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Ocse: sì alla fattoria,
no alla casa del dipendente

L’organizzazione parigina ha pubblicato alcune proposte e una serie di interventi sulla stabile organizzazione

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Un recente paper pubblicato dall’organizzazione con sede a Parigi contiene alcune proposte di integrazioni e modifiche all’articolo 5 del Commentario al Modello di convenzione Ocse e relativo alla stabile organizzazione. Esaminiamo le principali modifiche proposte.
 
La fattoria (o allevamento) come stabile organizzazione
La prima questione affrontata dalla bozza di modifica al Commentario Ocse è la possibilità che una fattoria, o un allevamento, possa configurare la stabile organizzazione. Il dubbio nasce dal fatto che il reddito delle attività agricole è disciplinato dall’articolo 6 del Modello Ocse. In particolare, l’articolo 6 paragrafo 1 stabilisce che “I redditi derivanti da beni immobili, compresi i redditi delle attività agricole o forestali, sono imponibili nello Stato contraente in cui i detti beni sono situati.”
I redditi dell’attività agricola sono quindi tassati nel Paese in cui si svolge tale attività; se, tuttavia, l’imprenditore è fiscalmente residente in un altro Stato contraente, i redditi saranno tassati anche in tale Stato. Nel disposto convenzionale manca, infatti, l’avverbio “soltanto” che determina la potestà impositiva esclusiva di uno Stato (sono imponibili “soltanto” nello Stato contraente). Lo Stato di residenza del soggetto concederà quindi un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero.
 
La proposta di modifica
La bozza di modifica al Commentario si interroga sulla possibilità che le attività agricole, svolte nell’altro Stato contraente, configurino una stabile organizzazione in tale Stato e propone di aggiungere il seguente paragrafo (paragrafo n.3.1 ) al Commentario OCSE:
“l’individuazione o meno di una stabile organizzazione nell’altro Stato contraente deve essere fatta indipendentemente dagli articoli della Convenzione che si applicano agli utili generati dall’impresa.
Per esempio, una fattoria situata in uno Stato contraente e gestita da un residente dell’altro Stato contraente può costituire una stabile organizzazione, indipendentemente dal fatto che gli utili attribuibili alla stabile organizzazione costituiscono redditi di beni immobili di cui all’articolo 6”.
In sostanza, “whilst Article 6 applies to income from a farm, nothing seems to prevent a farm from being a permanent establishment under the definition of Article 5.”
Di conseguenza, indipendentemente dalle modalità di determinazione del reddito, una fattoria può sicuramente configurare una stabile organizzazione.
 
Il significato di “a disposal of” (a disposizione di)
Nel recente lavoro dell’Ocse si ricorda come i paragrafi dal 4 al 4.2 del Commentario all’articolo 5 affermano che una sede di attività può costituire una stabile organizzazione di un'impresa, qualora quest’ultima sia a disposizione dell’impresa stessa. Si evidenzia, tuttavia, come nel Commentario non sia spiegato in modo chiaro e preciso il concetto di “a disposizione dell’impresa”. 
Si suggerisce quindi di integrare il Commentario OCSE per chiarire il concetto in esame. In particolare, la proposta prevede che la locuzione “a disposizione di” implichi che l’impresa possa usufruire di un luogo nella misura e per la durata che sceglie di perseguire il proprio piano di business e le proprie attività.
Quindi, una sede può essere considerata a disposizione di un’impresa, in relazione all’entità della presenza dell’impresa in quella posizione e delle attività che essa svolge in tale sede. Inoltre si precisa che:
quando l’impresa ha un diritto (legale) esclusivo di utilizzare una sede che viene adoperata esclusivamente per l’esercizio delle attività di business, tale sede è chiaramente a disposizione dell’impresa;
nel caso in cui un’impresa svolga un’attività di business in modo continuo e regolare, nel corso di un lungo periodo di tempo, in un luogo che appartiene a un’altra impresa o che viene utilizzato da più imprese, tale sede è a disposizione dell’impresa;
diversamente, nell’ipotesi in cui la presenza dell’impresa in un luogo sia intermittente o incidentale, tale sede non può essere considerata un luogo di attività dell’impresa;
quando l’impresa non ha il diritto di essere presente in un luogo e, di fatto, non usa tale sede, il luogo in esame chiaramente non è a disposizione dell'impresa.
Così, per esempio, non si può ritenere che un impianto che appartiene ed è utilizzato esclusivamente da un fornitore o un contract-manufacturer sia a disposizione di un’impresa che riceve la merce prodotta in quello stabilimento, per il solo fatto che i beni saranno utilizzati nell’attività di detta impresa. 
 
Home office e stabile organizzazione
Un’ulteriore ipotesi di stabile organizzazione analizzata dall’Ocse è la seguente: un soggetto che lavora per una società residente nel paese S, per un certo periodo di tempo, deve lavorare nel paese R. Ovviamente, il dipendente acquista o prende in affitto una casa nel paese R; il soggetto lavora nell’appartamento. L’abitazione del dipendente è una stabile organizzazione della società?
Nella bozza di modifica si precisa come un “home-office” costituisce una sede a disposizione dell’impresa a seconda dei fatti e delle circostanze presenti caso per caso.
In molti casi, l’esercizio dell’attività presso l’abitazione di un individuo sarà così intermittente o incidentale che la casa non sarà considerata un luogo a disposizione dell’impresa e, di conseguenza, l’home office non configurerà una stabile organizzazione.
Si precisa tuttavia che, nell’ipotesi in cui l’ufficio nella casa del soggetto sia usato regolarmente per l’esercizio delle attività dell’impresa ed è evidente, dai fatti e dalle circostanze, che l’impresa ha richiesto all’individuo di lavorare da casa (ad esempio non fornendo un ufficio al dipendente), l’home office può essere considerato a disposizione dell’impresa.
 
Il tempo necessario affinché si realizzi, nello Stato estero, una stabile organizzazione
Un tema interessante analizzato dal recente lavoro dell’Ocse è l’individuazione del “tempo necessario” per considerare presente, nel Paese estero, la stabile organizzazione.
Il lavoro in esame evidenzia, infatti, l’incertezza relativa al periodo di tempo necessario affinché ci sia “una stabile organizzazione” nel paese estero.
Si ricorda come la stabile possa essere presente anche se l’impresa opera all’estero per un breve periodo ma non è precisato cosa si intenda per “breve periodo”. In ogni caso, l’esperienza ha dimostrato che le stabili organizzazioni non sono presenti nei casi in cui il business è svolto, nel paese estero, attraverso una sede di attività mantenuta per meno di sei mesi.
 
Il suggerimento fornito dall’Ocse
Il recente lavoro dell’OCSE afferma che il Commentario dovrebbe suggerire un periodo minimo di tempo come regola generale. Un periodo di tempo prescritto consente infatti alle aziende e alle autorità fiscali di valutare, in anticipo, se sussiste la stabile organizzazione. La bozza di modifica al Commentario Ocse, in relazione al tema in esame, analizza un caso particolare da cui potrebbe emergere l’esistenza della stabile. In particolare il riferimento è alle attività di natura ricorrente. In questi casi, infatti, ogni periodo di tempo durante il quale viene utilizzata la sede fissa di affari deve essere considerato in combinazione con il numero di volte in cui tale sede è utilizzata.
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