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Dal mondo

Ocse: sette Paesi sotto la lente
d’ingrandimento per la fiscalità

Pubblicato un Rapporto che analizza in dettaglio l’evoluzione del sistema tributario negli ultimi quindici anni

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Nel 2015, l’anno più recente preso in considerazione dal Rapporto Ocse, la pressione fiscale dei sette Paesi asiatici spazia dall’11,8% dell’Indonesia al 32% del Giappone, che vanta il livello più alto, più basso comunque della media degli Stati  Ocse, che si attesta al 34.3%. Nel 2015 la pressione fiscale diminuisce per il terzo anno consecutivo in Indonesia, Malesia e soprattutto in Kazakhstan. Segno meno anche per Singapore, dove, però, rimane a un livello comunque più elevato del 2013. La flessione è dovuta principalmente alla diminuzione delle entrate provenienti da imposte societarie, accise, dazi doganali e balzelli su importazioni.
 
La pressione fiscale in aumento costante
Un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti: dal 2000, infatti, la pressione fiscale era aumentata costantemente per cinque dei Paesi analizzati, grazie alle riforme attuate per modernizzare l’Amministrazione e il sistema tributario. L’incremento, tra il 2000 e il 2015, è stato più contenuto in Malesia, con lo 0,7%, e ha avuto il picco più elevato in Corea, con il 3.8%.
Il report Ocse evidenzia, inoltre, come il livello della pressione fiscale sia stato condizionato anche da fattori più ampi, di carattere macroeconomico. La crescita nei setti Stati asiatici nel corso del 2015 è stata, infatti, abbastanza moderata, anche a causa della flessione subita dalla Cina e della lenta ripresa delle economie dei Paesi avanzati.
 
Le entrate ai raggi x
Lo studio Ocse entra più nel dettaglio, analizzando anche la composizione delle entrate tributarie nazionali. La quota preponderante degli introiti proviene dalla tassazione sulle imprese, mentre rimangono più contenute le entrate contributive e quelle derivanti dall’imposta sul valore aggiunto. Ad esempio, in Malesia tasse su redditi e profitti rappresentano il 59,6 % del totale, tra il 40 e 45% negli altri Paesi asiatici, in Kazakistan il 38.8%. Giappone e Corea, invece, presentano una composizione differente, maggiormente in linea con i Paesi dell’area Ocse e dell’America latina.
Per quanto riguarda l’Iva, lo studio mette in evidenza che la quota proveniente dall’imposta sul totale delle entrate sia meno consistente rispetto alla media Ocse del 20.1% (eccetto che per l’Indonesia). Ciò principalmente è dovuto al fatto che le aliquote dell’imposta sono molto basse (ad esempio, in Giappone è il 12.2%  e a Singapore è il 18.65%).
 
Il Fisco telematico
Il Rapporto dedica un capitolo alle opportunità offerte dall’Information e communication technologies per modernizzare l’Amministrazione fiscale, soffermandosi soprattutto sull’invio telematico delle dichiarazioni dei redditi e sui pagamenti elettronici. In questa sezione, i Paesi esaminati aumentano (rientrano nell’analisi anche Cina, Hong Kong, Brunei, Cambogia, Maldive, Papa Nuova Guinea, Kirghizistan, Maldive, Tagikistan e Thailandia).
Singapore e Filippine risultano pionieri in questo settore. L’Amministrazione singaporiana vanta i servizi telematici più efficienti dell’area asiatica e i numeri parlano chiaro: la percentuale delle piccole aziende che ha inviato la dichiarazione online dal 2012 al 2014 è quasi raddoppiata, passando dal 22 al 41%. Le Filippine, invece, a fronte di un sistema di pagamenti elettronici molto avanzato, introdotto nel 2001, presentano un livello molto basso di utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei contribuenti. A risultare tra i più progrediti è anche il Kazakhstan, con il 95% delle dichiarazioni inviate online.
 
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