L’introduzione e i primi capitoli del nuovo paper elaborato dagli analisti del Fondo monetario internazionale (l’Imf), sono piuttosto chiari: l’attuale riforma a guida Ocse della fiscalità globale dei colossi multinazionali è indubbiamente un passo in avanti. Un passo necessario e nella giusta direzione. Nonostante questo giudizio positivo, le complicazioni della normativa, le divergenze tra Stati e l’ottimismo non devono nascondere la realtà d’una riforma ancora in gran parte in progress e di difficile valutazione su base puramente numerica, cioè di gettito atteso, aumento delle risorse disponibili per ciascun Paese e variazione dei livelli d’investimento. Insomma, c’è ancora molta strada da fare.
L'implementazione dell'accordo richiederà senza dubbio un approccio attivo da parte di tutti i Paesi e un ripensamento della loro politica fiscale interna. Certo il gettito crescerà ma non nell’immediato e non in tutti i Paesi. È probabile infatti che giurisdizioni oggi note come hub finanziari mondiali possano vedere ridotti i flussi di capitali e investimenti, registrando perdite. Allo stesso modo, le multinazionali, come avvenuto in passato, potrebbero ridisegnare schemi, meccanismi e strategie innovative proprio per dribblare l’impatto delle GloBe Rules. Insomma, non è ancora tempo di tirare delle conclusioni definitive anche se alcuni punti sono chiari, la nuova coesistenza di due distinte tipologie di tassazione per le aziende, su base territoriale o correlata alla fonte/origine dei ricavi imponibili, e i Paesi poveri, che ancora una volta rischiano di restare indietro.
Uno sguardo al passato
Per rimodulare l'obsoleto sistema internazionale di tassazione delle società, nel 2021 è stata concordata una riforma ambiziosa nell'ambito del Quadro inclusivo (IF) sull'erosione della base imponibile e il trasferimento dei profitti, a cui hanno aderito 138 giurisdizioni. In sostanza, l'accordo integra gli sforzi precedenti per mitigare il trasferimento dei profitti, affrontando le sfide della digitalizzazione dell'economia attraverso due nuove basi normative: una nuova assegnazione dei diritti di tassazione alle economie, o Stati, entro cui effettivamente maturano i ricavi delle grandi aziende, e non più meramente su base territoriale (primo pilastro), e la definizione di una concorrenza fiscale più equa e meno distorsiva attraverso un'imposta societaria minima globale (secondo pilastro). Su questi due punti, Pillar 1 e 2, l’Imf è piuttosto netto “…l'accordo rende il sistema fiscale internazionale più robusto alle ricadute fiscali e meglio attrezzato per affrontare la digitalizzazione, pur aumentando in misura modesta il gettito fiscale globale”. È evidente quindi come con questo nuovo documento il Fondo monetario valuti, ad oggi, la riforma un passo importante nella giusta direzione, soprattutto riguardo il superamento del concetto impositivo dei profitti legato alla territorialità, abbinamento ritenuto oramai superato dai nuovi modelli di business.
Si può fare di più
L’Imf, inoltre, sostiene la necessità di ulteriori sforzi di riforma, sia a livello internazionale che nazionale, anche e soprattutto per consentire ai Paesi più poveri di raccogliere maggiori entrate in modo da soddisfare le loro esigenze di sviluppo. Dunque, c’è molto altro lavoro da fare. In primo luogo, la riforma ha una copertura limitata. Copre solo le più grandi multinazionali e, nel caso del primo pilastro, poco più di 100 imprese. Inoltre, la base normativa è ancora piuttosto complessa e crea problemi di attuazione soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Sarà quindi necessaria un'ulteriore semplificazione, attualmente già in corso in aree importanti per questo gruppo di economie, come l’introduzione di approcci semplificati riguardo la tassazione delle operazioni di marketing e distribuzione.
La questione del gettito, i due pilastri a confronto
Il gettito aggiuntivo generato dalla riforma è dovrebbe attestarsi intorno allo 0,2% del prodotto interno lordo globale. I Paesi a basso reddito che desiderano dare risposte alle loro esigenze di sviluppo dovranno quindi aumentare le imposte nazionali e non limitarsi a fare affidamento solo sulle entrate previste dagli accordi fiscali internazionali correlati alle nuove GloBe Rules. Naturalmente, lo 0,2% è una stima. Ed infatti, la riduzione della concorrenza fiscale sleale potrebbe alla fine raddoppiare il gettito ma in futuro, non da subito. In dettaglio, sempre in tema di stime, secondo l’Fmi, il Pillar 1, con la riallocazione dei profitti, dovrebbe interessare una base imponibile di circa 150 miliardi di dollari, da cui ne discenderebbe un gettito aggiuntivo di 12 miliardi che andrebbe crescendo negli anni. Ricordiamo che il primo pilastro si applicherà a circa 100 multinazionali. Per effetto dell’implementazione del Pillar 1 i centri di investimento (gli hub) perderebbero circa il 2-3% del loro attuale gettito derivante dalla tassazione dei profitti, che invece aumenterebbe di circa lo 0,7%, lo 0,4% e lo 0,9% rispettivamente nei Paesi Poveri, in quelli emergenti e nelle economie avanzate.
La stima sull’impatto del secondo pilatro è ancora più complessa. Secondo l’Imf aumenterebbe le entrate globali delle imposte sui profitti nazionali del 5,7%. Infatti, secondo le simulazioni degli autori del paper, il 18,5% dei profitti globali delle imprese multinazionali è tassato al di sotto del 15%: si tratta d’una base imponibile che nel 2019 era pari a quasi 1,5mila miliardi di dollari. In particolare, l'attuale aliquota fiscale media su questi profitti è del 5%, per cui i ricavi assoggettabili alla nuova minimum tax del 15% vedrebbero applicata un'imposta aggiuntiva media del 10. Ma anche nel caso del Pillar 2, il gettito extra varierà da Paese a Paese e sarà difficile valutarne gli effetti per singola realtà. In via generale, una volta a regime, la riforma dovrebbe ridurre del 36% la fuga e la concentrazione di capitali verso giurisdizioni a bassa tassazione, diminuendone l’appeal fiscale.
Imf, dalla minimum tax un gettito
pari a circa lo 0,2% del Pil globale
La riforma è giudicata positivamente ma c’è ancora molta strada da fare
