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Dal mondo

L’esenzione delle plusvalenze
è compatibile se non discrimina - 2

Analisi della pex, delle norme nazionali per determinare il reddito dei non residenti e criteri di collegamento

capital gain

In questa seconda e ultima puntata del focus ci soffermeremo sui criteri di collegamento nazionali e convenzionali in materia di capital gain, e, in particolare, nella Convenzione italo-francese. Un cenno sarà poi fatto anche alla recente convenzione multilaterale pubblicata dall’Ocse (Multilateral Convention To Implement Tax Treaty Related Measures To Prevent Base Erosion And Profit Shifting) finalizzata alla tutela delle basi imponibili degli Stati aderenti.
 
Criteri di collegamento nazionali in materia di capital gain
In base all’articolo 23, TUIR, i criteri di collegamento reali applicabili ai capital gain societari sono i seguenti:

  • i capital gain derivanti dall’alienazione di beni facenti parte di una stabile organizzazione possono essere tassati nel territorio dello Stato se la stessa è ivi localizzata (comma 1 lett. e));
  • i capital gain derivanti dall’alienazione di partecipazioni societarie sono imponibili nel territorio dello Stato se la società partecipata è residente nel territorio dello Stato (comma 1 lett. f) alinea);
  • non sono imponibili nel territorio dello Stato, invece, i capital gain derivanti dall’alienazione di partecipazioni  non qualificate in società residenti quotate (comma 1 lett f) punto 1).

Pertanto, fatta eccezione per le partecipazioni non qualificate in società quotate, se sono cedute quote di una società residente nel territorio dello Stato la plusvalenza sarà ivi imponibile. A questo proposito, però, si rileva che, per i soggetti residenti in altri Stati membri dell’Unione europea, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, purchè non funzionalmente connesse a una stabile organizzazione, sono esenti da imposta in forza di quanto disposto dall'articolo 5, comma 5, lettera a), del decreto legislativo n. 461/1997 e, pertanto, la nostra analisi può essere circoscritta alle sole plusvalenze da partecipazione qualificata.
Se queste plusvalenze non sono riferibili ad una stabile organizzazione, il cedente non potrà usufruire del regime pex, con conseguente possibile disparità di trattamento rispetto ai contribuenti residenti.
 
Criteri di collegamento convenzionali in materia di capital gain
La situazione descritta al paragrafo precedente, generalmente, non crea particolari problemi poiché, con riferimento ai capital gain derivanti da cessioni di partecipazioni societarie, in ambito internazionale il potere impositivo è attribuito in via esclusiva allo Stato di residenza del cedente.
Tale ripartizione della potestà impositiva, invero, è quella tradizionalmente accolta nel modello Ocse contro le doppie imposizioni, il cui articolo 13 (capital gain) prevede che:

  • i capital gain derivanti dall’alienazione di beni facenti parte di una stabile organizzazione, o dall’alienazione della stabile organizzazione, possono essere tassati nello Stato ove si trova la stessa (paragrafo 2);
  • i capital gain derivanti dall’alienazione di partecipazioni in società il cui patrimonio è formato per oltre il 50% da beni immobili, possono essere tassati nello Stato ove si trovano detti beni (paragrafo 4).
  • i capital gain diversi dai precedenti sono imponibili esclusivamente nello Stato di residenza dell’alienante (paragrafo 5).


Il confronto tra norme nazionali e disposizioni convenzionali
Confrontando le disposizioni convenzionali con il sopra descritto sistema impositivo nazionale, possiamo rilevare che il combinato disposto delle varie norme, seppur in modo non lineare, evita il crearsi di eventuali disparità di trattamento riferibili al regime della pex.
Infatti, se le plusvalenze sono funzionalmente connesse ad una stabile organizzazione le stesse saranno imponibili Italia in base alla disposizione convenzionale ed assoggettabili al regime pex in base alle disposizioni nazionali.
I capital gain derivanti dalla cessione di quote di partecipazione in società di gestione immobiliare, il cui patrimonio è costituito prevalentemente da immobili siti in Italia, secondo la disposizione convenzionale sono imponibili in Italia e, se la società ceduta è residente in Italia, secondo l’ordinamento nazionale, in assenza di connessione con una stabile organizzazione,  sono quantificati seguendo le regole previste per i soggetti Irpef.
A tal riguardo, però, rilevando che l’articolo 87 rende la pex inoperante per le cessioni di partecipazioni in società di gestione immobiliare, non si produce nessuna disparità di trattamento; il regime impositivo previsto per i soggetti non residenti (esenzione per le cessioni di partecipazioni non qualificate e base imponibile forfettaria per le cessioni di partecipazioni qualificate) è addirittura più favorevole di quello previsto per i residenti (piena imponibilità del capital gain).

Il commentario all’articolo 13 del modello Ocse
Per completezza, si segnala che il commentario all’articolo 13 del modello Ocse lascia gli Stati liberi di applicare la regola ora esposta con riferimento ai soli immobili oggetto di una gestione passiva, ovvero a tutti gli immobili, compresi quelli direttamente utilizzati per lo svolgimento di una attività di impresa.
Se gli Stati scelgono quest’ultima alternativa, considerato che la pex si rende inapplicabile solo con riferimento alle partecipazione in società il cui patrimonio è prevalentemente costituito da immobili non direttamente utilizzati, come beni strumentali o come beni merce, per lo svolgimento di un’attività di impresa, la disparità di trattamento può verificarsi.
Per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non connesse ad una stabile organizzazione e diverse da quelle in società immobiliari, la potestà impositiva spetta in via esclusiva allo Stato di residenza del cedente, con conseguente inapplicabilità generale del regime impositivo nazionale ed irrealizzabilità di qualsivoglia disparità impositiva.
L’impostazione offerta dal modello OCSE non è stata accolta in tutte le convenzioni internazionali vigenti tra l’Italia e gli altri Stati membri.
Le deroghe, però, fatta eccezione per la convenzione italo-francese, si riferiscono al regime impositivo delle persone fisiche e, quindi, non interferiscono con il regime impositivo della pex. La convezione in vigore con la Francia, invece, contiene un regime derogatorio generale idoneo a concretizzare la problematica che abbiamo affrontato.
 
Criteri di collegamento dei capital gain nella Convenzione italo-francese
L’articolo 13 della convenzione italo-francese dispone che: 
1. Gli utili provenienti dall'alienazione di beni immobili di cui all'articolo 6, sono imponibili nello Stato dove tali beni sono situati.
2. Gli utili derivanti dall'alienazione di beni mobili facenti parte della proprietà aziendale di una stabile organizzazione che un'impresa di uno Stato ha nell'altro Stato, ovvero di beni mobili appartenenti ad una base fissa di cui un residente di uno Stato dispone nell'altro Stato per l'esercizio di una professione indipendente, compresi gli utili derivanti dall'alienazione di detta stabile organizzazione (da sola o con l'intera impresa) o di detta base fissa, sono imponibili in detto altro Stato.
3. Gli utili derivanti dall'alienazione di navi o di aeromobili impiegati in traffico internazionale o di beni mobili destinati all'esercizio di dette navi od aeromobili, sono imponibili soltanto nello Stato in cui è situata la sede della direzione effettiva dell'impresa.
4. Gli utili derivanti dall'alienazione di ogni altro bene diverso da quelli menzionati ai paragrafi 1, 2 e 3 sono imponibili soltanto nello Stato di cui l'alienante è residente.
 
Modello Ocse e protocollo aggiuntivo
La previsione convenzionale, apparentemente conforme al modello OCSE, deve essere letta alla luce dell’articolo 8 del protocollo aggiuntivo, ai sensi del quale:
 “8. a) Per quanto concerne l'articolo 13, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni, quote o partecipazioni in una società o in una persona giuridica che possiede beni immobili situati in uno Stato, i quali, secondo la legislazione di tale Stato, sono sottoposti allo stesso regime fiscale degli utili derivanti dall'alienazione di beni immobili, sono imponibili in detto Stato. Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, non sono presi in considerazione i beni immobili che sono utilizzati da detta società o persona giuridica nell'esercizio della propria attività, industriale, commerciale, agricola ovvero nell'esercizio di una attività non commerciale.
b) Nonostante le disposizioni del paragrafo 4 dell'articolo 13, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni o di quote diverse da quelle considerate alla lettera a) e facenti parte di una partecipazione importante nel capitale di una società residente di uno Stato, sono imponibili in detto Stato, secondo le disposizioni della sua legislazione interna. Si considera che esista una partecipazione importante se il cedente, da solo o con persone associate o collegate, dispone direttamente o indirettamente di azioni o di quote che danno complessivamente diritto ad almeno il 25 per cento degli utili della società.”
Pertanto, se una società di capitali residente in Francia, la quale possiede azioni o quote in una società residente in Italia che le conferiscono complessivamente il diritto ad almeno il 25% degli utili, aliena tutto o parte della sua quota di partecipazione, eventuali plusvalenze saranno imponibili in Italia. La società non residente, però, se la plusvalenza non è riferibile ad una stabile organizzazione, non potrà usufruire del regime della partecipation exemption e, quindi, potrebbe integrarsi un caso di disparità di trattamento.
Come già detto, si ricorda che, se la plusvalenza ha natura non qualificata, la stessa sarà esente da imposizione e, conseguentemente, la disparità di trattamento non può generarsi.
 
Le possibili soluzioni
In conformità all’articolo 4, n. 3, TUE, “gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione». Il principio di leale cooperazione impone allo Stato di fare quanto in suo potere per dare effettiva attuazione al diritto dell’Unione”.
I giudici e le Amministrazioni nazionali, come sottolineato dalla Corte di giustizia (Corte giust. ordinanza 6 dicembre 1990, causa C-2/88, Imm., J.J. Zwartveld e altri, punto 10.), sono gli attori istituzionali incaricati di vigilare sull'applicazione e sull'osservanza del diritto dell’Unione nell'ordinamento giuridico nazionale e, in particolare, sulla compatibilità della normativa interna con quella unionale.
L'obbligo di vigilare si accompagna al dovere di disapplicare, rectius non applicare, la norma interna contrastante con quella europea, così come affermato dalla Corte di giustizia fin dalla sentenza del 9 marzo 1978 (caso Simmenthal).
L’istituto della disapplicazione appare senz’altro preferibile rispetto al contiguo istituto dell’ interpretazione conforme, poiché quest’ultima non può mai risolversi in una interpretazione del diritto interno contra legem e, nel nostro caso, la univocità delle norme giuridiche interessate rende difficile un intervento interpretativo: affermare l’applicabilità generalizzata della pex si risolverebbe nel sottoporre ad imposizione redditi di impresa pur in assenza di una stabile organizzazione, con conseguente aperto contrasto con altre norme del TUIR.
Entrando nello specifico, la norma da disapplicare dovrebbe essere il comma 3 dell’articolo 151, nella parte in cui dispone che i redditi prodotti nel territorio dello Stato da soggetti commerciali non residenti  “ …ad eccezione dei redditi d'impresa di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), ai quali si applicano le disposizioni di cui al successivo articolo 152, concorrono a formare il reddito complessivo e sono determinati secondo le disposizioni del Titolo I, relative alle categorie nelle quali rientrano”.
In pratica, le plusvalenze realizzate da società commerciali residenti in altri Stati dell’Unione, a seguito della disapplicazione, dovrebbero essere quantificate secondo le regole del titolo II (imposta sul reddito delle società).
 
La convenzione multilaterale per l’implementazione del progetto Beps
L’Ocse, nel mese di novembre del 2016, ha pubblicato uno schema di convezione multilaterale volta ad implementare alcun delle misure, delineate nell’ambito dei final report del progetto BEPS, finalizzate a prevenire l’erosione della base imponibile e il dirottamento degli utili (Multilateral Convention  To Implement Tax Treaty Related Measures  To Prevent Base Erosion And Profit Shifting). L’adesione a tale convenzione consentirà agli aderenti Stati di modificare, simultaneamente, alcune delle disposizioni contenute nei rispettivi trattati bilaterali in materia di doppia imposizione.
A tal proposito, si rileva che l’articolo 9 della convenzione multilaterale, rubricato “capital gain derivanti dalla cessione di quote o strumenti partecipativi relativi ad entità che ritraggono il proprio valore principalmente da beni immobili” (Capital Gains from Alienation of Shares or Interests of Entities Deriving their Value Principally from Immovable Property), prevede l’inserimento nel corpo delle convenzioni della seguente disposizione “le plusvalenze realizzate da un residente di uno Stato contraente attraverso la cessione di quote di partecipazioni o diritti similari possono essere tassate in un altro Stato contraente se, per almeno un giorno dei 365 gg. che precedono la cessione, dette quote e diritti similari ritraggono più del 50% del proprio valore direttamente o indirettamente da beni immobili  situati detto altro Stato” (For purposes of a Covered Tax Agreement, gains derived by a resident of a Contracting Jurisdiction from the alienation of shares or comparable interests, such as interests in a partnership or trust, may be taxed in the other Contracting Jurisdiction if, at any time during the 365 days preceding the alienation, these shares or comparable interests derived more than 50 per cent of their value directly or indirectly from immovable property (real property) situated in that other Contracting Jurisdiction).
La citata disposizione non opera alcun distinguo tra beni immobili utilizzati nell’esercizio di attività di impresa e i beni immobili destinati ad attività di mero godimento e, pertanto, se pedissequamente recepita all’interno delle convenzioni in essere tra gli Stati membri dell'Unione europea, potrebbe acuire la problematica relativa alla partecipation exemption.
 

2 - fine
La prima puntata è stata pubblicata il 25 maggio 2017

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