Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Dal mondo

Svizzera, la robotizzazione non
mette a rischio le entrate fiscali

Berna non ravvisa criticità sul versante delle imposte e/o delle tasse, resta però un’ombra sull’effetto pensioni

robot
L’irrompere della robotizzazione nei processi di lavoro non è d’ostacolo alla crescita delle entrate fiscali, quindi non è necessaria l’introduzione di un’imposizione speciale su misura per androidi, robot ed altri congegni derivati dalle applicazioni future dell’intelligenza artificiale, AI. Almeno nell’attuale fase iniziale. In breve, questa è la conclusione a cui è giunto il rapporto concernente uno studio prospettivo che il Consiglio federale elvetico, cioè il Governo svizzero, ha adottato di recente.

Il robot sul pianeta fisco
Lo studio sull’impatto della robotizzazione nell’economia e sulla fiscalità, oltreché sul finanziamento delle assicurazioni sociali e delle pensioni future,  sostiene che la crescente digitalizzazione dei sistemi produttivi non ha ripercussioni negative né sui salari né sulla situazione occupazionale in Svizzera. Pertanto, i rischi su un decremento del gettito federale dovuto alla robotizzazione sono limitati. Maggiori criticità potrebbero invece, in futuro, riguardare le pensioni, visto che la tassazione potrebbe concentrarsi più sui redditi da capitale che sui salari. Al riguardo, cioè al fine di sostenere i livelli congrui delle pensioni, tre sarebbero le vie percorribili: tassare i robot, ampliare le basi per i contributi alle assicurazioni sociali e aumentare i contributi dell’Iva.

Le soluzioni a confronto
Il rapporto raccomanda di iniziare a prendere le misure all’impiego crescente dei robot in ambienti lavorativi aumentando i contributi alle assicurazioni sociali, in particolare quelli destinati al finanziamento delle pensioni, mediante le imposte esistenti, prima di aggiungerne altre. L’introduzione di nuove imposte, infatti, potrebbe rallentare la crescita della produttività, poiché frenerebbe gli investimenti nelle tecnologie più produttive.

La storia del rapporto tra fisco e robot
In realtà, l'idea di una tassa sulla produttività delle macchine che sostituisce il lavoro umano è già vecchia e fu articolata dall'economista svizzero Jean de Sismondi (1773-1842) nel XIX secolo. Questa idea è stata recentemente adottata e adattata al quadro di transizione digitale da diversi autori sotto il concetto di una tassa sui robot (si veda, ad esempio, Oberson, 2017). Le entrate derivanti da tale imposta sarebbero utilizzate dai suoi promotori per compensare i tagli del gettito fiscale causati dal calo delle retribuzioni e dell'occupazione.

Difficoltà tecnico-concettuali
Senza menzionare le difficoltà nel definire la base imponibile per i robot con intelligenza artificiale, tassare un androide sarebbe come tassare una categoria di capitale che aumenta la produttività generale dell'economia. In tal modo il rischio sarebbe di limitare l'adozione di tecnologie innovative a vantaggio di tecnologie a minor contenuto tecnologico per evitare le imposte, il che comporterebbe il depotenziamento della produttività, e quindi del reddito imponibile. Insomma, un vero e proprio effetto boomerang. È infatti altamente probabile che anche significativi guadagni di produttività creino nuovi posti di lavoro, sia nei settori esistenti che attraverso l'emergere di nuovi compiti complementari ai robot. Questi guadagni di produttività aumenteranno anche il reddito aziendale e quindi il potenziale di entrate fiscali. Inoltre, dato che i robot e il lavoro umano dovrebbero funzionare in modo complementare c’è il rischio che una tassa sui robot finisca per essere  in parte a carico del fattore lavoro, cioè dei singoli lavoratori. E non finisce qui. Infatti, poiché la robotizzazione è una fonte di guadagno di produttività, è probabile che alcuni di questi guadagni vengano catturati dai consumatori sotto forma di tagli dei prezzi. Vista così, una tassa sui robot sarebbe in definitiva una tassa sul consumo, pagata dai consumatori.

RoboTax e aumento dell’Iva
Ricapitolando, la tassazione del valore aggiunto dei robot avrebbe l'effetto di spostare la leva fiscale sui settori ad alto valore aggiunto per lavoratore, nonché sulle attività con un alto tasso di lavoro autonomo. Ovvero, dove c’è maggiore produttività. Al contrario, una tale riforma fiscale andrebbe a vantaggio delle imprese ad alta intensità di manodopera tradizionale e sarebbe svantaggiosa per le imprese dei settori ad alta intensità di capitale. Alla fine, l’imposta sui robot perderebbe la sua neutralità iniziale favorendo un aumento dell’Iva, l’imposta sui consumi, che è anche la più regressiva, con un carico fiscale proporzionalmente più elevato per i redditi a bassi. Poiché questa categoria della popolazione è più fragile dal punto di vista della trasformazione digitale, la questione della rilevanza dell'innalzamento dell'aliquota Iva per sostenere il finanziamento delle pensioni non sembra una via corretta.

La soluzione giusta?
Attendere, osservare il trend della robotizzazione e gli effetti reali sul sistema produttivo, sulla produzione e sui lavori tradizionali. Qualora si manifestassero evidenti squilibri intervenire con la leva fiscale ma non anticipando quadri e trend futuri che sono ancora allo stato previsionale e nella categoria delle stime. Tradotto, la robotax può attendere.
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/dal-mondo/articolo/svizzera-robotizzazione-non-mette-rischio-entrate-fiscali