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Ue: sugli atti, l’eurocompatibilità
vale anche per la fiscalità

Il riferimento è al rapporto tra la disciplina nazionale e la normativa comunitaria nel procedimento legislativo

parlamento europeo
L’esame della compatibilità della disciplina nazionale con la normativa dell’Unione europea assume un ruolo fondamentale nell’ambito del procedimento legislativo interno e, in particolare, nel settore fiscale.
 
I fattori che entrano in gioco
Questa analisi si basa, generalmente, sulla valutazione di tre distinti fattori che possono essere cosi riassunti: il confronto con i principi e le norme dei trattati e del diritto comunitario derivato; l’esistenza (eventuale) sulla materia di un contenzioso con gli organi comunitari; l’inquadramento della legislazione nazionale nel più ampio contesto dell’evoluzione della produzione normativa in sede comunitaria e, quindi, della verifica degli orientamenti del legislatore interno relativamente all’elaborazione degli atti all’esame delle istituzioni europee.
 
Il rispetto della normativa e dei principi del Tfue
In questo scenario, i rilievi che possono essere mossi attengono le questioni del rispetto:
  • di singole disposizioni di direttive da attuare o di altri atti comunitari;
  • l’adeguamento a procedure di infrazione avviate nei confronti dello Stato;
  • le norme contenute nei Trattati.
In quest’ultimo ambito, poi, i principi generalmente richiamati sono quelli riguardanti:
  • gli aiuti di Stato alle imprese;
  • la tutela del gioco della concorrenza;
  • la libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento;
  • il divieto di restrizioni all’importazione.
 
L’aiuto di Stato alle imprese
Con riferimento agli aiuti di Stato alle imprese, occorre verificare l’effettivo rispetto degli articoli 107 ed 108 del TFUE. In estrema sintesi, l’articolo 107 vieta gli aiuti pubblici alle imprese che favorendo determinate imprese o produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, incidendo sugli scambi tra gli Stati membri.
 
La tutela del gioco della concorrenza
Con riferimento alla tutela del gioco della concorrenza, occorre verificare il rispetto dell’articolo 101 del TFUE. Sono incompatibili con il mercato interno e, quindi, vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.
De resto, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali (articolo 26 paragrafo 2 del TFUE).
Inoltre, l’azione degli Stati membri e dell’Unione è volta all’adozione di una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche degli Stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza (articolo 119 paragrafo 1 del TFUE).
Sull’estensione della disciplina comunitaria della concorrenza alla materia dei servizi pubblici in base all’articolo 106 del Trattato, i servizi di interesse economico generale (e, pertanto, i servizi pubblici) sono sottoposti alle predette norme fatta salva “la specifica missione loro affidata”.
 
Libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento
Con riferimento la libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento giova segnalare che l’articolo 49 del TFUE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, mentre l’articolo 56 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione.
Quest’ultima norma ammette eccezioni soltanto per attività che partecipino all’esercizio dei pubblici poteri, ovvero per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e pubblica sanità.
 
Divieto di restrizioni all’importazione
Con riferimento il divieto di restrizioni all’importazione, occorre evidenziare come l’articolo 34 del TFUE vieti fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura (commerciale) che ha un effetto equivalente (a una restrizione quantitativa). Tuttavia, secondo l’articolo 36 del Trattato, le restrizioni all’importazione, giustificate, tra l’altro, da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale sono autorizzate, laddove non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, e nemmeno una restrizione dissimulata al commercio tra Stati membri.
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