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Dal mondo

A Guernsey e Jersey, il boom dell'offshore raggiunge quota 365

E' questa la cifra globale di miliardi di euro che figura, secondo gli ultimi dati ufficiali, nei depositi delle due piazze finanziarie
Immuni dalla direttiva UE sulla tassazione dei risparmi dei non residenti, le due isole gemelle del Canale esibiscono numeri sempre crescenti in riferimento all’afflusso di capitali e di liquidità in fuga dai rispettivi cunei fiscali nazionali. Infatti nell’anno in corso è possibile che le somme complessivamente tesorizzate nei depositi dei due paradisi fiscali intraeuropei raggiungano la soglia di ben 400 miliardi di euro. Una sorta di record per le due piazze finanziarie.
La recente entrata in vigore, a partire dal 1° luglio scorso, della direttiva europea sulla tassazione del risparmio dei non residenti, una sorta di accordo destinato a ridurre l’estensione del segreto bancario e che, in pratica, agevola e dà impulso allo scambio d’informazioni tra i 25 Paesi membri dell’Unione, inclusi i territori cosiddetti "dipendenti" e un numero limitato di Paesi terzi tra i quali, la Svizzera, San Marino, Monaco e Andorra, in riferimento ai soggetti titolari di somme depositate nei caveaux delle rispettive giurisdizioni, non sembra, almeno apparentemente e in questa prima fase d’esordio, aver avuto un impatto significativo sui flussi dei capitali che sono costantemente distratti dai perimetri delle economie nazionali e sedotti dai rassicuranti e variegati menù fiscal-finanziari offerti oramai quotidianamente dalle numerose patrie dell’offshore che esibiscono regimi tributari sovente eccezionalmente soft e, sempre più spesso, praticamente inconsistenti.
I numeri dell’offshore bagnato dalle onde della Manica
I dati diffusi recentemente dalle autorità finanziarie delle due isole del canale, Guernsey e Jersey, che da anni costituiscono una sorta di centro offshore che opera nel cuore del Vecchio Continente e affatto distante, come si immagina, dai confini degli Stati più ricchi d’Europa, hanno fatto registrare nell’ultimo semestre dell’anno in corso una crescita significativa dei capitali rifluiti sui conti e nei depositi gestiti dalle banche autorizzate ad operare all’interno del limes normativo davvero complesso ed esclusivo che regola gli ingenti transiti finanziari in ingresso e in uscita.

Nella tabella è espressa l’entità complessiva dei capitali registrati nei forzieri dei due centri finanziari di Guernsey e Jersey nel periodo 2004-2005.
** Per il 2005 i dati si riferiscono soltanto al primo semestre.
Fonte: J. & G. Financial Services Commissions (i valori riportati nel grafico sono espressi in miliardi di euro).


Gran Bretagna e non soltanto
La contabilità finanziaria che fa riferimento alle due particolari giurisdizioni britanniche, sorprendentemente muscolare, esibisce una crescita piuttosto evidente degli stock di capitali registrati regolarmente sui conti delle oltre 50 banche, non soltanto inglesi, che ne affollano e pigmentano le maggiori vie. Per esempio, dal 2004 al 2005, le somme considerate complessivamente sono transitate da 343 miliardi di euro, già un record, ad oltre 368 miliardi di euro che, trattandosi di numeri relativi al primo semestre del 2005, con una certa sicurezza al momento della chiusura dell’anno finanziario potrebbero lambire da vicino il tetto dei 400 miliardi di euro, consegnando un nuovo primato alle due piazze finanziarie. Se a questa somma si aggiungessero anche i capitali immobilizzati in una vasta gamma di fondi di investimento comunque gestiti da operatori attivi nelle due capitali del turismo fiscale made in Europe il valore complessivo dei miliardi di euro ospitati sulle acque del canale della Manica supererebbe già il tetto dei 500 miliardi di euro.
Crescono anche le aziende
Naturalmente, sull’onda intensa e inattesa dei flussi di capitali e di liquidità che continuano a scivolare, insensibili alle nuove e più stringenti normative europee, all’interno del contenitore finanziario costituito dalle due isole lambite dalle fredde acque del Canale, anche le aziende, soprattutto quelle che esibiscono una dimensione transnazionale, continuano a essere attratte dal cuore pulsante dell’offshore "made in Europe". Infatti, se si osservano i numeri relativi alle società registrate sulla piazza finanziaria di Guernsey e di Jersey c’è da restare stupiti. Per esempio, a giugno del 2005, le imprese che avevano deciso di accettare l’ospitalità offerta dal mercato finanziario di Jersey erano oltre 2.500, 2.554 per l’esattezza, mettendo a segno un incremento superiore al 7 per cento rispetto alle aziende contabilizzate nel 2004, ovvero, l’anno passato.
Il medesimo trend del resto si può facilmente riscontrare analizzando i numeri relativi alle società che dimorano sulla piazza gemella di Guernsey. Insomma, come da routine, capitali internazionali e aziende costituiscono un nesso difficile da slegare e impossibile da sciogliere con il risultato che la tesorizzazione di centinaia di miliardi di euro al di fuori dei mercati e delle economie nazionali conduce a un depauperamento costante delle risorse che, altrimenti, potrebbero alimentare e rafforzare i capitoli riservati agli investimenti. E, secondo tutti gli esperti e gli analisti del settore, dovrebbero riguardare la ricerca, l’innovazione e il rafforzamento della qualità dei servizi, in maniera da centrare parametri di efficienza, qualità e produttività capaci di rimettere in corsa l’Europa.
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