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Imposta sulle transazioni: per la Ue
una proposta molto motivata

Una nota della Commissione europea, diramata da poco, ribadisce che la proposta costituisce un giusto contributo

sede commissione europea
Ripartire in modo equo i costi della crisi economica, ridurre le distorsioni della concorrenza nel mercato unico, impedire che si possano intraprendere attività di negoziazione ad alto rischio e integrare gli interventi di regolamentazione volti a prevenire le future crisi; rafforzare la posizione dell’Unione europea, favorevole a introdurre norme comuni per l’applicazione di una imposta a livello mondiale facendo leva sull’opera svolta dal G20. Sono alcune delle principali motivazioni contenute nella proposta presentata dalla Commissione per l’introduzione di una imposta sulle transazioni finanziarie in tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea. La proposta passa ora all’esame degli Stati membri nel quadro del Consiglio dei ministri dell’Unione mentre la Commissione ne discuterà al vertice del G20 previsto per novembre.
Una nota diramata oggi dall’esecutivo europeo ritiene la proposta “un giusto contributo da parte del settore finanziario” peraltro “meno tassato rispetto ad altri”. Un settore definito “concausa” di una crisi economica per la quale “il peso delle imponenti misure di salvataggio del settore finanziario a carico del contribuente è stato sopportato dalle amministrazioni pubbliche e in generale dai cittadini europei”. Un approccio coordinato a livello europeo, ricorda la nota della Commissione, contribuirà invece a rafforzare il mercato unico. E il ruolo dei precedenti, anche in questo contesto, è fondamentale. Sono dieci gli Stati membri che, a vario titolo e in forme diverse, hanno già introdotto un’imposta sulle transazioni finanziarie. 
 
Modalità di applicazione dell’imposta
Alla base del progetto, su cui la Commissione sta lavorando sin dal 2009 e che nel giugno di quest’anno ha annunciato l’intenzione di proporla come risorsa propria (IP/11/799, MEMO/11/468) per il bilancio dell’Unione, la condivisione del gettito dell’imposta tra l’Unione europea e gli Stati membri. Una parte troverebbe impiego come risorsa propria dell’Unione (come avviene per l’Iva) riducendo in parte i contributi nazionali. Agli Stati sarebbe poi riconosciuta la facoltà di incrementare gli introiti applicando un tasso più elevato alle transazioni finanziarie.
L’obiettivo dell’imposta è tassare l’85 per cento delle transazioni tra enti finanziari mentre a essere esentati cittadini e imprese. Esclusi dall’ambito di applicazione della proposta i prestiti ipotecari,  bancari, i contratti di assicurazione e altre attività finanziarie svolte da persone fisiche o da piccole imprese. Un gettito fiscale supplementare del settore finanziario a sostegno delle finanze pubbliche.
 
Le aliquote previste
Secondo le indicazioni contenute nella proposta dalla Commissione, al centro dell’imposta le transazioni di strumenti finanziari tra enti finanziari per le quali almeno una controparte deve avere sede all’interno dell’Unione europea. Una aliquota dello 0,1% si applicherebbe allo scambio di azioni e obbligazioni e dello 0,01 sui derivati finanziari. La previsione di gettito annuale è di 57 miliardi di euro.
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