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Ue, fisco ecologico al centro dell'attenzione della Commissione

Il convegno "What taxation for a low carbon economy" rilancia l'idea di un'accisa europea sulle emissioni di Co2

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Un sistema economico a bassa emissione di Co2. Il tema si rivela di attualità, soprattutto in prossimità della quindicesima conferenza organizzata dall'Onu sul cambiamento climatico e che si terrà a Copenhagen da oggi al 18 dicembre.

Una fiscalità europea sostenibile
Aumentare l'efficienza energetica del 20%, incrementare l'uso di energia rinnovabile portandola a un quinto del totale di quella utilizzata, ridurre del 20% l'emissione di gas inquinanti. Questi gli obiettivi che l'Unione europea intende raggiungere in tema di ambiente entro il 2020. A ricordarlo, durante il convegno "What taxation for a low carbon economy", László Kovács, commissario europeo per la Fiscalità e l'Unione doganale e Ingemar Hansson, responsabile della fiscalità del ministero delle Finanze svedese. 
"L'economia a bassa emissione di carbonio rappresenterà un nuovo modello di sviluppo per la società e porterà nuove opportunità economiche", ha sottolineato Kovàcs nel corso del suo intervento, durante il quale ha sintetizzato quanto l'Ue abbia già sperimentato sulla fiscalità ambientale. Il Commissario ha proposto una modifica della direttiva sulla tassazione dell'energia, all'interno della quale elaborare una carbon tax europea.
Dalla nuova tassa rimarrerebbero fuori le imprese che già fanno parte dell'Ets, il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di Co2 introdotto dall'Ue con la direttiva 2003/87/CE. Il progetto della nuova direttiva prevede un sistema di accise sui prodotti energetici, basate sull'emissione di Co2, che favorisca le fonti di energia rinnovabili, meno inquinanti, rispetto a quelle combustibili tradizionali. Un forte segnale ai consumatori, quindi, dato che il cambiamento climatico in atto richiede un mutamento nei modi di pensare e nei comportamenti dei cittadini.
Dello stesso avviso anche Ingemar Hansson, che ha invece sottolineato la necessità di rivedere la direttiva sull'energia per inquadrare al meglio le tasse nazionali sull'emissione di Co2 e sul settore energetico, considerate da Hansson più funzionali, rispetto alle sovvenzioni statali, al raggiungimento di obiettivi di politica ambientale.

Le best practice scandinave
Se una carbon tax europea è, dunque, ancora in fieri, molti Stati Ue si sono attivati, nell'ambito della propria legislazione nazionale, per ridurre l'emissione di Co2, con l'introduzione di un apposito balzello. Prima la Finlandia nel 1990, seguita l'anno successivo dalla Svezia. Quest'ultima, durante il semestre di presidenza Ue iniziato lo scorso 1° luglio, si è battuta per l'adozione di una ecotassa europea, argomento in agenda dell'Ecofin di Goteborg dello scorso ottobre su cui però gli Stati comunitari non hanno trovato un accordo unanime.  
I Paesi scandinavi (anche la Danimarca ha introdotto una carbon tax nel 1992), quindi, costituiscono in Europa le nazioni "virtuose" sul fronte della sostenibilità ambientale, sull'uso di fonti rinnovabili e la lotta all'inquinamento. In tali Stati, infatti, l'introduzione della carbon tax è stata ben accolta da tutti i partiti politici e, in generale, dagli stakeholder di riferimento, ed è riuscita, nel lungo periodo, a garantire un calo delle emissioni inquinanti e una crescita del gettito fiscale.
Proprio gli Stati del nord Europa, in particolare la Svezia, sono stati scelti come modello da seguire per l'elaborazione della carbon tax francese, che debutterà il prossimo 1° gennaio.

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