
Ma non basta la buona performance di un indice economico per disegnare il profilo di un Paese.
Le fragilità di una economia di frontiera
E' sufficiente viaggiare lungo la frontiera con gli Stati Uniti per cogliere le potenzialità ma anche i limiti di un modello industriale nazionale che, nell’era della globalizzazione, mantiene ancora i tratti arcaici di un’economia di frontiera, debole nei suoi fondamentali e fatalmente legata agli andamenti, talvolta imprevedibili e bizzarri, di variabili esterne difficili da orientare.
Le contraddizioni del sistema Paese
Le migliaia di capannoni, le cosiddette maquiladora, che da anni ridisegnano il confine commerciale tra la locomotiva statunitense e il trenino messicano, simbolo oramai della fuga verso il Nord ricco del sistema economico del Paese (un tempo vicino ai modelli dove era invece il pubblico a prevalere sul privato n.d.r.), esprimono con rigorosa esemplarità il paradosso attuale dell’economia messicana. I capannoni infatti si moltiplicano ma nessun prodotto "made in Mexico" esce dalle loro catene di montaggio e i messicani continuano a emigrare negli States, dove hanno superato quota 30 milioni, in cerca di un futuro che il Paese non sembra poter garantire.
Il business della componentistica
In questo contesto, la lunga striscia delle maquiladora costituisce soltanto un susseguirsi di aziende che hanno una funzione: assemblare i componenti importati dagli Usa e riesportare i prodotti finiti sull’immenso mercato nord-americano. Si tratta di un business proficuo soprattutto per le grandi multinazionali statunitensi che scaricano sui capannoni messicani oltre confine e sulla manodopera a basso costo che li popola il compito di assemblare i pezzi e porre mano al prodotto finito che, in tal modo, è pronto per essere rivenduto sul mercato. Naturalmente, il guadagno sicuro delle aziende Usa è garantito dall’esistenza del Nafta (North American Free Trade Agreement) che taglia i costi che, altrimenti, finirebbero per gravare sull’esportazione dei componenti verso il Messico e sulla successiva riesportazione, ma dei prodotti finiti, verso gli States. Insomma per i messicani si tratta di un gioco mai completamente a somma positiva.
Le ragioni di dieci anni di crescita
Nonostante i deficit evidenti, originati dal prevalere di un modello produttivo ancora legato al fascino e al richiamo della frontiera, il Messico ha continuato a muoversi con un buon passo nel gruppo dei Paesi emergenti, soprattutto negli ultimi dieci anni. Secondo gli esperti due sono le ragioni principali di tale positivo andamento. Innanzitutto l’adesione al Nafta, che risale esattamente al 1993, e che ha contribuito a inserire stabilmente il Messico all’interno di un mercato tra i più ricchi e solidi del Pianeta. In secondo luogo, la debolezza strutturale del pesos, ovvero della moneta nazionale, che ha aiutato il Paese a superare con disinvoltura le crisi argentina e brasiliana di fine secolo. In realtà, sostengono gli analisti, decisivo si è rivelato l’ingresso nel Nafta. Negli ultimi 11 anni, infatti, il valore del commercio con l’estero, ovvero la somma complessiva dell’import e dell’export, è praticamente triplicata, transitando da meno di 100 miliardi di dollari nel 1994 a circa 300 nel 2004.

Andamento degli investimenti esteri diretti. Per il periodo 1985-1995 il dato esprime una media. I valori riportati in tabella sono espressi in miliardi di dollari (Fonte: Unctad-Wir 2004)
Il medesimo trend si può osservare con riferimento agli investimenti esteri diretti che, nello stesso periodo, sono triplicati, passando da una media di 5 miliardi di dollari l’anno a quella attuale di oltre 16 miliardi. Con l’accensione dei due motori degli FDI (Foreign Direct Investments) e del commercio con l’estero, soprattutto in direzione nord-americana, anche il reddito pro-capite dei messicani, oggi superiore a 6 mila dollari l’anno, ha fatto registrare un balzo cospicuo. In pratica, considerando tali indicatori, i risultati messi a segno dall’economia messicana hanno superato in maniera significativa quelli di rivali storici come Brasile, Argentina e Cile che oggi restano indietro, prigionieri della palude latino-americana, mentre il Messico riguadagna posizioni orientando la bussola dell’economia nazionale verso Nord. Eppure, nonostante i numeri diano ragione ai sostenitori del Nafta, i messicani non sembrano affatto convinti. Soltanto un terzo si dichiara a favore dell’accordo, un altro terzo è decisamente schierato contro, mentre la parte restante del Paese semplicemente se ne disinteressa. Del resto i vantaggi del Nafta, ripetono gli oppositori, finiscono nella contabilità delle grandi aziende transnazionali statunitensi piuttosto che nelle tasche dei cittadini messicani.

Crescita delle esportazioni e delle importazioni messicane all'interno dell'area Nafta.
** Per il 2004 si tratta di stime. I valori in tabella sono espressi in miliardi di $ (Fonti: Fmi, Ocse)
La sfida del fisco
Una partita decisiva si gioca invece sul versante del sistema tributario. Infatti, soltanto una riforma radicale delle regole del fisco potrebbe garantire al Messico la trasformazione dei successi economici in miglioramenti concreti degli standard di vita della popolazione. Le entrate fiscali assicurano risorse modeste all’erario, pari in media al 20 per cento del Pil, mentre nei Paesi Ocse il valore mediano è di circa il 37 per cento. La pessima performance dell’Amministrazione tributaria nel riscuotere le imposte federali, originata da un mix di norme complesse, di corruzione dilagante e, naturalmente, dall’immancabile peso del sommerso sui conti pubblici, aumenta così la dipendenza storica delle entrate messicane dai proventi del petrolio che, negli ultimi trent’anni, ha costituito una quota del gettito oscillante tra il 25 e il 50 per cento del totale. Si tratta di una dipendenza eccessiva e pericolosa capace di esporre il Paese alla caratteristica altalena del mercato del greggio. Una riforma del fisco potrebbe invece garantire una quota maggiore di risorse da dedicare al capitolo del Welfare nazionale e, nel contempo, allentare l’abbraccio soffocante del petrolio sull’economia nazionale. Insomma, dal commercio al fisco, dalle liberalizzazioni agli stili di vita, il Messico guarda a Nord ma, in mancanza di trasformazioni concrete del tessuto amministrativo e di riforme strutturali di taglia significativa, rischia davvero di risvegliarsi a Sud.