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Dal mondo

India: la Gst è divenuta realtà.
Un passo verso il mercato unico

Prossima a entrare in vigore la nuova imposta definita da più parti la più vasta riforma delle imposte indirette

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Il primo luglio 2017 sarà una data epocale per l’economia  della più grande democrazia del mondo: l’India. Dopo lunghi preparativi entrerà infatti in vigore la nuova Good and Services Tax, l’Iva indiana, che il Fisco di Nuova Delhi definisce ”la più vasta riforma delle imposte indirette”. L’unificazione fiscale del mercato del subcontinente diventa realtà: è ora atteso un forte impatto sull’occupazione giovanile e, complessivamente, un contributo decisivo al rilancio dell’economia del Paese. Ai vantaggi della razionalizzazione fiscale corrispondono però i timori di alcuni Stati della federazione indiana, come il Kerala, preoccupati per una consistente riduzione delle entrate.
 
La riforma passo passo - La riforma fiscale voluta dall’esecutivo indiano introduce un’unica imposta  nazionale sui beni e servizi e arriva alla sua applicazione dopo una lunga serie di step. Il primo passo, lo scorso anno, è stato il via libera a un emendamento alla Costituzione passato per l’accordo fra le principali forze politiche del Paese (e il superamento dell’opposizione del partito del Congresso, guidato da Sonia Gandhi), con la conseguente approvazione da parte dei vari rami del Parlamento.  Successivamente, il provvedimento è stato sottoposto all’esame delle assemblee dei 29 Stati indiani. Al termine di questo lungo percorso a ostacoli, la riforma Gst potrebbe ora fare da propulsore alle riforme volute dal governo Modi a sostegno delle produzioni locali, con l’obiettivo di fare dell’India un importante polo manifatturiero a livello mondiale. Non possono essere trascurati i vantaggi fiscali per il consumatore indiano medio: secondo le Faq messe a disposizione dall'amministrazione finanziaria è infatti prevista una riduzione della pressione fiscale piuttosto consistente e compresa fra il 25% e il 30%. La razionalizzazione delle imposte indirette, con l'introduzione della Gst e la contestuale cancellazione di una serie di tributi nazionali e locali, sta chiaramente mettendo a dura prova gli uomini del fisco indiano. Quasi 25mila funzionari fiscali, su un totale di 63mila, sono infatti impegnati nella realizzazione dei diversi aspetti della Good and Services Tax. I primi risultati sono buoni: al 30 aprile 2017, i contribuenti registrati alla Gst erano già 6 milioni (su un totale di 8,7 milioni previsti).
 
Aliquote per oltre 1.200 beni e servizi – In questi mesi è stato inoltre compiuto un grande lavoro di “catalogazione” e di assegnazione delle aliquote a 1.211 beni e servizi. A una vasta gamma di beni di base (per fare giusto qualche esempio, alimenti come la carne di pollo e il pesce, le uova, il caffè, il the e le spezie, ma anche i quotidiani, i libri stampati e il kerosene) è stata assegnata un'aliquota ridotta, compresa fra lo zero e il 5%. La maggior parte delle merci ricade comunque nell'applicazione della Gst al 18%, mentre a una gamma più ristretta di beni e servizi (che comprende fra gli altri gli hotel a cinque stelle, le automobili, le motociclette, le lavatrici e le lavastoviglie) è applicata la aliquota più alta del sistema Good and Services Tax: il 28%.
 
Le voci critiche dagli Stati, il timore del “buco fiscale” – Nonostante il consenso che la riforma ha raccolto nel parlamento indiano e negli Stati, non mancano le voci di dissenso. Per esempio, un recente comitato centrale del Partito comunista indiano (marxista)* , ha raccolto la preoccupazione di alcuni degli stati, che prevedono l'apertura di una "voragine fiscale". In particolare, il Kerala stima che l'applicazione della Gst potrebbe portare a una riduzione delle entrate fiscali vicina al 25% (non a caso una percentuale che corrisponde a quella della auspicata riduzione della pressione fiscale). Da notare che in India esiste anche il pci (marxista-leninista).
 
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