Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Dal mondo

La lunga marcia... del Fisco cinese (2)

Scendono le imposte anche grazie al boom delle entrate fiscali che, nel 2010, dovrebbero superare i 500 miliardi di euro

Mentre nel 1998 l’Erario di Pechino incassava una somma inferiore ai 100 miliardi di euro, grazie alla corsa dell’economia e all’afflusso di investimenti esteri, nel corso di un quinquennio la taglia del Fisco cinese si è raddoppiata (200 miliardi di euro nel 2003 e 318 nel 2005). L’attuazione della riforma fiscale è stata possibile anche in virtù della crescita costante fatta registrare dal gettito complessivo delle imposte e delle tasse che, nel corso del decennio passato, ha mantenuto un tasso di progressione vicino al 30 per cento annuo, indipendentemente dai rovesci di borsa, dalle crisi petrolifere e dall’emergere di vari dissidi sul versante diplomatico e, naturalmente, su quello attuale del commercio internazionale che hanno ciclicamente investito il mercato globale. In pratica, mentre nel ’98 l’Erario di Pechino incassava una somma inferiore ai 100 miliardi di euro, grazie alla corsa rapida dell’economia e all’afflusso record degli investimenti esteri nel corso di un quinquennio la taglia del Fisco cinese si è raddoppiata, carezzando i 200 miliardi di euro nel 2003 fino ad arrestarsi sulla soglia dei 318 miliardi di euro nel 2005. Questo dato, che costituisce oramai un numero contabile definitivo, è stato confermato e diffuso la settimana scorsa da diverse fonti ufficiali, inclusa l’Amministrazione tributaria centrale. In particolare, scendendo nel dettaglio, è risultata l’Iva l’imposta che l’anno passato ha regalato più soddisfazione al Fisco cinese riconducendo nelle casse dell’Erario ben 68 miliardi di euro. La palma d’argento spetta invece alle molteplici tasse e alle tariffe connesse ai volumi dei beni e dei servizi importati che, sempre nel medesimo periodo, hanno rovesciato sui conti cinesi ben 50 miliardi di euro.
 
Il balzo in avanti nella riscossione delle imposte
Peraltro, la stima relativa ai prossimi anni, ovvero fino al 2010, nonostante riduca la crescita media delle entrate fiscali ad un più modesto 13 per cento, legato ad una corsa del Pil intorno all’8 per cento, prevede un ulteriore balzo in avanti del gettito originato dalla riscossione delle imposte nazionali che, quindi, entro 4 anni potrebbe oltrepassare la cifra, impensabile un decennio fa, dei 500 miliardi di euro. Insomma, la Cina, almeno sul versante fiscale e su quello relativo alla contabilità interna, sembra oramai prossima al compimento del mitico balzo in avanti.



Andamento delle entrate fiscali cinesi nel periodo 1998-2005.
**Per 2010 si tratta di una stima di medio periodo.
***Per il 2006 il dato si riferisce all’incasso del primo semestre. (I numeri riportati nel grafico sono espressi in miliardi di euro).
Fonte: Amministrazione tributaria cinese, CISS, China.org.


Nel 2006 già incassati 180 miliardi di euro
In linea con i trend passati, anche i primi sei mesi dell’anno in corso hanno visto correre le entrate fiscali che sono aumentate del 20 per cento rispetto al gettito registrato nel medesimo periodo del 2005, arrestandosi intorno ai 180 miliardi di euro, in pratica la metà esatta di quanto incassato dall’Erario italiano lo scorso anno. In particolare, la spinta maggiore è da mettere in relazione alla salute esibita dai bilanci delle società che nel primo semestre del 2006 hanno visto un sensibile miglioramento dei ricavi iscritti e dichiarati al Fisco. Ottima anche la performance dell’Iva e, come da consuetudine, quella delle tariffe e dei dazi doganali legati all’importazione di beni e servizi.

Gettito dell’Iva, dei dazi e delle tariffe doganali raffrontato con il totale delle entrate tributarie registrato nel 2005.
Fonte: Amministrazione tributaria cinese.
(i valori riportati nel grafico sono espressi in miliardi di euro).


Il rapporto tra entrate e prodotto interno lordo
Per quanto riguarda invece il rapporto tra le entrate tributarie e il Pil, che nel corso degli anni si è oramai trasformato in una sorta di barometro internazionale che segna l’irreprensibilità, la muscolarità e la temperatura fiscale di un Paese, si segnala che in Cina è fermo al 20 per cento, e questo nonostante la corsa inarrestabile del gettito di imposte e tasse. In realtà l’economia sembra quindi crescere con un passo maggiore rispetto a quello dell’Erario. Ad ogni modo, in termini freddi di rapporto tra entrate e Pil, Pechino si colloca nella posizione migliore di un eventuale graduatoria. Infatti mentre nell’Unione Europea la relazione tra le due variabili è ferma in media al 39,3 per cento, nei Paesi Ocse al 36,3, nei Paesi cosiddetti emergenti al 29 per cento, negli Usa e in Giappone al 26 per cento, in Cina si deve scendere fino al 20 per cento, un valore piuttosto modesto che spingerebbe il Dragone cinese all’interno dei confini dei Paradisi fiscali, o meglio, dei quasi Paradisi.


Il rapporto tra Entrate tributarie e Pil in Cina, Usa, Giappone, Paesi emergenti, Ocse e Ue. In questi ultimi tre blocchi è considerata la media.
Fonte: Amministrazione tributaria cinese, Commissione europea, Ocse.
(i dati riportati nel grafico sono espressi in valori percentuali).

Origine e geografia delle entrate tributarie del Dragone
Disaggregando il gettito complessivo delle imposte e delle tasse incassate dall’Erario nel corso del 2005, le fonti ufficiali indicano nella crescita dell’imposizione indiretta, ovvero, dell’Iva e dei tributi applicati sui consumi e sulle vendite, il motore principale all’origine della corsa da primato del gettito annuale dell’Erario. In pratica, degli oltre 60 miliardi di euro di maggiori entrate registrate l’anno passato, almeno 30 miliardi sono riconducibili al boom parallelo dei consumi interni e dei servizi. Più modesto invece, soltanto 20 miliardi, l’incremento legato al gettito dell’imposta sui profitti delle imprese. Naturalmente, piuttosto significativo è il divario di cassa relativo al quantum delle imposte riscosse nelle diverse aree geografiche del Paese. Infatti, mentre le tasse che scivolano dalle tasche e dai bilanci dei contribuenti individuali e delle società che risiedono e operano nelle regioni più ricche della Cina, quelle che guardano verso Oriente, costituiscono ben il 70 per cento del gettito complessivo, circa 210 miliardi di euro, le entrate fiscali che piovono dalla parte più povera del Paese che occupa il settore occidentale non superano un più modesto 14 per cento del totale, meno di 40 miliardi. Le aree centrali della Cina invece contribuiscono al 16 per cento delle somme incassate dal Fisco di Pechino, quindi soltanto 50 miliardi di euro. Insomma, il Paese sembra seriamente squilibrato, tra Oriente ricco, e il resto del Pianeta-Cina ancora povero, almeno se si usa la lente contabile offerta dal gettito delle imposte e delle tasse ripartito per aree geografiche. In realtà, è semplicemente una conferma di un gap reale che, in questo caso, ci regalano le moltitudini numeriche della finanza pubblica del Dragone.

Anche le imposte di fonte estera corrono.
Sono diverse centinaia di migliaia le società e gli operatori economici che da diversi anni operano in maniera stabile sul mercato cinese. Anche questi soggetti, soprattutto nell’ultimo biennio, hanno iniziato a contribuire in modo significativo alla crescita della finanza pubblica del Paese. Infatti, nel 2005, il gettito delle imposte e dei tributi di fonte estera, per esempio, quelli legati ai profitti delle foreign funded firms o agli stipendi ed ai salari, ed anche agli affitti, distribuiti da operatori stranieri, hanno decisamente oltrepassato la soglia dei 50 miliardi di euro. Questo significa che, nonostante la corsa parallela dell’evasione, le aziende transnazionali e i capitali esteri sono oramai strategicamente decisivi per il sostegno ed il prolungarsi della crescita dell’economia cinese. Forse, è proprio per questa ragione che le autorità di Pechino hanno deciso di congelare interventi eventuali, progettati l’anno passato, relativi all’equiparazione delle aziende estere a quelle nazionali in relazione al trattamento fiscale che, ancor oggi, appare eccezionalmente favorevole nei riguardi delle imprese straniere e fortemente discriminante rispetto agli operatori economici domestici.
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/dal-mondo/articolo/lunga-marcia-del-fisco-cinese-2