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Dal mondo

Hong Kong: al via le dichiarazioni
dei redditi e la nuova Profit tax

Dal 2018/19 aliquote ridotte all'8,25% e al 7,5% per i primi due milioni di dollari di profitti guadagnati da società e imprenditori

Hong Kong

Entra nel vivo la stagione dichiarativa di Hong Kong. All'inizio di aprile il Dipartimento delle Entrate della Regione amministrativa speciale della Repubblica popolare cinese ha reso disponibili centinaia di migliaia di dichiarazioni dei redditi (190mila Profits Tax Return, 130mila Property Tax Return e 310mila dichiarazioni dei datori di lavoro). All'inizio del mese di maggio sarà il turno di 2,68 milioni di dichiarazioni dei redditi per le persone fisiche. Non si tratta di testi precompilati, ma di modelli che dovranno essere riempiti dai contribuenti in base al tipo di reddito. L'amministrazione finanziaria del Porto Profumato attraversa quindi una fase importante e coglie il momento per fare il bilancio delle principali novità.

I tagli una tantum e quelli a regime
Come già accaduto in precedenza, quest'anno i contribuenti potranno con tutta probabilità fruire di un carico fiscale piuttosto ridotto. Hong Kong, lo ricordiamo, pur facendo parte integrale della Repubblica popolare, gode di un margine sovranità fiscale che da alcuni punti di vista rende questa regione molto speciale equivalente a uno Stato autonomo. In particolare, nel Budget di quest'anno, il responsabile del Governo per le finanze ha proposto, fra l'altro, una riduzione una tantum del 75% dell'imposta sugli utili e delle imposte sui salari per l'anno fiscale 2018-2019, con un tetto massimo di 20mila dollari di Hong Kong. Lo sconto diventerà effettivo una volta approvato dall'assemblea legislativa, ma si tratta di un sì che, visti i meccanismi e gli equilibri istituzionali che regolano Hong Kong, si può dare per scontato. Non è un caso che l'Amministrazione finanziaria del Porto Profumato dia l'annuncio dello sconto con una nota stampa ufficiale. Non è, invece, una riduzione una tantum quella introdotta sull'imposta sui profitti e che trova applicazione dall'attuale stagione dichiarativa. Dal periodo di imposta 2018/2019 la Profit Tax è ridotta all'8,25% al 7,5% per i primi due milioni di dollari di Hong Kong guadagnati da società e imprenditori individuali e associati. Quando gli utili superano quota due milioni, a queste due categorie di contribuenti si applicano invece le aliquote ordinarie del 16,5% e del 15%.  

La filosofia fiscale
Questi provvedimenti rispettano i principi della filosofia fiscale di Hong Kong, delineati in un recente intervento di James Lau, segretario ai Servizi finanziari. "Continueremo ad aderire - ha spiegato Lau - alla nuova filosofia di prudenza fiscale con l'obiettivo di assicurare la salute delle finanze pubbliche, e allo stesso tempo [...] supporteremo le politiche del governo a sostegno degli investimenti e per una riduzione della pressione fiscale sul popolo". Del resto, i conti tornano. Nel 2016-2017, come osservato precedentemente su Dal Mondo, le entrate fiscali (trainate soprattutto dall'imposta di bollo) hanno raggiunto i 328,6 miliardi di dollari locali, con una crescita del 13,2% rispetto all'anno precedente.

Che cosa si muove nel Porto Profumato?
Capire la politica fiscale di Hong Kong diventa forse più facile dando uno sguardo alla struttura economica della Regione amministrativa speciale. Si tratta di una economia dinamica e incentrata al 97% sui servizi (commercio e finanza su tutti). Nel 2018, però, il ritmo di crescita del Prodotto interno lordo si è fermato al 3%, qualche punto sotto rispetto alla media della Repubblica popolare cinese nella sua interezza. Il taglio fiscale una tantum può essere quindi visto come il tentativo di rilanciare o l'economia locale per via fiscale e - come sembra confermare Jau -  di attrarre investimenti. Ad ogni modo fra Regione amministrativa speciale e la Rpc l'integrazione economica è sempre più stretta e reale. Fra il 2003 e il 2019 sono stati firmati una serie di accordi di avvicinamento progressivo fra le due realtà economiche (fonte: Infomercatiesteri). Fra le ultime intese, la serie di Accordi sugli  investimenti e sulla cooperazione tecnica ed economica e l'Accordo bilaterale sul commercio dei beni (in vigore dal primo gennaio 2019).
 

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