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Regno Unito: riflettori accesi
dell’Ue sugli aiuti di Stato

La Commissione europea ha deciso di aprire un’indagine che prende le mosse da una disposizione sulle Cfc

Immagine del Tower bridge, Londra
La Commissione europea ha aperto un’indagine su una disposizione del Fisco britannico in materia di Controlled foreign companies, con lo scopo di verificare se, all’interno del suo meccanismo, si celi una norma contraria alla disciplina Ue sugli aiuti di Stato. L’annuncio è arrivato lo scorso 26 ottobre, in una nota che ha inquadrato l’investigazione all’interno dei controlli in materia di aiuti di Stato che la Commissione effettua sulla normativa e sugli accordi fiscali degli Stati membri, ma che, di fatto, va ad aggiungere un nuovo tavolo nella complessa partita che si sta giocando in queste settimane tra Bruxelles e Londra in vista dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
 
Sotto la lente di ingrandimento, la disciplina sulle controllate estere
Al centro dell’investigazione c’è la “Group Financing Exemption”, una disposizione specifica all’interno del quadro normativo britannico dedicato alle Controlled foreign companies. In generale, la disciplina sulle Cfc prevede che, in un gruppo multinazionale, i redditi di una società estera controllata da una società con sede nel Regno Unito vengano attratti per legge in capo alla controllante e siano quindi tassati in Gran Bretagna. Come per le norme Cfc adottate da altri Paesi, lo scopo è chiaramente antielusivo, perché mira a impedire a una multinazionale di dirottare redditi in controllate offshore e di sottrarre base imponibile al fisco di Sua maestà. La Group financing exemption, introdotta nel 2013, introduce però un’eccezione: se, infatti, la società controllata offshore, fornisce un finanziamento a un’altra società estera del gruppo, gli interessi attivi sul finanziamento non saranno attratti fiscalmente sulla controllante britannica, ma resteranno in capo alla controllata, scontando quindi una minore imposizione. In sostanza, la Commissione vuole appurare se una società multinazionale con sede in Gran Bretagna giovi effettivamente di un vantaggio rispetto agli altri operatori, dal momento che attraverso una controllata può finanziare un’altra società del gruppo senza sottoporre a tassazione la remunerazione del finanziamento.
 
Quando l’aiuto di Stato si veste di abiti fiscali
Secondo quanto previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, rappresenta un aiuto di Stato qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. Tranne che in casi molto circoscritti (per esempio per le risorse destinate a riparare ai danni di calamità naturali), gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa Ue. Il vantaggio, selettivo, perché avvantaggia solo alcuni operatori a discapito degli altri, può assumere anche natura fiscale nel caso in cui una giurisdizione assicuri a una società o a gruppi di soggetti un trattamento fiscale più favorevole rispetto agli altri operatori economici, per esempio attraverso la sottoscrizione, da parte delle amministrazioni fiscali nazionali, di ruling fiscali eccessivamente favorevoli con singoli operatori economici oppure tramite disposizioni normative. Da giugno 2013, l’Antitrust Ue ha già avviato diverse indagini orientate a scoprire indebiti benefici a sfondo fiscale. In particolare, nel gennaio 2016 ha analizzato il regime impositivo previsto dalla normativa belga sugli utili in eccesso, giungendo alla conclusione che i benefici previsti avevano avvantaggiato irregolarmente almeno 35 multinazionali e richiedendo al Belgio di recuperare circa 700 milioni di euro di imposte non versate. L’altro fronte di indagine sono gli accordi di ruling fiscale, di cui l’ultimo pronunciamento in ordine di tempo è del 4 ottobre scorso, quando la Commissione ha bollato come aiuto di Stato l’accordo concluso tra Lussemburgo e il colosso del web Amazon, calcolando un indebito risparmio di imposte per la  multinazionale delle vendite online di circa 250 milioni di euro. Analoghe decisioni hanno colpito altri accordi fiscali stipulati da Lussemburgo, ma anche da Olanda, Belgio e Irlanda, tra cui la più celebre è stata senza dubbio quella che ha riguardato l’anno scorso il ruling tra Dublino e Apple, con il riconoscimento di un indebito risparmio per la società americana di 13 miliardi di euro a scapito dei concorrenti e del fisco irlandese.
 
La partita Bruxelles-Londra ha tanti tavoli da gioco
L’indagine aperta a fine ottobre aggiunge un altro motivo di confronto tra Bruxelles e Londra, nel momento in cui non esistono ancora cifre certe sulla disputa fondamentale, quella del costo della Brexit per i cittadini britannici. Le due procedure, i negoziati per l’uscita del Regno Unito, da cui scaturirà l’importo dell’assegno che la Gran Bretagna dovrà staccare per gli impegni assunti nel periodo della sua appartenenza all'Unione, e quella dell’indagine in materia di aiuti di Stato sono autonome, ma corrono parallele. Come accaduto per le altre indagini, compresa quella che ha dichiarato irregolare il regime belga sugli utili in eccesso nel 2016, se la Group financing exemption sarà dichiarata incompatibile con le norme Ue sugli aiuti di Stato, la Commissione potrà infatti richiedere alla Gran Bretagna di recuperare le somme indebitamente fruite in capo alle società beneficiarie. Su questo aspetto, la Commissione lascia poco spazio a fraintendimenti. “Finché il Regno Unito farà parte dell’Unione europea – si legge nella nota - avrà tutti i diritti e i doveri che questa appartenenza comporta”.
 
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