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Dal mondo

Le perdite su crediti esteri

La deducibilità è assoggettata agli stessi princìpi validi per le perdite registrate nei confronti di clienti residenti

Soldi
Alcune precisazioni operative sono necessarie, però, sia alla luce della normativa fiscale italiana, che richiama gli istituti vigenti nell'  ordinamento (come il concordato preventivo quale procedura concorsuale) che per la possibile applicazione di ulteriori norme del Tuir. Da molti decenni l'imprenditoria italiana ha conquistato rilevanti quote sui mercati esteri (si pensi all’abbigliamento o al settore tecnologico). I crediti nei confronti di clienti residenti all’estero fanno però sorgere problematiche complesse di solvibilità  per la diversità di ordinamento giuridico e di strumenti di tutela.
Di fronte alla difficoltà di incassare un credito l’imprenditore, alla ricerca della massima economicità ed efficacia, sia dal punto di vista civilistico che tributario, di solito procede, alternativamente: alla cessione del credito "pro soluto" a una società di factoring; a una transazione, pur di assicurarsi l’incasso di una parte del credito; in ultima istanza, alla rinuncia al credito nel caso di antieconomicità della procedura di riscossione. Non è un caso che le esportazioni, per evitare l’insolvenza del compratore estero, siano spesso subordinate al preventivo pagamento di un consistente acconto, talvolta pari alla quasi totalità del prezzo convenuto, come emerge anche dalla documentazione doganale che accompagna i beni esportati.

Il profilo tributario
Dal punto di vista del diritto tributario la deducibilità di eventuali perdite su crediti esteri rimane, in ogni modo, assoggettata ai medesimi principi validi per le perdite registrate nei confronti di clienti residenti (articolo 101 comma 5 Tuir). Sono tuttavia necessarie alcune precisazioni operative, sia alla luce della normativa fiscale italiana, che richiama gli istituti vigenti nel nostro ordinamento (quali ad esempio il concordato preventivo, in qualità di procedura concorsuale) che considerando la possibile applicazione di ulteriori norme del Tuir come l’articolo 110.

I crediti verso soggetti residenti in paradisi fiscali
Nel caso in cui il credito sia vantato nei confronti di un soggetto (impresa o professionista) residente in Stati o territori considerati "paradisi fiscali" ex articolo 110 comma 10 Tuir (e ai sensi del decreto ministeriale 23 gennaio 2002), l’eventuale emersione di un componente negativo deducibile sarà assoggettata alla verifica di cui al comma 11 dell’articolo citato. Laddove il credito risulti inesigibile in tutto o in parte, preliminarmente alla valutazione dei requisiti prescritti dalla legislazione nazionale per la sua deducibilità (la certezza e precisione di cui all’articolo 101 comma 5), deve essere verificato il rispetto dei requisiti richiesti dall’articolo 110 comma 11 Tuir. Essi, alternativamente, sono lo svolgimento di un’attività commerciale effettiva da parte del soggetto estero, ovvero la concreta esecuzione dell’operazione commerciale intercorsa e la sua rispondenza a un reale interesse economico dell’impresa residente. Di tale componente negativo dovrà essere effettuata separata indicazione nella dichiarazione dei redditi, per evitare l’irrogazione di una sanzione proporzionale all’importo non indicato, ex articolo 8 comma 3bis del decreto legislativo n. 471 del 1997. A tale proposito si rinvia, sul tema, alla prassi applicativa delle Entrate (risoluzione n. 46/E del 16 marzo 2004, circolare n. 11 del 16 febbraio 2007 par. 12.2 e 12.6) precisando che la valutazione dei requisiti sopra elencati potrà essere autonomamente effettuata dall’imprenditore, in attesa di eventuali riscontri dell’Amministrazione finanziaria, oppure preliminarmente richiesta alle Entrate con una speciale modalità di interpello ex articolo 21 legge 413 del 1991. Una volta correttamente applicato l’articolo 110 (comma 10 e seguenti) del Tuir, sarà possibile passare alla valutazione della natura della perdita.

La disciplina del Tuir
Come noto, il requisito essenziale richiesto per la deducibilità delle perdite su crediti è che esse risultino "da elementi certi e precisi". Ex lege viene stabilito che tali requisiti sono soddisfatti nel caso il debitore sia sottoposto a procedura concorsuale (articolo 101 comma 5 del Tuir). In altre fattispecie, la certezza della perdita potrà sostenersi documentando i tentativi falliti della riscossione del credito, a partire dal carteggio tra i due soggetti e dalle diffide ad adempiere, fino a ricomprendere una procedura esecutiva non andata a buon fine (ad esempio il verbale di pignoramento negativo). In buona sostanza è onere del contribuente documentare una effettiva attivazione per il recupero del credito, potenzialmente efficace ma non andata a buon fine per l’incapienza o l’irreperibilità del debitore.

I documenti di prassi
La prassi dell’Amministrazione finanziaria si è pronunciata in numerose occasioni, con riferimento, ad esempio, ai crediti non esigibili di modesto importo e, comunque, per i crediti relativamente ai quali vi sono fondate ragioni per ritenerne l’inesigibilità, evidenziando che tanto più l’importo è percentualmente elevato rispetto al proprio portafoglio, tanto più gravoso sarà l’onere probatorio in capo al contribuente (risoluzione n. 9/124 del 6 agosto 1976, circolare n. 131 del 19 luglio1978, risoluzione ministeriale n. 656 del 16 maggio 1979, risoluzione ministeriale 9/557 del 9 maggio 1980 e risoluzione n. 9/517 del 6 settembre 1990). Inoltre la dottrina ritiene, condivisibilmente, che nei casi di mancato esperimento delle procedure di adempimento forzato per la loro antieconomicità sia comunque opportuno apprestare documentazione atta a provare quale sarebbe stato il costo di tali procedure (ad es. preventivo del legale, ecc.). Riguardo alla cessione del credito pro soluto ad un prezzo inferiore al valore facciale del credito (e alla conseguente deducibilità della differenza), si evidenzia infine che la Corte di Cassazione, in numerose occasioni, ha statuito come la deducibilità in parola sia comunque subordinata alla sussistenza di precisi elementi che provino lo svolgimento di efficaci tentativi finalizzati alla riscossione (cfr. Cass. Civ. n. 13181 del 4 ottobre 2006, Cass. Civ. n. 7555 del 25 maggio 2002, Cass. Civ. sez trib. n. 5337 del 10 marzo 2006).

La disciplina nazionale applicata ai crediti esteri
Appare evidente che il concetto di procedura concorsuale, come specificato nell’articolo 101 comma 5 Tuir, per il caso dei crediti esteri dovrà essere comparato agli istituti vigenti in altri ordinamenti giuridici. Per inizio della procedura concorsuale, infatti, il comma citato identifica "la data della sentenza dichiarativa di fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi", parafrasando il disposto dell’articolo 11 del Dpr n. 42 del 4 febbraio 1988. Si noti che tra le procedure concorsuali attualmente vigenti non è più presente l’amministrazione controllata, abrogata dalla riforma della legge fallimentare (decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2006), che peraltro è attualmente sottoposta ad ulteriori ipotesi di modifica in sede legislativa.

Certezza e precisione della perdita
Con riferimento alle procedure concorsuali la circolare delle Entrate n. 39 del 10 maggio 2002 ha precisato che, specularmente, sarà "necessario verificare che il debitore estero sia assoggettato, secondo l’ordinamento del paese di appartenenza, ad una procedura concorsuale assimilabile a quelle elencate nel citato articolo 11 del Dpr n. 42/88". Analizzando in concreto la procedura c.d. "Chapter 11", vigente negli Stati Uniti, la circolare ha precisato che essa "consente generalmente al debitore di continuare la gestione delle attività e di riorganizzare l’attività d’impresa…" fino alla successiva statuizione, da parte del tribunale fallimentare, di quali debiti debbano essere rimborsati e con quali modalità. È soltanto da quel momento, evidenzia la circolare, che l’eventuale perdita possiede i requisiti di certezza e precisione. Allo stesso modo, anche un eventuale "blocco dei pagamenti verso l’estero", che ha interessato lo Stato dell’Argentina nel 2001, a causa della sua natura temporanea, non può essere considerato un elemento certo alla base della rilevazione di una perdita su crediti, "richiedendosi a tal fine un’attenta valutazione della situazione giuridica del credito e del singolo debitore". La circolare ha poi confermato il precedente orientamento espresso dalla circolare ministeriale n. 131/11/1730 del 19 luglio 1978, secondo cui una valida prova della certezza della perdita è fornita dalla "dichiarazione di sinistro" emessa dalla Sace (sezione speciale per l’assicurazione del credito all’esportazione), istituita presso l’Istituto nazionale delle assicurazioni con legge n. 227 del 29 settembre 1973; la perdita sarà dedotta al netto dell’eventuale indennizzo riconosciuto dalla Sace. Una ulteriore possibilità è, naturalmente, una statuizione di insolvibilità del debitore ottenuta dalle competenti autorità giurisdizionali degli Stati esteri.

La posizione della cassazione
Con riguardo all’esercizio di competenza del componente negativo, anche alla luce di recenti sentenze della Corte di Cassazione (ad esempio Cass. Civ. sez. trib. n. 16330 del 3 agosto 2005), appare opportuno procedere alla deduzione nel medesimo esercizio in cui si manifestano i requisiti di certezza e precisione. Nel caso all’esame della Corte le procedure esecutive infruttuose si erano concluse nell’esercizio precedente a quello in cui la perdita era stata dedotta, e tale comportamento è stato sanzionato in quanto "l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può essere soddisfatto", per evitare indebite pianificazioni fiscali.  È quindi opportuno evidenziare che, nel caso di crediti vantati all’estero, sarà cura del contribuente ottenere tempestive informazioni sull’esito dei tentativi di recupero effettuati dai propri delegati, al fine di evitare riprese a tassazione del componente negativo tardivamente dedotto in esercizi successivi, a causa di un mero ritardo di comunicazione.

Gli strumenti giuridici vigenti all’estero
Di grande rilevanza rimane la considerazione, valida per tutte le tipologie di perdite su crediti esteri, che la loro certezza e determinabilità sarà valutata in rapporto agli strumenti giuridici operanti nello Stato estero, ove assimilabili, come effetti, a quelli del nostro ordinamento. Sarà quindi opportuno che il contribuente, nel caso di istituti assimilabili alla esecuzione forzata o alle procedure concorsuali, ne documenti la natura e le affinità con quelli esistenti in Italia, procurandosi ad esempio i testi legislativi che li regolano nello Stato estero di interesse, al fine di evitare possibili contestazioni sulla mancata certezza e determinatezza della perdita.
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