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Dal mondo

Ocse: non solo Panama tra i Paesi
fuori dagli standard minimi

L’intervento delinea i contorni di una realtà che annovera anche altri Stati tra i protagonisti in negativo

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A tre giorni dall’incendio virale provocato dai “PanamaPapers”, anche l’Ocse decide di dire la sua sul caso che sta scuotendo non soltanto Russia, Regno Unito e Islanda ma, nelle ultime ore, anche la Cina. Riguardo l’intervento dell’Organizzazione parigina, diffuso in queste ore con tanto di ufficialità, la posizione si può riassumere in tre domande.

Non c’è solo Panama, secondo l’Ocse - La prima: l’unicità di Panama è reale o è solo la punta di un iceberg? Insomma, ci sono altre giurisdizioni che rischiano di porre, o già pongono, simili criticità? La risposta dell’Ocse è tranchant. Infatti, sulla scorta di oltre 200 approfondimenti e revisioni, fase 1 e 2, condotte negli ultimi 7 anni, il Global Forum risulta aver individuato una serie di Paesi e giurisdizioni il cui quadro giuridico e normativo per lo scambio di informazioni, sempre che in essere, cioè esistente, è ancora ben distante dagli standard internazionali minimi richiesti. Tra questi, l’elenco dell’Ocse include il Guatemala, Kazakistan, Libano, Liberia, Micronesia, Nauru, Vanuatu, Trinidad e Tobago. Ma non è tutto. Infatti, sempre secondo i rilievi mossi dall’Organizzazione parigina, è chiaro che ci sono altre giurisdizioni dove comunque persiste una assenza cronica di informazioni sulla titolarità effettiva delle entità aziendali, ciò che facilità il transito di flussi illeciti considerevoli, non solo evasione fiscale.

Perché Panama rappresenta un passaggio decisivo? – Il secondo punto trattato dall’Ocse interessa la vicenda in sé, il suo significato reale. In pratica, sempre secondo il Think Tank parigino, le carte di Panama descrivono in dettaglio come alcuni Paesi si rifiutino ancor oggi di conformarsi agli standard internazionali monitorati dal Forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni ai fini fiscali perseguendo un unico obiettivo: facilitare l'uso dei centri finanziari offshore per nascondere fondi, privando così i governi delle entrate fiscali necessarie per le loro economie. I “PanamaPapers” hanno rivelato il livello di rischio che determinate giurisdizioni possono oggi rappresentare se poste al di fuori d’una rete ampia di monitoraggio.

Non è vero che l’Ocse ha riconosciuto i passi avanti compiuti di recente da Panama – L’ultimo punto trattato dall’Ocse riguarda l’accettazione positiva espressa dall’Organizzazione nei confronti delle riforme, in verità timide, avviate dalle autorità panamensi nel corso del biennio passato. L’Ocse rifiuta una simile lettura, anzi, la smentisce in modo netto. In particolare, ricorda come nel 2009, quando l'obiettivo iniziale del Global Forum era di raggiungere un accordo internazionale sullo scambio di informazioni su richiesta, la maggior parte dei Paesi e delle giurisdizioni si sono affrettati a salire a bordo, mentre alcuni, tra cui specificamente Panama, erano, e sono rimasti, radicalmente riluttanti ad assumere impegni o andare avanti insieme al resto della comunità internazionale. Alla fine d’un confronto anche piuttosto duro, e dopo molti anni di resistenza, Panama ha acconsentito di aggiornare la legislazione nazionale nel 2015. Un piccolo passo avanti sì, che avrebbe dovuto però fornire la base normativa di riferimento, la piattaforma tecnica, su cui impegnarsi nella fase del processo di revisione che valuta se un efficace scambio di informazioni è effettivamente in atto e, soprattutto, se le legislazioni nazionali lo consentono sotto il profilo delle norme in vigore. Alla luce di queste dinamiche, ad oggi, come mostrano i dati diffusi in questi giorni, Panama rimane ben dietro la maggior parte degli altri centri finanziari internazionali comparabili. Opinione questa già ampiamente esplicitata in tutte le sedi dall’Ocse stessa nei mesi e negli anni passati.

Le Bermuda, le Cayman, in molti hanno detto sì, eccetto Panama - Per spingere in avanti l'agenda della trasparenza, il G20 ha identificato lo scambio automatico di informazioni come un nuovo standard internazionale nel 2014, e quasi 100 Paesi e giurisdizioni hanno già concordato di attuarlo e aderirvi entro i prossimi due anni. Mentre quasi tutte le piazze finanziarie internazionali, tra cui Bermuda, Isole Cayman, Hong Kong, Jersey, Singapore e Svizzera hanno deciso di farlo, Panama ha finora rifiutato di rendere lo stesso impegno. Come parte della lotta in corso contro l’opacità del settore finanziario, l'Ocse continuerà a monitorare lo stato normativo ed effettivo di Panama in merito all’impegno ad applicare gli standard internazionali oramai comunemente accettati e, allo stesso tempo, segnalerà alla comunità internazionale eventuali gap o ritardi, non solo relativi al caso panamense.
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