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Dal mondo

Rimborsi fiscali di primavera per 130 milioni di americani

Negli Stati Uniti oggi è una data importante che fa il paio con quella passata alla storia con il nome di “maggio parigino”

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E se nel 1968 le vicende transalpine hanno avuto come protagonisti studenti e operai, contrari ai valori del mercato,  in quelle americane 168 miliardi di dollari rappresentano, a distanza di quaranta anni, il punto di partenza di un “patriottismo consumistico” sostenuto dal presidente Usa ma non condiviso dagli americani. Mutano le stagioni e si susseguono gli anni, ma le agende del fisco restano invariate. E così dal noto maggio francese, anno di riferimento 1968, s’approda all’altrettanto simbolico maggio fiscale statunitense, riferimento anno d’imposta 2008. Infatti è giunto al suo traguardo naturale lo stimolo fiscale dei record, oltre 160 miliardi di dollari, predisposto e pianificato nei mesi scorsi dai responsabili dell’economia di Washington. L’iniziativa, sponsorizzata dall’attuale inquilino della Casa Bianca, George Bush, e licenziata con voto bipartisan dal Congresso, ha l’obiettivo dichiarato, anzi largamente annunciato, di stimolare la ripresa, o la tenuta ma le opinioni in merito divergono, della "locomotiva" americana, attualmente sospesa tra stagnazione e recessione. Tema anche questo al centro di estenuanti dibattiti tra esperti ed economisti. In realtà, la finalità concreta di questa pioggia di rimborsi, destinata a giorni a raggiungere le tasche e i conti correnti di ben 130 milioni di contribuenti statunitensi, inclusi i bilanci delle piccole e medie imprese, consiste nel riattivare la dinamica di spesa dei consumatori americani allo scopo di rinvigorire la domanda interna da cui dipendono i 2/3 dell’intera economia Usa. Un obiettivo questo, talmente denso di idealismo fiscal-finanziario, da suscitare attese crescenti ben oltre i confini dei conti pubblici americani. Qualora infatti, la ricetta dello stimolo fiscale made-in Washington risultasse seriamente dirimente nel riavviare la locomotiva Usa, sarebbe agevole pronosticarne una sua pronta diffusione e adozione da parte di altri Stati, molti europei, che naturalmente ne rielaborerebbero profili e contenuti adeguandoli alle diverse realtà nazionali.

I numeri del maggio fiscale da record
Si tratta, nel dettaglio, di 168 miliardi di dollari, circa 110 miliardi di euro, che nelle prossime settimane si riverseranno, secondo le previsioni dell’Amministrazione fiscale statunitense, su 100 milioni di abitazioni e di bilanci domestici americani, in forma di assegno o di deposito bancario. Ogni famiglia, ma si tratta d’una stima, ad operazione ultimata dovrebbe poter beneficiare in media d’un rimborso di oltre 1200 dollari, all’incirca 800 euro. In realtà, non tutti i contribuenti statunitensi riceveranno le somme autorizzate dal Congresso. Infatti i singoli soggetti, con redditi che oltrepassano la soglia dei 75 mila dollari l’anno, saranno di fatto esclusi dalla pioggia primaverile dei rimborsi che sta per rovesciarsi sull’economia Usa. Riguardo invece ai nuclei familiari, nel caso in cui i redditi congiunti dei coniugi superino i 150 mila dollari, nessun rimborso sarà emesso a loro favore, a meno che non abbiano minori a carico, dall’apposito ufficio dell’Irs, l’Agenzia delle Entrate statunitense, cui spetta la competenza assoluta nella definizione delle diverse somme da assegnare ai contribuenti.

Tempistica e modalità di erogazione
L’appuntamento con le prime tranche dei rimborsi fiscali è fissato per oggi 2 maggio, quando circa 8 milioni di contribuenti si vedranno recapitare sui rispettivi conti correnti bancari circa 10 miliardi di dollari. Successivamente, a partire dal 9 maggio, scatteranno i versamenti in favore dei soggetti che non avendo indicato le proprie coordinate bancarie in dichiarazione riceveranno le somme loro spettanti in forma di assegno. L’impatto diretto e automatico dello stimolo fiscale dovrebbe risolversi in una sorta di opera di persuasione nei riguardi delle famiglie statunitensi, di nuovo sospinte a riaprire i cordoni della borsa riattivando di fatto il mercato interno dei consumi. Un’ipotesi questa di scuola che, in molti tra esperti e osservatori, non ritengono praticabile, soprattutto in considerazione delle condizioni che hanno condotto il mercato globale nella sua interezza sull’orlo d’una grave crisi finanziaria, ma anche politica, che ha riaperto il capitolo della regolamentazione e della definizione dei limiti entro cui anche gli scambi monetari e patrimoniali dovrebbero essere ricondotti. Tuttavia le opinioni restano decisamente divergenti riguardo all’impatto che la pioggia di rimborsi avrà sull’economia. Mentre alcuni economisti sostengono infatti che i miliardi erogati potrebbero sospingere in avanti il Pil di oltre un punto percentuale, altri hanno invece espresso maggiore moderazione non oltrepassando, nelle loro stime, il limite d’un più modesto 0,3 per cento. In realtà, la differenza concreta tra gli esperti che si mostrano ottimisti e quelli più pessimisti è marcata dalla considerazione, che alcuni fanno, del potenziale effetto combinato dei rimborsi con il taglio, deciso dalla Federal Reserve, del costo del denaro. Le due strategie potrebbero infatti risultare decisive nel risollevare l’attuale trend economico statunitense. Dubbio questo che comunque dovrà attendere almeno due mesi per mostrarsi nelle sue dimensioni reali, ovvero contabili.

Se gli americani riscoprono l’ansia del risparmio
Ma la sorpresa maggiore emerge dalle indicazioni che i singoli contribuenti statunitensi, beneficiari dei rimborsi, hanno già provveduto a diffondere in relazione a come intendono utilizzare le somme extra che stanno per ricevere. Mentre alcuni si dichiarano in linea con il patriottismo consumistico invocato da Bush, in pratica precipitatevi a spendere la somma rimborsata nel negozio più vicino, magari acquistando un prodotto statunitense piuttosto che cinese, molti altri invece non si mostrano in sintonia con questo suggerimento, annunciando di voler stoccare il denaro che si vedranno recapitare dal fisco in Banca, trasformandolo in sicuro risparmio piuttosto che in vuoto consumo. Altri ancora vanno oltre e riconoscono di aver già impegnato il rimborso futuro sul capitolo delle rate del mutuo, o di essere legati a debiti pregressi che risultano dalla carta di credito loro intestata. Un numero crescente, in realtà simbolico, s’è detto perfino pronto, senza pensarci troppo a lungo, a indirizzare le somme sui programmi di studio dei figli, in considerazione che le spese richieste da college e università hanno oramai raggiunto livelli che richiedono la mobilitazione di quote consistenti dei bilanci e dei redditi familiari. Pochi coloro che intendono investire le somme del rimborso in viaggi e vacanze. Opinioni queste che rivelano chiaramente come sia in atto una profonda revisione delle pratiche contabili e delle convinzioni economiche che, per almeno un decennio, hanno guidato l’americano medio sul mercato globale e che oggi ne segnano un suo progressivo ritrarsi. Chissà se al termine della crisi economica attuale Mr Smith si scoprirà più vicino al Signor Rossi.
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