Il peso della progressività fiscale
La progressività fiscale è uno degli strumenti per garantire una crescita più inclusiva e diversi Paesi rivelano preferenze che differiscono per quanto riguarda le modalità di utilizzo. Nella valutazione degli effetti dell’integrazione economica globale sulle disuguaglianze, sottolinea il Rapporto, è necessario calcolare quali conseguenze abbia avuto nei vari Paesi la progressività fiscale. In alcuni Stati membri, ad esempio, i redditi medi reali non crescono da almeno 20 anni. Il 10% più ricco della popolazione guadagna ora quasi 10 volte paragonato al 10% più povero, rispetto alle 7 volte del 1980. E la ricchezza è ancor più concentrata: l'1% delle famiglie più ricche nei Paesi Ocse detiene circa il 18% della ricchezza totale delle famiglie, mentre il 60% al livello più basso possiede solo il 13%.
L’evoluzione dei sistemi fiscali
I cambiamenti nei sistemi fiscali nei Paesi dell'Ocse negli ultimi decenni, anche se di sicuro guidati non soltanto da pressioni derivanti dalla globalizzazione, hanno favorito in generale l’aumento dei redditi più alti. Negli ultimi 30 anni tra i Paesi dell'Ocse è stato poi registrato un calo marcato dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Questo è stato accompagnato in alcuni Paesi dall’ampliamento della base imponibile per compensare le aliquote più basse. La media non ponderata dell’aliquota massima dell'Irpef nei Paesi dell’Ocse è scesa dal 67% del 1981, al 49% del 1994 e al 41% del 2009. Tuttavia, il calo dell'aliquota marginale massima Irpef non è stato uniforme nei vari Paesi (tabella 1 pag. 34 Rapporto). In alcuni gran parte di questa riduzione si è verificata negli anni '80, ma in altri, è il caso di Francia e la Germania, i governi hanno fatto riduzioni più modeste e graduali. I Paesi che hanno effettuato tagli maggiori hanno visto anche maggiori incrementi nelle quote dei maggiori redditi, anche se la relazione causale non è ancora chiara.
Il ruolo della globalizzazione tra luci e ombre
Secondo il Rapporto i processi di globalizzazione e cambiamento tecnologico hanno contribuito a sollevare centinaia di milioni di persone dalla povertà e hanno prodotto sensibili progressi trasformativi all’interno delle nostre società. Tuttavia, il Rapporto riconosce anche le carenze causate, che spiegano l'attuale malcontento: notevoli segmenti di società sono svantaggiati, molti si sentono lasciati indietro e una maggioranza percepisce il sistema come manipolato a favore dei potentati economici.
Non è tutta colpa della globalizzazione
Il documento sottolinea poi che la globalizzazione non è responsabile di tutti questi problemi, ma identifica meccanismi specifici con i quali può aver contribuito ad alimentare il malcontento economico e sociale in molti dei nostri Paesi: dalla stagnazione al deterioramento dei livelli di vita, dal crollo della quota di reddito nazionale da lavoro alla perdita di progressività nei sistemi fiscali, al degrado locale e alla disuguaglianza regionale, la predominanza delle imprese leader in alcuni settori e la crescente finanziarizzazione delle nostre economie.
Quattro le raccomandazioni dell’Ocse
Nel documento l’Ocse, dopo aver individuato le cause, si preoccupa di fornire alcuni suggerimenti per fare in modo che la globalizzazione possa rappresentare una opportunità e non un rischio per la crescita. In particolare sono quattro le raccomandazioni individuate:
- l’impostazione metodologica “prima la crescita, poi la distribuzione” dovrebbe essere sostituita da un nuovo orientamento in grado di coniugare la crescita e l’inclusività. In questo contesto deve essere posta una adeguata attenzione alle richieste della comunità ed evitare che la globalizzazione sia vissuta come un peso in assenza di adeguate misure di protezione sociale;
- devono trovare adeguata attuazione politiche più attive sul mercato del lavoro, con sistemi fiscali progressivi, strategie per le piccole e medie imprese, una consolidata diffusione delle nuove tecnologie con una crescita delle competenze individuali e una adeguata integrazione dei fenomeni migratori;
- porre una maggiore attenzione alle "aree geografiche di malcontento" e alle politiche di sviluppo regionale al di là di una semplice azione redistributiva sfruttando i vantaggi che la globalizzazione comporta;
- promuovere l'impegno per una collaborazione multilaterale in grado di favorire una globalizzazione più trasparente e vantaggiosa per tutti. Occorrono per questo, ricorda l’Ocse, standard internazionali solidi per promuovere le migliori pratiche e una migliore governance politica ed economica del fenomeno con meccanismi di collaborazione internazionale.