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Dal mondo

Regno Unito: le isole del Canale
in cerca di garanzie dopo Brexit

Jersey, Guernsey e isola di Man, chiedono di essere rappresentati nell’ambito delle trattative per l’uscita dall’Ue

isole del canale
La decisione da parte del Regno Unito di uscire dall’Unione europea, sancita con il referendum consultivo del 26 giugno, si appresta a entrare nel vivo delle procedure previste dalle regole comunitarie. E se da un lato l’Unione europea, che con il varo della Beps e l’adozione del country-by-country report toglie ossigeno alla riservatezza assoluta ed eccessivamente disinvolta dei centri offshore, distribuiti ovunque sulle carte geografiche, dall’altro le Isole del Canale, dipendenze della Corona britannica, non dormono sonni tranquilli e reclamano garanzie. Grazie a un piccolo cavillo giuridico, Jersey, Guernsey e Man, potrebbero prender anche loro posto nel corso del passaggio istituzionale, condito dalle consuete consultazioni, che si aprirà tra Londra e Bruxelles per definire tempi e modalità dell’uscita del Regno Unito dall’Unione.
 
Le isole della Corona e il tavolo dei negoziati – Quando i presidenti dei rispettivi governi delle isole della Corona britannica di Jersey, Guernsey e Man, le Isole del Canale, hanno reso pubblico il messaggio istituzionale rivolto al premier britannico, David Cameron, persino gli stessi cittadini di Sua Maestà non sono riusciti a frenare il manifestarsi d’un interrogativo, per molti ovvio: “Qual è la ragione di questa lettera? E anche se ve ne fosse una, su quale base normativa si fonda?”. In effetti, i toni del messaggio sono composti, come da cerimoniale classico, ma il contenuto è sorprendente. In pratica, i rappresentanti delle tre isole del Canale non fanno altro che reclamare un posto nel corso delle trattative. Non un rappresentante che sieda direttamente con Cameron al tavolo delle trattative, ma una serie di loro plenipotenziari ed esperti che si aggreghino ai consulenti, ai tecnici e alle diverse figure istituzionali britanniche che per il ruolo che rappresentano prenderanno parte attiva ai round delle consultazioni che, si spera a breve, seguiranno. Insomma, detto in termini diretti, anche loro vogliono dire la loro su come Londra saluterà l’Unione.
 
Il Protocollo 3 – Se qualcuno stesse pensando che Cameron liquiderà la richiesta delle isole del Canale con un banale no-comment, si sbaglia. La lettera, infatti, ha un fondamento normativo ben declinato. Si tratta del Protocollo 3, una sezione d’appendice all’interno del testo del trattato con cui Londra è, a suo tempo, entrata a far parte dell’Unione. In questa sezione, che in realtà non è altro che un micro-paragrafo rispetto al corpo dell’accordo, si fa espresso riferimento ai territori della Corona sancendo, di fatto, il beneficio del libero scambio di beni sulla base del modello comunitario. Ora, la Brexit, sostengono i rappresentanti delle tre isole del Canale, potrebbe comportare un eventuale danneggiamento anche dei loro interessi diretti, conseguentemente il Governo britannico dovrà tenerne conto, non solo informando le tre giurisdizioni delle idee, delle strategie e degli eventuali accordi che saranno avanzati, ma predisponendo anche un seggio ad hoc per un loro rappresentante che quindi sarà coinvolto direttamente, e non per vie indirette, nei negoziati.
 
Il vero dilemma: i diritti di cittadinanza – Le ragioni d’una tale presa di posizione partono dalla rimodulazione degli accordi sul libero scambio di beni. In realtà, si tratta d’un preambolo dato che la reale criticità è riconducibile ai diritti di cittadinanza e alla concezione stessa di tale istituto visto che un numero cospicuo di cittadini europei, fino a ieri non britannici, ma provenienti per esempio dalla Francia, dalla Germania, dalla Spagna ecc….hanno fissato la loro residenza proprio sulle Isole del Canale, o comunque con tali giurisdizioni intrattengono relazioni dirette. Dunque, escluso che possano sorgere problemi con cittadini britannici a seguito della Brexit, il dubbio nasce sul nuovo stato cui assoggettare, sotto il profilo normativo, eventuali residenti europei. Un dilemma non da poco se si scorrono i dati sui conti, depositi, patrimoni gestiti tramite gli uffici di consulenza e legali con sede a Jersey, Guernsey e Man con la nazionalità d’origine di queste ricchezze.
 
Cameron ha già detto sì – Comunque i territori della Corona, possono stare tranquilli, dato che il Premier Cameron ha già risposto, anche se non in modo specifico, nel corso del suo ultimo intervento alla Camera dei Comuni, nel corso del quale ha spiegato come le Isole del Canale, i Territori d’Oltremare e Gibilterra saranno ben informati, consultati e quindi, di fatto, avranno riconosciuto il loro seggio, più o meno diretto, sul tavolo dei negoziati tra Londra e Bruxelles. L’ok di Cameron era scontato, l’atteggiamento dell’Unione seguirà la stessa strada o un cammino diverso?
 
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