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Londra: chi risanerà i conti? I residenti non domiciliati

Allo studio una flat tax che porterebbe all'erario 650 milioni di sterline l'anno

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Si estende anche alla Gran Bretagna la polemica sugli sconti fiscali che Londra concede da tempo ai soggetti che esibiscono lo status di "residenti non domiciliati". E così, mentre è in corso la definizione del documento di bilancio che, come la nostra legge finanziaria, fisserà l'entità delle diverse voci di spesa e le necessarie entrate previste per il prossimo anno, ecco che nella campagna elettorale inglese, che sta muovendo i suoi primi passi, finisce per occupare la scena la questione dei super-ricchi, non soltanto stranieri, che, una volta ottenuta la residenza a Londra e dopo aver scorporato il proprio domicilio in un Paese diverso, sono tenuti solo al versamento delle imposte relative ai guadagni prodotti in Gran Bretagna, oppure, ma avviene in casi piuttosto rari, sui redditi eventualmente rimpatriati dall'estero.
Per quanto riguarda invece le somme e le ricchezze accumulate e stoccate fuori dai confini britannici nessun problema, semplicemente il Fisco inglese non se ne cura. E così il problema ricade sulle Amministrazioni tributarie degli altri Paesi, impegnate oramai da anni nell'impresa di espugnare la roccaforte fiscale dei cosiddetti non-dom, ovvero non domiciliati, un folto gruppo di super-ricchi che godono del vantaggio di poter comunque esibire, al momento opportuno, il riconoscimento di una residenza fiscale, non in un paradiso fiscale qualunque, ma a Londra.

Quanti sono i non-dom? Ben 115mila.
Gli effetti di questo trattamento di favore riservato ai contribuenti facoltosi, domestici e stranieri, ha finito per mettere in discussione una norma che, al suo esordio, aveva semplicemente l'obiettivo di favorire il trasferimento di quote consistenti di classe dirigente in territori coloniali. Oggi questa finalità è stata superata, piuttosto l'effetto dello sconto fiscale è esattamente quello contrario, ovvero incoraggiare l'ingresso in territorio britannico di una folta comunità di super-ricchi, indipendentemente dalla loro nazionalità. Tanto che, secondo i dati più recenti, diffusi dallo stesso premier britannico, Gordon Brown, la popolazione dei non-dom ha raggiunto quota 115mila, un vero e proprio balzo in avanti rispetto ai 66mila censiti nel 2002 e ai 112mila del 2005.
Nel 2007 invece le stime in circolazione, ma non ufficiali, avevano indicato la taglia del fenomeno evocando un numero che ha ripetutamente oscillato tra i 150 e i 200mila soggetti, tutti invariabilmente dotati di patrimoni piuttosto sostanziosi. E su questo, anche dopo le precisazioni di Brown, sembra siano tutti d'accordo.

Quanto versano al Fisco i soggetti in possesso del resident non domiciled status? Circa 4 miliardi di sterline, ovvero 6 miliardi di euro.
D'altra parte, secondo quanto rivelato dal primo ministro Gordon Brown alla Camera dei comuni, i non-dom ufficialmente censiti verserebbero nelle casse dell'erario imposte per un ammontare di 4 miliardi di sterline, in pratica 6 miliardi di euro. Una somma di tutto rispetto che però non è sufficiente a diradare le diverse ombre contabili che si addensano ciclicamente, l'ultima volta proprio quest'estate, sugli importi che, grazie a questo particolare accorgimento fiscale, sono invece perduti irrimediabilmente dal Fisco e dalle finanze pubbliche britanniche. E così la protesta cresce tra i contribuenti ordinari e si estende, come per contagio, tra le stanze dei politici.

Ma quanto risparmiano i non-dom? Oltre 4 miliardi di sterline l'anno.
Difficile quantificare con precisione le entrate fiscali smarrite a causa dell'applicazione del principio del resident non domiciled.
In pratica, se si considera che in Gran Bretagna i contribuenti facoltosi con redditi che oltrepassano le 100mila sterline dichiarano guadagni, in media, intorno alle 216mila sterline, e le imposte che versano individualmente, sempre senza scostarci dal valore medio, sono pari a circa 72mila sterline l'anno, allora è possibile disegnare il profilo di una potenziale taglia della somma che non termina la sua corsa, come dovrebbe applicando le norme ordinarie, nelle casse dell'erario britannico. Infatti, come sperimentato da alcuni ricercatori inglesi, le entrate fiscali garantite dai non-dom dovrebbero assestarsi intorno agli 8 miliardi di sterline, soprattutto in considerazione del fatto che i soggetti residenti non domiciliati dovrebbero sicuramente essere titolari di patrimoni e di redditi piuttosto superiori alle 100mila sterline utilizzate come spartiacque di riferimento dell'elaborazione. Altrimenti che vantaggio avrebbero nel fissare la loro residenza nel Regno unito scorporandola dal domicilio? A parte, naturalmente, casi particolari, che non costituiscono affatto la maggioranza, né una quota rilevante. A questo punto sarebbe sufficiente sottrarre agli 8 miliardi potenziali i 4 materialmente incassati dal Fisco per dare un primo profilo contabile alla taglia dell'evasione, o del risparmio, potenziale che questo status di privilegio assicura a contribuenti facoltosi, sovente miliardari.
Anche se, come molti esperti fanno spesso notare, in realtà il calcolo dell'evasione potrebbe spingersi ancor più in avanti, dato che anche i super-ricchi dovrebbero essere tenuti al versamento dell'imposta sui capital gains e sulle successioni, imposte che naturalmente i non-dom non sono tenuti affatto a saldare nei riguardi dell'erario di sua maestà. E così la dimensione delle somme risparmiate grazie allo status di "residente non domiciliato" potrebbero risultare ancor più muscolari.

Parola alla politica: i conservatori propongono una flat tax di 25mila sterline l'anno sui non-dom oltre all'imposta ordinaria. E i laburisti rilanciano: perché non 30mila sterline?
Questo trend apparentemente inarrestabile ha finito di recente per sovrapporsi ad un'altra questione. Ovvero il fatto che il bilancio britannico si dibatte oggi tra una crescita ridimensionata di mezzo punto rispetto a quella indicata mesi or sono e una richiesta di spese extra, derivante in gran parte dalla necessità di finanziare i servizi sociali che tendono ad assorbire quote crescenti di risorse.
E così il Fisco, con le sue imposte e tasse, da motore contabile ha finito per trasformarsi, come peraltro ritualmente accade, anche in terreno di scontro e di confronto, non soltanto economico ma soprattutto politico. Ad aprire la contesa sui non dom sono stati, e questo è davvero sorprendente, i conservatori che, in maniera affatto ambigua ma piuttosto esplicita, hanno avanzato la proposta di istituire una flat tax di 25mila sterline l'anno che i super-ricchi sarebbero tenuti a pagare in aggiunta al versamento dell'imposta ordinaria.
Da questa modifica, sostengono i conservatori, si dovrebbero recuperare oltre 3 miliardi di sterline con i quali finanziare il taglio dell'imposta sulle successioni, che ogni anno chiede in media circa 100mila sterline a 40mila contribuenti, e alcune spese extra. La risposta dei laburisti? Beh di fronte ad una richiesta così affine allo spirito contabile del Labour party, il responsabile del Tesoro e il premier non hanno potuto far a meno di rilanciare, ma inserendo qualche variante.
Innanzitutto, la proposta dei laburisti è di innalzare la possibile e auspicabile a questo punto flat tax fino a 30mila sterline, al fine di renderla più incisiva. Quindi, per evitare che i miliardari fuggano da Londra, introdurre un limite di sette anni di godimento dello status di "residente non domiciliato", superato il quale scatta la sovrattassa che, una volta raggiunto il decennale di permanenza in questa area normativa di privilegio, vedrà aumentare ancora l'importo da pagare.
Risultato del confronto sulla maggiore tassazione a carico dei super-ricchi? Questa nuova imposta, secondo i dati contenuti nel Pre-budget report presentato questa settimana, dovrebbe ricondurre nelle casse dell'erario circa 650 milioni di sterline l'anno di maggiori risorse, in una proiezione che si arresta fino al 2012. Niente male, ma che ne penseranno i miliardari e i contribuenti facoltosi che saranno interessati dalla nuova tassa? 30mila sterline l'anno quanto tempo sottraggono alle riflessioni e ai pensieri di un miliardario? Chissà.
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