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Dal mondo

Ocse: il rischio di stagnazione
evitabile con le riforme strutturali

È una delle indicazioni di rilievo contenuta nel Rapporto economico semestrale che esamina anche l’eurozona

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“I rischi finanziari rimangono ancora alti e la volatilità dei mercati potrebbe incrementare. In aumento anche il rischio di stagnazione nell’eurozona. Gli Stati devono avviare riforme strutturali e interventi mirati in campo monetario e fiscale per gestire questi rischi e supportare la crescita”. Con queste parole il Segretario generale dell’Ocse, Angel Gurrìa, ha presentato l’Economic Outlook semestrale, pubblicato dall’Organizzazione con sede a Parigi nei giorni scorsi. Le stime elaborate dall’Ocse non sono sicuramente ottimistiche: secondo lo studio, infatti, la crescita del Pil globale si attesta al 3,3% nel 2014, al 3,7% nel 2014 e 3,9% nel 2016. Numeri modesti, sottolinea il report, se paragonati ai livelli del periodo pre-crisi.
 
Dal Rapporto una indicazione strategica
Riforma del fisco, maggiori investimenti nel mercato del lavoro, sostegno più ampio a occupazione e consumi, queste le linee guida a livello globale indicate dal report. Più nel dettaglio, lo studio dell’Ocse evidenzia i rischi delle diverse economie: debolezza della domanda e alto tasso di disoccupazione nell’Eurozona, elevati livelli di debito presenti sia in alcuni Paesi ad economia avanzata (tra cui l’Italia), sia in alcuni emergenti e che rappresentano una minaccia alla stabilità finanziaria. 
 
Uno sguardo alle singole aree economiche
Per quanto riguarda i Paesi ad economia avanzata, crescono bene gli Stati Uniti, con un più 2,2% nel 2014, più 3% sia nel 2015 che nel 2016. Trend positivo anche per la Gran Bretagna. Più modesta la crescita nell’Eurozona, con 0,8% nel 2014, 1,1% nel 2015 e 1,7% nel 2016. Ancora più bassa la crescita in Giappone con un 0,9% in 2014, 1,1% in 2015 e 0,8% nel 2016.
Sul fronte delle cosiddette economie emergenti, è la Cina a fare un balzo in avanti, con un più 7% nel biennio 2015-2016 e del 7,4% nel 2014, seguita dall’India che segna un più 5,4% nel 2014, 6,4% nel 2015 e 6.6% nel 2016. Anche Sud Africa e Indonesia presentano trend di crescita positivi, mentre rimane debole la ripresa economica in Russia e Brasile.
Per quanto riguarda la politica fiscale, secondo l’Ocse le soluzioni dipendono dallo stato delle finanze pubbliche dei singoli Stati. Il Giappone dovrebbe ridurre il suo alto debito pubblico, mentre l’Eurozona dovrebbe continuare a rallentare il ritmo del consolidamento fiscale. Gli Stati Uniti, invece, dovrebbero trovare fondi adeguati per finanziare l’aumento della spesa pubblica con cui il Governo è riuscito a stimolare la domanda interna.
 
Uno sguardo al Belpaese
Secondo le stime formulate dall’Ocse, l’economia italiana dovrebbe ritornare a crescere dalla seconda metà del 2015, con maggiore sprint nel 2016. L’anno prossimo, il Pil nostrano dovrebbe aumentare dello 0,2% e nel 2016 dell’1%. Contribuiscono alla ripresa una serie di fattori concomitanti: la politica monetaria di supporto della Banca centrale europea ha incentivato la concessioni di crediti da parte delle banche, con conseguente aumento degli investimenti. Anche l’aumento delle esportazioni funge da stimolo alla crescita, mentre l’impatto della politica fiscale sarà modesto nel 2015, perché i tagli fiscali sono controbilanciati dalla riduzione della spesa pubblica. Per il problema strutturale della disoccupazione italiana non si intravede una soluzione nel breve termine: il numero dei non occupati diminuirà leggermente passando dal 12,3% del 2015 al 12,1% del 2016 ma rimarrà comunque molto alto. L’Ocse punta i riflettori anche sul  livello elevato del debito pubblico, sottolineando come il previsto aumento delle entrate tributarie debba essere interamente destinato alla riduzione del deficit. L’Economic Outlook esprime un giudizio positivo su quanto avviato negli ultimi tempi dal Governo italiano sul fronte delle riforme strutturali, ma evidenzia come la strada sia ancora in salita.
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