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Iran: all’indomani del voto
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La presidenza di Hassan Rouhani, confermata dalle elezioni, può continuare con il progetto di riforme

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Una riforma fiscale a tutto campo che sappia ampliare le basi imponibili e il numero di contribuenti, assicurare maggiori entrate e finanziare così gli investimenti necessari alla crescita. Un programma di misure che sappia portare la base imponibile del Paese al 10% della produzione interna lorda, dal 7% attuale. Queste sono le indicazioni del Fondo monetario internazionale che il governo iraniano ritrova sul tavolo, all'indomani della riconferma del presidente Hassan Rouhani alla guida del Paese, avvenuta con le elezioni dello scorso 19 maggio.
 
La relazione del team di esperti
La raccomandazione è contenuta nella relazione che il team di esperti inviato dal Fmi ha pubblicato al termine di una visita avvenuta tra gennaio e febbraio, in prossimità della chiusura  dell’anno secondo il calendario persiano, che ha il suo “Nowruz” (il capodanno) il 21 marzo. L’analisi rientra nella periodica attività di sorveglianza del Fondo Monetario in base all’articolo IV dell'accordo di adesione, ma nel caso dell’Iran il documento assume un valore particolarmente significativo, dal momento che fotografa la situazione economico-finanziaria del Paese all’indomani dello storico accordo sul nucleare del 14 luglio 2015: il patto è divenuto operativo nel 2016 con l'abolizione delle sanzioni, segnando il conseguente ritorno della Repubblica islamica sulla scena  globale, sia in veste di operatore sia, soprattutto, come mercato in cui investire. Un ennesimo cambiamento epocale per la Repubblica islamica.
 
La fotografia del Fondo monetario internazionale
La relazione esamina l'economia iraniana nel suo complesso, focalizzando l'attenzione, in particolare, sulle difficoltà del sistema bancario iraniano a riconnettersi con il mercato finanziario internazionale e sulla dipendenza del bilancio statale dalle entrate petrolifere. Tuttavia, fisco e tax compliance sono parole chiave del ragionamento. Gli analisti del Fmi hanno espresso apprezzamento per il notevole recupero nella crescita economica dopo l’abolizione delle sanzioni, che è stata accompagnata da un’inflazione costantemente contenuta a una cifra e da un andamento stabile del tasso di cambio. Ora, a distanza di un anno, l’obiettivo è quello di reperire risorse finanziarie per sostenere la crescita, rendere stabile il mercato e, soprattutto, dare impulso alle attività economiche non legate al commercio degli idrocarburi, che da decenni costituisce una ricchezza inestimabile, ma anche una debolezza, poiché subordina la capacità di spesa dello stato dall'andamento dei prezzi del petrolio.
 
Il compito riservato al Fisco iraniano
Ed è qui che entra in ballo il compito del Fisco iraniano: secondo i funzionari dell’ Fmi, infatti, la politica fiscale iraniana deve saper affiancare ad una  modulazione di dazi e accise dei prodotti del petrolio manovre strutturali, atte a migliorare il sistema di riscossione delle imposte nel suo complesso e ad allargare le basi imponibili per imposte dirette e indirette. Per farlo, attraverso una maggiore sinergia tra Amministrazione centrale e realtà periferiche, ma anche agendo sulla comunicazione e “tax compliance”, considerato il margine di miglioramento che offre una capacità del Paese di produrre gettito stimata al di sotto del 50% delle sue potenzialità. Una “cornice fiscale di medio-lungo termine”,  continua l’Fmi, grazie alla quale il deficit tra le entrate non provenienti dalle riserve di petrolio e le uscite possa diventare sostenibile senza un ricorso spinto all’indebitamento o al taglio alla spesa pubblica nel momento in cui le derrate provenienti dal greggio fossero in calo.
 
Far crescere le imposte indirette, razionalizzare quelle dirette
Negli ultimi 5 anni, il rapporto tra il deficit e il Pil del governo centrale si è mantenuto al di sotto del 2%, nonostante una diminuzione delle entrate petrolifere causate dalle sanzioni e dalla caduta dei prezzi del petrolio. Il contenimento del deficit è stato possibile, dicono gli analisti del Fmi, anche agendo sulla leva dell’imposizione fiscale: nel 2008 era stata introdotta l’iva, con aliquote che sono state ritoccate al rialzo (fino al 9% per quella ordinaria), mentre in parallelo il governo iraniano ha lavorato per aumentare il numero dei contribuenti registrati in tutto il Paese, tanto che nell’anno islamico a cavallo dei nostri 2015/2016 per la prima volta le entrate tributarie hanno superato le entrate derivanti dal mercato del petrolio. Nonostante questi miglioramenti, nella relazione vengono messe in evidenza alcune criticità, dovute principalmente al fatto che gli introiti petroliferi continuano a costituire non meno del 40% delle entrate. Una dipendenza così determinante da aver costretto il governo a tagli sostanziosi alle misure pro-crescita e di politica sociale, istruzione e sanità comprese.
 
Mercato petrolifero e Iva
Per realizzare l'emancipazione dal mercato petrolifero, il Fondo monetario dà istruzioni piuttosto dettagliate: agire sull'Iva, continuando ad alzare le aliquote, ma anche aumentare le categorie dei soggetti passivi, per esempio coinvolgendo settori esclusi attraverso la creazione di regimi speciali. Analogo discorso per le imposte dirette: se lo scopo è allargare la base imponibile e stimolare la compliance, l'indicazione è quella di razionalizzare ulteriormente il sistema fiscale, snellendo un sistema complicato di esclusioni dalla tassazione, incentivi e aliquote agevolate per singoli settori e favorendo un impianto impositivo sempre più ordinato, basato su un unico reddito complessivo a cui applicare deduzioni e detrazioni dei costi. Tutto ciò effettuando nel contempo una rivisitazione di concetti come residenza fiscale e stabile organizzazione, al fine di evitare l’erosione della base imponibile. Una mossa fiscale all’interno di un quadro strategico di ampio respiro, quindi, in cui l'Iran si appresta ad affrontare impegni di spesa nuovi, in vista del suo sempre maggiore ruolo nel mercato economico-finanziario globale.
 
 
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