello e gli strumenti multilaterali come concordato nel Piano di attuazione, al fine di garantire che le nuove regole entrino in vigore a livello globale nel 2023”. I principi base sono già stati raggiunti nell’accordo: sintetizzando, i due punti più importanti sono la redistribuzione dei diritti di tassazione dalla giurisdizione di residenza/stabilimento a quella di “mercato” per una quota dei profitti dei maggiori soggetti multinazionali (oltre 20 miliardi di euro l’anno di fatturato complessivo) e una corporate tax minima effettiva del 15% per tutti i soggetti multinazionali con più di 750 milioni di euro di ricavi annuali (per maggiori dettagli vedi articolo Ocse, global tax sulle multinazionali. Col sì di 136 Paesi, al via dal 2023).
Acquisito l’accordo politico, ora la strada passa dunque per la stesura dei documenti tecnici, che conterranno le regole di dettaglio dei principi tracciati nell’accordo di ottobre: per il primo pilastro, il principale strumento attuativo sarà una convenzione multilaterale che dovrà poi essere ratificata dai singoli Paesi, mentre per far funzionare i diversi meccanismi con cui si realizza la tassazione minima effettiva al 15%, base del secondo pilastro, lo strumento principale sarà un insieme di regole standard che le giurisdizioni aderenti potranno utilizzare da modello per modificare i propri ordinamenti nazionali.  

Primo pilastro, la riallocazione dei profitti passa per i dettagli
Dettagli tecnici, ma non decisioni di poco conto: per il primo pilastro bisogna stabilire punto per punto come assegnare i profitti che saranno tassati nella giurisdizione-mercato in cui sono prodotti, ovvero dove si realizzano le vendite e dove si consumano i servizi, ma bisogna anche delineare come prevenire e risolvere possibili casi di doppia tassazione, oltre che sancire la sospensione e poi abrogazione delle forme di imposte sui servizi digitali che diversi Paesi hanno introdotto di propria iniziativa nelle more del raggiungimento dell’accordo comune sulla global tax. Il 4 novembre scorso, nel dare la notizia che anche la Mauritania si è unita all’Inclusive framework sul Beps e ha firmato l’accordo sulla corporate tax globale, l’Ocse ha fatto sapere che la convenzione sul primo pilastro è già in fase di sviluppo e ha confermato la tabella di marcia che prevede la sua firma a metà 2022 e la successiva ratifica da parte di un numero di Paesi sufficiente a darne effettività nel 2023. 

Secondo pilastro, un pacchetto di regole per il GloBE
Il piano attuativo dell’accordo ha previsto già entro novembre 2021 la messa a punto delle regole GloBe (Global anti-Base Erosioni rules) di dettaglio, che i Paesi partecipanti potranno adottare nelle proprie legislazioni domestiche per allinearsi ai termini dell’accordo sulla tassazione minima effettiva del 15%. Si tratta di due discipline interconnesse, la Income inclusion rule (Irr), che prevede l’imposizione complementare fino al livello minimo in capo alla società partecipante se un’entità appartenente al gruppo è sottotassata in un’altra giurisdizione, e l’Undertaxed payment rule (UTPR), che impedisce deduzioni o richiede una rettifica equivalente nel caso in cui il reddito sottotassato di un’entità appartenente al gruppo non sia sottoposto all’Income inclusion rule. Su queste discipline, l’Ocse formulerà appunto dei testi normativi che i singoli Paesi potranno utilizzare come modello per le modifiche legislative necessarie a rendere operativo l’accordo. Anche qui i dettagli sono importanti: da come concretizzare le agevolazioni previste dall’accordo sulle spese per asset tangibili e costi del personale – introdotte per favorire le attività sostanziali e che influiranno sulla quantificazione delle basi imponibili e quindi del gettito conseguente - agli adempimenti amministrativi richiesti ai soggetti interessati.
Il secondo pilastro prevede anche un terzo meccanismo, chiamato Subject to tax rule (Sttr) che consente una specifica tassazione alla fonte su alcune operazioni a parti correlate soggette a imposta al di sotto di un'aliquota minima. Questo punto prenderà sostanza invece attraverso una convenzione multilaterale prevista per il 2022. L’obiettivo temporale è quello di realizzare il secondo pilastro nel 2023, con una coda, per quanto riguarda l’UTPR, nel 2024.

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