
Ad esempio se nel Paese A l'entità ibrida è considerata un soggetto "trasparente" ai fini fiscali e dunque il risultato reddituale è imputato alla società madre e nel Paese B invece lo stesso soggetto è considerato "non trasparente" e dunque il reddito realizzato è tassato nello Stato B possono originarsi casi di "doppia non imposizione". Nella fattispecie in oggetto se viene erogato un finanziamento da un soggetto terzo i relativi interessi passivi vengono dedotti due volte: nel Paese A in quanto il soggetto ibrido è trasparente e nel Paese B ove in presenza di un regime di tassazione consolidata il risultato reddituale delle due società viene ad essere sommato. Dunque a causa di tale asimmetria nella qualificazione di un soggetto giuridico, si verifica che, a fronte di un unico pagamento degli interessi passivi, si ha una doppia deduzione di interessi passivi nei due Paesi coinvolti. Gli strumenti ibridi Un'altra delle ipotesi richiamate nel documento della Commissione europea è quella che vede il ricorso a strumenti finanziari ibridi ossia a strumenti che coinvolgono due o più Stati esteri e che, nei singoli ordinamenti giuridici interessati, sono fiscalmente trattati in modo diverso (a titolo di esempio, un medesimo strumento può essere qualificato come capitale di prestito in uno Stato e come capitale di rischio in un altro). Schema 2

Se ad esempio la società madre investe in un titolo che è considerato similare alle azioni nel Paese A e uno strumento di debito nel Paese B, i proventi derivanti dallo stesso in capo alla società madre sono esclusi da tassazione (o parzialmente tassati) in quanto considerati dividendi. Nel Paese B la somma pagata viene invece dedotta in quanto considerata "interesse passivo" relativo ad uno strumento di debito. Gli altri quesiti oggetto della consultazione si riferiscono alla presenza di convenzioni contro le doppie imposizioni che, in taluni casi, possono generare ipotesi di doppia "non tassazione. Il richiamo al modello Ocse di convenzione L'articolo 23A del modello Ocse prevede che, per evitare la doppia imposizione, lo Stato di residenza debba riconoscere l'esenzione su una componente di reddito che, in applicazione delle previsioni del Modello Ocse, viene tassato nel Paese della fonte. Tuttavia può accadere che uno stesso reddito venga qualificato differentemente alla stregua delle due legislazioni nazionali e che sfugga alla imposizione in entrambi i paesi. Si pensi a una società di persone che svolge un'attività nello Stato E. Uno dei soci, residente nello Stato R, cede la sua partecipazione. Occorre definire in che modo il reddito derivante da tale cessione debba essere tassato. Potrebbe accadere che lo Stato E consideri la società di persone come un soggetto non trasparente e di conseguenza potrebbe ritenere che il provento non debba essere tassato nello Stato E sulla base del comma 5 dell'articolo 13 del modello Ocse. Lo Stato R, viceversa, potrebbe considerare la società di persone un soggetto trasparente e quindi ritenere applicabili il comma 1 e 2 dell'articolo 13 del Modello Ocse. Di conseguenza, ritenendo il provento tassabile nello Stato E, dovrebbe riconoscere l'esenzione in base a quanto stabilito nell'articolo 23A. Dunque nell'esempio specifico a seguito di una differente qualificazione giuridica di un soggetto giuridico da parte di due normative nazionali troverebbe una diversa applicazione il modello Ocse con la conseguenza che nessuno dei due Paesi tasserebbe il reddito. La questione del transfer price e degli APA Ulteriori aspetti esaminati afferiscono alla materia del transfer pricing, degli Advance Pricing Arrangements, alle transazioni con parti correlate residenti in Paesi a bassa fiscalità, al trattamento fiscale che in alcuni Paesi è riconosciuto al cosiddetto "passive income" (interessi attivi e royalties), alle convenzioni contro le doppie imposizioni con Paesi terzi. In generale la stessa Commissione, parallelamente alla posizione espressa in ambito Ocse, ravvede che il contrasto a fenomeni di questo tipo possa essere attuato mediante iniziative di "disclosure", in cui il contribuente comunica all'Amministrazione finanziaria il coinvolgimento in schemi di pianificazione fiscale aggressiva. Soltanto in questo modo, infatti, si può ridurre il gap di conoscenze esistente fra gli ideatori degli schemi di pianificazione fiscale aggressiva e le autorità fiscali che debbono individuarli e contrastarli. A livello internazionale molti Paesi hanno già attivato iniziative che prevedono comunicazioni obbligatorie (mandatory disclosure rules) da parte del contribuente, dei consulenti, delle banche o di altri intermediari nel caso in cui siano coinvolti in schemi che hanno determinate caratteristiche. Altri Paesi hanno optato per iniziative di disclosure volontaria o obblighi integrativi nella dichiarazione dei redditi.