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Dal mondo

UE, 25 gli Stati che puntano
sugli incentivi Ricerca e Sviluppo

L’analisi di Bruxelles su detrazioni e crediti d’imposta per stimolare i privati a investire nell’innovazione

microscopio
Gli investimenti in R&S sono oramai un fattore chiave non soltanto per l’innovazione in sé, ma per l’incremento della produttività e per la crescita economica nel suo complesso. Proprio per questa ragione, quindi in considerazione dell’importanza crescente degli incentivi fiscali destinati a finanziare la Ricerca e lo Sviluppo, l’Unione europea ha deciso, di recente, di fare il punto della situazione. Due gli spunti su cui discutere e da approfondire.

Ok dei Governi ai bonus fiscali “verdi”
Il primo riguarda l’estensione continua e l’affermazione piuttosto netta ed evidente dei crediti d’imposta, delle detrazioni e di altre forme di agevolazione disegnate per stimolare investimenti, spese e attività nei settori della ricerca e dello sviluppo, con particolare riferimento alle rinnovabili e all’elaborazione di dinamiche produttive, ingegneristiche e meccaniche sempre meno inquinanti e più in sintonia e al passo con i tempi. In altre parole, come richiama la stessa Unione europea, gli incentivi fiscali per la Ricerca e lo Sviluppo si pongono anche l’obiettivo di uno svecchiamento il più possibile rapido e indolore delle strutture economiche più tradizionali e antiquate. Insomma, questa categoria specifica di bonus fiscali piace talmente che sono ad oggi ben 25, la quasi totalità, i Paesi membri dell’Unione che d’accordo con gli effetti benefici derivanti dall’adozione dei R&D tax credit (Research&Develomment tax credit) hanno di fatto introdotto normative molto simili e speculari lungo l’intero Continente.
 
Le titubanze delle imprese persino di fronte a generosi incentivi fiscali
Tuttavia, le aziende private continuano a non investire sufficientemente in Ricerca e Sviluppo. I dati, infatti, mostrano come il settore imprenditoriale, in particolare quello manifatturiero, sia ancora frenato riguardo il capitolo Ricerca e Sviluppo. Perché? La risposta fornita dall’Unione europea è insolitamente chiara. La ragione principale di questo ritardo, infatti, è da ascrivere al fatto che le aziende fanno ancora fatica a tenere in debito conto l'esternalità positiva derivante dagli spillovers, cioè dall’effetto a cascata di conoscenza, e di ricavi, che avvantaggia l'intera economia grazie all’intensificarsi degli investimenti in R&D. Tant’è vero, come puntualizzato più volte dall’Unione europea, che i rendimenti anche sociali determinati da tali investimenti sono stimati essere da due a tre volte più alti dei rendimenti privati ​​a favore delle imprese, i cui bilanci comunque ne traggono larghi benefici.
 
Produttività, fisco e investimenti in ricerca e sviluppo
La performance non adeguata nella spesa in R&D da parte delle imprese europee è anche una delle ragioni all'origine dell'ampliamento del divario di produttività che separa l’Ue dagli Stati Uniti. La produttività è marchio positivo per l’economia, se elevata, estremamente negativo e dissuadente, soprattutto agli occhi degli investitori stranieri, se bassa o stentata. Inoltre, per raggiungere l'obiettivo “Europa-2020”, che indica nel 3% del Pil la quota di investimenti diretti a favore delle attività correlate alla Ricerca e allo Sviluppo, sarebbero necessari ingenti investimenti aggiuntivi da parte proprio delle aziende, poiché la tassazione e gli incentivi dedicati sono oramai comunemente utilizzati in quasi ogni angolo d’Europa per sostenere progetti e programmi di R&D aziendale, tanto che tali regimi fiscali di vantaggio rappresentano un’opportunità sia per favorire gli investimenti privati sia per orientarli verso attività ad alta intensità di conoscenza e con un alto ritorno ambientale e sociale. Insomma, il fisco europeo sembra essere, almeno su questo punto, più avanti delle imprese europee.
 
La corsa all’incentivo fiscale in R&D favorito
I Paesi, quindi, fanno sempre più affidamento sul sostegno fiscale per stimolare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo. Ma qual è il bonus o il regime fiscale di vantaggio con maggiore impatto, cioè quello preferito dalle aziende? Innanzitutto c’è una varietà tra Paese e Paese che va considerata, combinando le caratteristiche di progettazione degli incentivi fiscali con le caratteristiche specifiche dei sistemi fiscali nazionali. In secondo luogo, le analisi e le elaborazioni condotte dall’Ue indicano nelle forme di detrazione fiscale delle spese sostenute o nell’applicazione dei crediti d’imposta, anche in questo caso basati su esborsi reali, le due forme predilette e maggiormente utilizzate dalle imprese. Al contrario, schemi più complessi e specifici, come quelle correlati al Patent box, ai brevetti e allo sfruttamento che ne deriva della proprietà intellettuale con i relativi benefici che essa comporta sul piano dei profitti, tendono a essere opzionati soltanto dalle grandi aziende, in particolare, multinazionali, meno dal resto del mondo imprenditoriale.
 
Come funzionano gli incentivi fiscali in R&D
L’ultimo Rapporto dell’Unione europea si sofferma anche sul modello tecnico di funzionamento di tali incentivi fiscali. Il fattore che balza subito agli occhi è il prezzo di un bene o servizio derivante da un investimento che ha beneficiato di un bonus ad hoc o di una forma specifica di detrazione o credito d’imposta. Si tratta di un’influenza diretta che generalmente porta alla riduzione di prezzo del 10,5 per cento rispetto al medesimo bene o servizio immesso sul mercato senza aver beneficiato di alcuna forma incentivante. Insomma, per i consumatori e per i destinatari dei servizi gli incentivi in Ricerca e Sviluppo sono sinonimo di garanzia per un prezzo più equo.
 
Come i Governi possono facilitare la fruizione degli incentivi fiscali in R&D
L'innovazione avviene in sistemi complessi. Per sfruttare appieno le opportunità offerte dal sostegno fiscale, i Governi devono mobilitare coerentemente una serie di politiche e impegnarsi in interventi complementari nei loro sistemi nazionali. Ad esempio, le aziende che vogliono investire di più nella R&D potrebbero non avere accesso a risorse esterne di finanziamento, di forza lavoro qualificata o potrebbero soffrire la mancanza di altri input a livello di sistema che spingano nella direzione della Ricerca e dello Sviluppo. Il caso più evidente è rappresentato dalla mancanza di entità, centri di ricerca e istituti di natura pubblica di alta qualità con le relative infrastrutture. In questo caso, anche qualora l’azienda volesse investire in Ricerca e Sviluppo dove dovrebbe guardare per attingere nel capitale umano all’altezza dell’impegno assunto? Ma non finisce qui l’elenco dei comparti da adeguare all’investimento. Le spese in R&D comportano innovazione aziendale, ma anche la progettazione di altre imposte. Altro punto critico, è la compensazione completa o meno delle perdite, la tassazione delle plusvalenze e l'impatto della tassazione personale sull'assunzione di rischi, sul capitale di rischio, sugli investimenti legati all'innovazione e sulla formazione del capitale umano. Un vero e proprio reticolo normativo e fiscale che fa riflettere sul fatto che non basta annunciare o introdurre l’incentivo fiscale, ma è necessario che questo si colleghi a un cambiamento più ampio della normativa.
 
L’apertura alle start-up e alle piccole imprese
Una curiosità da non sottovalutare. Lo studio dell’Unione europea sottolinea anche come l’impatto degli incentivi fiscali potrebbe essere ulteriormente migliorato, in particolare garantendo che le giovani, da leggersi start-up, e le piccole imprese siano anch’esse messe in grado di beneficiare di tali incentivi, semplificando e valutando regolarmente il loro impatto. Come dire, innovazione, sviluppo e ricerca non sono temi esclusivamente confinati o da limitare alle multinazionali.
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