Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Dal mondo

Tax Haven: quasi il 50% del denaro
passa attraverso Regno Unito e Ue

La conclusione contenuta in uno studio realizzato da una nota Università europea che fa il punto della situazione

denaro in valigia
Soltanto cinque Stati in tutto il mondo fanno da snodo per metà dei giganteschi flussi di denaro diretti ai paradisi fiscali. Il 47% degli investimenti delle multinazionali nei Tax Haven, infatti, passa attraverso queste giurisdizioni: Paesi Bassi, Regno Unito, Svizzera, Singapore e Irlanda.
Se si esclude Singapore, si tratta degli stessi Stati sovrani che da un lato hanno gli intermediari più attivi del settore, e dall’altro, in casa Ocse, sono alle prese con i piani di azione Beps contro lo spostamento delle basi imponibili e agli imminenti primi scambi automatici di informazioni. Nel dettaglio, ai Paesi Bassi va il primato mondiale, con una fetta della torta pari al 23%. Non male però il rank del Regno Unito, che se ne accaparra il 14%. Insieme i due Paesi sul podio raggiungono da soli la percentuale shock del 37%. La classifica è il risultato più eclatante di una ricerca realizzata negli ultimi mesi da un gruppo di docenti e ricercatori dell’Università di Amsterdam.
 
Gli algoritmi al lavoro: 98 milioni di aziende sotto esame
La premessa della ricerca realizzata da un gruppo di studiosi olandesi (nata con il fine di alimentare il dibattito sulla trasparenza, i paradisi fiscali e la finanza offshore) è costruire le basi per una terminologia condivisa in materia.
Il professor Eelke Heemskerk, a nome del gruppo di ricercatori, ha dichiarato che, anche per rimediare all’assenza di definizioni condivise e non politicizzate sui “centri finanziari offshore” (OFC), i ricercatori coinvolti hanno analizzato matematicamente tutti i dati disponibili per determinare in che misura le multinazionali ricorrono a particolari Paesi e giurisdizioni nelle loro strutture societarie e/o politiche fiscali. Per riuscire nell’impresa gli algoritmi dei computer olandesi hanno incrociato i dati di 98 milioni di imprese e 71 milioni di relazioni proprietarie (ovvero le informazioni sulle strutture azionarie e i legami tra società diverse). I risultati, presentati alla stampa alla fine di luglio, hanno fatto balzare dalle sedie molti commentatori.
 
Come si muovono i capitali tra paradisi fiscali e piazze finanziarie del mondo sviluppato
Lo studio ha messo in luce il fatto che Paesi Bassi, Regno Unito, Svizzera, Singapore e Irlanda sono i più utilizzati dalle multinazionali per fare ricorso ai centri finanziari a bassa tassazione. La ricerca ha evidenziato anche che le Isole Vergini britanniche, Hong Kong e Jersey sono attualmente i più grandi centri finanziari offshore in termini di flussi di investimenti ricevuti.
"I nostri risultati mostrano che la finanza offshore non è un’attività esclusiva di piccole isole esotiche", hanno dichiarato i docenti del gruppo di lavoro, aggiungendo che “Stati come i Paesi Bassi e il Regno Unito svolgono un ruolo fondamentale e rappresentano i principali canali per i flussi finanziari in direzione dei paradisi fiscali”.
Subito dopo l’analisi del dato relativo ai primi due posti, non andrebbe sottovalutata l’informazione sul peso relativo che hanno le 5 giurisdizioni citate, peso che riflette in parte il loro valore assoluto nella bilancia geopolitica ed economica globale. Le posizioni dalla terza alla quinta sono infatti notevolmente inferiori alle prime due: il 6% dei flussi attraversa e utilizza la Svizzera, il 2% Singapore e solo l’1% l’Irlanda.
 
Londra resta una superpotenza finanziaria, le colonie danno una mano
L’Università di Amsterdam mette in evidenza un aspetto relativo alla “maturità” politico-economica dei Paesi in classifica. I cinque maggiori “facilitatori” possono infatti svolgere il ruolo di principali centri di attrazione di investimenti societari perché possono fare affidamento su reputazione, stabilità politica, sistemi giuridici altamente sviluppati e un elevato numero di trattati fiscali in vigore con altri Paesi. Non tutti gli Stati del primo mondo possono dire altrettanto, poco da aggiungere. I prerequisiti necessari per funzionare come snodo verso i regni dell’offshore sono insomma presenti in un piccolo numero di Paesi sviluppati.
Di 24 centri finanziari offshore, in cui il capitale straniero viene immagazzinato per sfuggire alle autorità fiscali nazionali, 18 giurisdizioni hanno un legame attuale o passato con il Regno Unito. Il Regno Unito è quindi un canale fondamentale per gli investimenti rivolti agli Stati in passato membri dell'Impero britannico, vedi alle voci Hong Kong, Jersey, Guernsey e Bermuda. I Paesi Bassi invece sono il canale principale per gli investimenti che si concludono a Cipro e Bermuda, tra gli altri. La Svizzera è utilizzata soprattutto come piazza per raggiungere il centro di Jersey. L'Irlanda infine è il percorso per le aziende giapponesi e americane che scelgono di investire in Lussemburgo. A ognuno il suo offshore, è proprio il caso di dirlo.
 
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/dal-mondo/articolo/tax-haven-quasi-50-del-denaro-passa-attraverso-regno-unito-e-ue