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Dal mondo

Iran: le entrate tributarie
superano quelle del greggio

A indicarlo è il bollettino del Fisco che mette in rilievo il superamento della soglia del 50% di imposte, tasse e Iva

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Un bollettino sulle entrate tributarie iraniane è stato diffuso di recente. Dalla analisi del documeto emerge per la prima volta, e non succedeva da decenni, che il gettito delle imposte e delle tasse, Iva inclusa, ha superato la soglia oramai mitica del 50%, superando quindi gli importi legati alla produzione e all’esportazione del greggio e del gas naturale. Un’inversione che dovrebbe, per i responsabili dell’Economia iraniana, rendere palese l’obiettivo futuro del Governo, allentare la dipendenza dell’economia dal petrolio. Operazione questa reputata impossibile fino a qualche mese fa. Oggi, un primo passo concreto in questa direzione è ravvisabile.
 
Se gli Ayatollah riformano il fisco - In aggiunta, è arrivata anche la tanto annunciata riforma del fisco che, tradotta in termini concreti, determinerà per gli investitori esteri la cancellazione d’una serie di penalizzazioni e di gravami fiscali che, di fatto, li sfavorivano e, al contempo, l’adozione di misure specifiche che dovrebbero ristabilire un regime di tassazione se non proprio pari almeno tendente all’equivalenza tra entità estere e imprese partecipate dallo Stato, in pratica pubbliche a tutti gli effetti se non addirittura legate e gestite dalle diverse lobby e organizzazioni para-religiose che hanno visibilità e peso a vario titolo all’interno delle gerarchie iraniane. Ad ogni modo, queste le misure fiscali con le quali l’Iran ambirebbe ad aprirsi ai capitali occidentali, mentre sarebbero almeno 35 i miliardi di dollari attesi nel prossimo biennio provenienti da investitori esteri. Questa la cifra stimata per rimettere in corsa e in salute l’economia del Paese, stremato dalle sanzioni, dal ribasso del greggio e da 35 anni di chiusura e pessima gestione delle ricchezze nazionali. In pratica, due i pacchetti fiscali sul tavolo: il primo prevede la privatizzazione di una parte consistente del settore petrolchimico e degli impianti di raffinazione, mente il secondo fissa i tempi per l’adozione di misure fiscali ad hoc disegnate ad attirare i capitali internazionali, soprattutto nel settore high-tech.
 
Il fisco strizza l’occhio ad Occidente - In pratica, le società estere che opteranno per un programma di investimenti, per esempio, nella costruzione di centri di ricerca in vista di attività legate allo sviluppo o comunque ad alto contenuto tecnologico, ebbene queste entità beneficeranno d’una lunga serie di agevolazioni fiscali. La prima riguarda l’introduzione di crediti d’imposta specifici da utilizzare in proporzione ai costi sostenuti per l’avvio e la gestione delle attività di ricerca. Al riguardo sarebbero già stato stanziato 1 mld di dollari. Inoltre, qualora i fondi si esaurissero, comunque verrebbe assicurato un rimborso pari al 50% delle spese sostenute. E per finire, alle multinazionali, ai grandi gruppi ecc….sarebbe consentito di beneficiare del medesimo trattamento di favore di cui godono le aziende di Stato, o private, iraniane. Uno scalino questo che, per lungo tempo, ha di fatto impedito la penetrazione continua di attori internazionali all’interno del mercato domestico iraniano.
 
Accordo in vista con il gigante russo - Il secondo gigante petrolifero russo, Lukoil, con quasi 150 miliardi di dollari di fatturato sulle spalle, ha fatto sapere, attraverso suoi rappresentanti, di essere oramai prossimo a siglare un accordo di ampio raggio con l’Iran, non solo per la produzione e raffinazione del petrolio ma anche per l’avvio di esplorazioni su grande scala. D’altra parte, le ambizioni russe sul greggio iraniano sono antiche più o meno quanto l’emergere del regime degli Ayatollah. La novità è che ora in ballo vi sarebbero centinaia di miliardi di dollari, all’incirca 800, che, in seguito all’accordo sul nucleare e al prossimo venir meno del sistema sanzionatorio internazionale, potrebbero dischiudersi in un quinquennio a favore delle multinazionali estere impegnate, a vario titolo, nei settori dell’energia ma anche della ricerca, dell’informatizzazione e, più in generale, dei servizi.
 
80 milioni di potenziali consumatori - Il mercato iraniano è traducibile in 80 milioni di potenziali consumatori, alfabetizzati, informatizzati e piuttosto inclini all’uso di internet e dei relativi canali accessori, social media inclusi. Se poi a questo si aggiungono i milioni di barili di petrolio che Teheran esporta e i miliardi di metri cubi di gas naturale che custodisce, allora il tema si arricchisce d’attenzione quasi per via naturale.
 
L’Europa stenta ma l’Iran val sempre una messa – La Russia s’è già mossa, anche in modo fragoroso, certo non silenziato. L’Asia, Cina in testa, ha anch’essa provveduto a prenotare un posto di rilievo sul mercato iraniano. Come? Aumentando il flusso di petrolio che corre sulle strade dell’import. Scelta questa che ha già indotto l’Iran ad aprire il tavolo con Pechino. Gli Usa osservano, ma in realtà dalla loro posizione sono già pronti a connettersi con determinati settori dell’economia iraniana. E Bruxelles? Non pervenuta, eccetto la mossa a sorpresa del colosso francese del petrolio, Total, che ha già siglato accordi ben delineati, anche nel tempo, non soltanto negli ambiti d’azione e intervento. 
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