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Dal mondo

Jersey verso uscita da grey list Ue.
Vita dura per le strutture offshore

Presentata una proposta di legge per incrementare i requisiti di sostanza economica per le società residenti

jersey
L’attività economica delle società residenti dovrà essere reale ed effettivamente svolta a Jersey. Questa è in sintesi la condizione posta dall’Eu Code of Conduct Group (COCG) per l’uscita del Paese dalla grey list dei Paesi non collaborativi. La lista grigia, infatti, ospita i Paesi sotto osservazione dell’Ue, impegnati ad implementare la propria normativa fiscale per adeguarla agli standard europei. In particolare Jersey sta lavorando all’introduzione di maggiori requisiti di sostanza che dovranno contraddistinguere lo svolgimento dell’attività economica da parte di strutture societarie residenti. La pubblicazione della proposta di legge da parte del Governo risponde proprio alle richieste manifestate dal gruppo di lavoro Ue. Se approvate dal Parlamento, le misure entreranno in vigore dal 1° gennaio 2019.

Il progetto di legge
Con la predisposizione della proposta di legge 201 del 25 ottobre 2018 il Governo di Jersey ha concretizzato il suo impegno nei confronti dell’Ue. Il Paese, infatti, è stato inserito dal COCG nella lista dei Paesi che si sono impegnati a rimuovere pratiche fiscali dannose. Il Jersey è stato collocato al punto 2.2 della lista grigia, nel quale sono individuati i paesi che ospitano “… regimi fiscali che agevolano le strutture offshore intese ad attrarre utili senza un’attività economica effettiva”. L’elaborazione del progetto di legge è il risultato di un confronto avvenuto in ambito Ue e Ocse, nonché del coinvolgimento dei Governi di Guernsey e Isle of Man (Crown Dependencies) che presentano analoghi regimi da eliminare. Nel mese di agosto il Governo ha pubblicato un primo documento per la consultazione pubblica. Al termine del processo di confronto è stata redatta la proposta definitiva che verrà discussa dal Parlamento nel mese di dicembre. Attenendosi alle linee guida individuate in fase di progettazione (seguendo le indicazioni dello Scoping Paper pubblicato dal COCG il 22 giugno 2018), il testo finale si sviluppa attorno a tre aspetti principali:
  • definizione delle attività rilevanti. Sono in tutto 9 le attività ricomprese nel perimetro della riforma. Si tratta di: banche, assicurazioni, gestione fondi, finanziarie e leasing, headquarter di gruppi, spedizione, holding, gestione beni intangibili e centri di distribuzione e servizi;
  • identificazione ed applicazione dei requisiti di sostanza economica. Le società che svolgono attività rilevanti (individuate nel provvedimento), dovranno dimostrare di soddisfare alcuni requisiti che manifestano l’effettivo svolgimento di un’attività economica a Jersey. In particolare, la società dovrà essere diretta ed amministrata a Jersey, avere un adeguato numero di dipendenti fisicamente presenti a Jersey e avere un adeguato livello di spese ed asset a Jersey. Inoltre, la società dovrà dimostrare di esercitare a Jersey un’attività in grado di generare utile;
  • regime di controllo e sanzionatorio. Qualora una società non dovesse rispettare i requisiti sostanziali, l’organo di controllo comunicherà le informazioni alla competente autorità del Paese Ue nel quale risiede il soggetto che si configura come detentore finale delle partecipazioni ovvero come beneficiario economico. Inoltre, nel primo anno di assenza dei requisiti è prevista l’applicazione di una sanzione che potrà arrivare fino a 10.000 sterline. La sanzione potrà salire fino a 100.000 sterline se la situazione dovesse ripetersi negli anni successivi. In questo caso è prevista anche una segnalazione al registro imprese che potrebbe comportare la cancellazione della società.
La black list Ue dei Paesi non collaborativi
Il Consiglio Ecofin del 5 dicembre 2017 ha approvato le conclusioni del gruppo di lavoro Eu Code of Conduct Group (COCG) on Business Taxation inserendo 17 Paesi nella black list dei paradisi fiscali. Con l’adozione di questo provvedimento il Consiglio ha confermato gli impegni assunti nel documento programmatico del 25 maggio 2016 con il quale, nell’ambito di un percorso di contrasto ai fenomeni di frode fiscale, evasione, pianificazione fiscale aggressiva e abuso dei trattati, si era impegnato ad individuare una lista di Paesi extra europei non collaborativi. L’intento era quello di promuovere il miglioramento del livello di governance fiscale dei Paesi extra Ue ed assicurare il rispetto, da parte dei medesimi, degli standard dei Paesi membri Ue. Nelle conclusioni del 5 dicembre 2017 il Consiglio ha espresso il convincimento che la lista UE e le sue misure di difesa "avranno l'effetto di mandare un segnale forte alle giurisdizioni interessate stimolandole a compiere un cambiamento positivo che conduca alla loro rimozione dalla lista". Il Consiglio ha rilevato inoltre che, per le giurisdizioni che continueranno a figurare nella lista "l'UE e gli Stati membri possono applicare misure di difesa efficaci e proporzionate, tanto nel settore fiscale quanto in quello non fiscale". Il gruppo di lavoro ha considerato 3 aspetti per l’inclusione nella lista: trasparenza fiscale (scambio di informazioni), equa imposizione (regimi fiscali dannosi ovvero che agevolano le strutture offshore) e misure anti BEPS (Base Erosion and Profit Shifting). La lista è dunque il risultato di un processo di analisi e confronto. I Paesi extra Ue individuati non hanno assunto impegni sufficienti in risposta alle preoccupazioni dell'Ue e non presentavano alcuna prospettiva di miglioramento per il futuro.
 
La lista dei Paesi sotto osservazione
Le giurisdizioni che pur non rispettando gli standard fiscali europei hanno assunto l’impegno ad adeguarsi figurano in un documento distinto dalla lista. Hanno fornito garanzie circa l’adozione di azioni efficaci entro la fine del 2018, o del 2019 in alcuni casi, in modo da non essere inserite nella lista in futuro. Si trattava, inizialmente, di 47 giurisdizioni collocate nella cosiddetta grey list. Jersey, insieme a Bermuda, Cayman Island, Guernsey, Isle of Man e Vanuatu è stata classificata nel sottogruppo dei Paesi che si sono impegnati ad implementare i requisiti di sostanza, attraverso l’abolizione dei regimi fiscali che facilitano l’esistenza delle strutture offshore e attraggono profitti senza che ci sia corrispondenza con una reale attività economica.
 
I Paesi che attualmente fanno parte della lista Ue
In seguito alla pubblicazione della lista, le giurisdizioni hanno cominciato ad inviare nuovi impegni. Un mese dopo, nel gennaio 2018, il Consiglio ha rimosso dalla black list otto giurisdizioni, mentre altre tre sono state rimosse nel marzo 2018. L’ultimo aggiornamento è del 9 novembre 2018 con lo spostamento dalla black list alla grey list della Namibia. Ad oggi le giurisdizioni comprese nella black list sono 5: American Samoa, Guam, Samoa, Trinidad e Tobago e Isole Vergini Americane. Nella grey list invece sono 65 le giurisdizioni in attesa di implementare misure conformi agli standard europei. Il gruppo “Codice di Condotta” monitora costantemente gli impegni assunti dalle giurisdizioni coinvolte. I risultati si rifletteranno in aggiornamenti della lista UE tra il 2019 e il 2020.
 
Il Gruppo “Codice di condotta (Tassazione delle imprese)”
Il Gruppo è stato istituito il 9 marzo 1998 dal Consiglio Ecofin. Ha il compito di valutare le misure fiscali suscettibili di rientrare nel campo di applicazione del Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, che il Consiglio ha adottato in data 1° dicembre 1997, con l’obiettivo di contrastare la concorrenza fiscale dannosa nell’Unione europea. I suoi principi, quindi, erano inizialmente riferiti agli Stati membri Ue, che però si sono impegnati a promuoverne l’adozione nei Paesi terzi e nei territori cui non si applicano i trattati Ue. Il gruppo rappresenta un organo di supporto del Consiglio. L’output del suo processo è rappresentato dalla predisposizione di note di orientamento, sottoposte all’approvazione del Consiglio, e dall’elaborazione di valutazioni adottate dal Consiglio stesso, tra cui quella sulla lista Ue delle giurisdizioni di Paesi terzi non cooperativi ai fini fiscali.
 
 
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