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Rapporto fisco-contribuente:
se c’è certezza, tutto è più facile

In un report pubblicato a ottobre, il Ciat mette a confronto sulla compliance le regole tributarie adottate da 125 Paesi

ciat
Rendere più semplice l’approccio del contribuente con i propri adempimenti fiscali attraverso servizi efficienti, strumenti di compliance e nel complesso semplificazione delle procedure. A questo tema il Ciat (Centro Interamericano de Administraciones tributarias) ha dedicato il working paper dal titolo Making it easier: Taxpayer services, cooperative compliance and tax simplification, pubblicato a inizio ottobre, nel quale ha analizzato il grado di “certezza fiscale” offerto da 125 Stati ai propri cittadini.
Lo studio riporta la percentuale di giurisdizioni che presentano nel proprio sistema fiscale norme a tutela dei diritti dei contribuenti e strumenti legislativi atti a dirimere le questioni di incertezza interpretativa, come la cooperative compliance o i tax ruling. I dati, che per la verità sono un po’ datati, visto che si riferiscono al 2015, sono stati raccolti attraverso il progetto Isora (International survey on revenue administrations) a cui partecipano congiuntamente Fondo monetario internazionale, Iota, Ocse e lo stesso Ciat. La chiave di lettura, tuttavia, è inedita, dal momento che la scelta di introdurre determinati istituti fiscali viene correlata al grado di ricchezza pro capite dei singoli Paesi. Per esempio, i numeri portano a dire che lo strumento del tax ruling, l’accordo che un’Amministrazione finanziaria stipula con singoli contribuenti, è maggiormente diffuso in percentuale tra Stati con un reddito pro capite più alto, mentre la cooperative compliance è diffusa soprattutto tra i Paesi in cui i cittadini sono più ricchi.
 
I diritti del contribuente messi nero su bianco e lo sviluppo dei servizi elettronici
Gli Stati sono suddivisi in quattro classi differenziate a seconda del livello di reddito pro capite registrato dalla Banca Mondiale: si va dal livello di reddito più basso (21 Paesi), al medio-basso (23), medio-alto (33) e infine alto (48). La certezza fiscale viene misurata, per ciascuna classe, andando a verificare in percentuale il numero di Paesi che hanno istituito discipline fiscali specificamente orientate alla compliance. Per esempio, il 78,4% dei Paesi contempla nel proprio sistema uno statuto del contribuente e in gran parte anche degli standard ben definiti per i propri servizi (75,2%), ma molto più bassa è la percentuale delle giurisdizioni che pubblica i risultati delle proprie performance relativamente agli standard previsti: già si scende al 45,8% per i Paesi più ricchi, ma la percentuale precipita fino al 19% nei Paesi a basso reddito.
Interessante la parte relativa ai servizi online: se già nel 2015 praticamente ovunque il sito internet veniva utilizzato per veicolare le informazioni fiscali (88,88% dei Paesi considerati), ad accomunare i Paesi di ogni fascia economica, ma in senso negativo, è il dato di diffusione della fattura elettronica, che nel 2015 era stata introdotta dal 19% dei Paesi meno ricchi, il 26,1% da quelli medio-bassi, ma anche dal solo 36,4% dei Paesi a reddito medio-alto e del 27,1% dei Paesi ad high income. La forbice di differenziale si allarga invece sulle applicazioni online, che già nel 2015 risultavano molto diffuse in Paesi a Pil pro capite più alto (79,2%), ma decisamente non sviluppate altrove, in particolare tra i Paesi africani che si collocano nella classe a bassissimo reddito pro capite (19%).
 
Cooperative compliance e tax ruling inversamente diffusi
In metà del campione dei 125 Paesi è presente un qualche modello di cooperative compliance, ovvero di un canale di interlocuzione diretta tra il Fisco e grandi contribuenti per gestire in un’ottica collaborativa questioni fiscali complesse. In particolare, spicca il fatto che la cooperative compliance sia prevista da oltre due Paesi su tre tra quelli a basso reddito pro capite (66,7%), mentre è presente con meno frequenza nei sistemi fiscali dei Paesi a medio-basso (52,2%) e medio-alto (42,4%), ma anche ad high income  (58,3%). Al contrario, i tax ruling sono uno strumento diffuso in modo più cospicuo tra i Paesi a più alto reddito: pressoché tutti i 48 Paesi high income oggetto dell’analisi (89,6%) utilizzano infatti la strada dell’accordo bilaterale tra Amministrazione fiscale e contribuente per calare nella pratica le norme tributarie più complesse, anche se il ruling è presente, in ogni caso, in oltre il 70% dei Paesi anche nelle altre classi di reddito.
 
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