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Ue: sulle transazioni finanziarie
in arrivo una proposta concreta

La Commissione si è impegnata a discutere un articolato disegno di legge per l'introduzione entro giugno

transazioni finanziarie
La tassa fantasma. È l’ultima definizione, la più recente, utilizzata nel corso d’un dibattito acceso nell’aula del Parlamento europeo per indicare la proposta, anch’essa europea, d’istituire una tassa sulle transazioni finanziarie – FTT. Un progetto ambizioso che, nonostante ripetuti appelli, dichiarazioni e lavori condotti su diversi piani e livelli sia a Bruxelles, in ambito Commissione, sia a Strasburgo, riguardo le competenze del Parlamento, resta però intrappolato in un limbo stretto e difficile da sciogliere. Ora però si potrebbe essere vicini a una soluzione, visto l’impegno esplicito della Commissione a discutere un disegno di legge per la concreta applicazione e introduzione della tassa entro la metà dell’anno in corso.
 
Il realismo fiscal-finanziario della Commissione europea - In pratica, come riconosce apertamente la stessa Commissione europea tra le righe del suo ultimo Rapporto sul tema, le molteplici e complesse realtà finanziarie proprie dell’Unione lasciano poco spazio alla realizzazione d’un simile ambizioso progetto, almeno rispetto a quanto previsto originariamente. Ogni singolo Paese osserva e studia l’introduzione eventuale della FTT avendo come riferimento esclusivo il quadro nazionale, domestico, di riferimento della propria economia. L’effetto che si produce è distorsivo, in quanto alcuni Stati esprimono favore esplicito all’adozione d’una misura destinata a frenare gli eccessi speculativi, mentre un gruppo di Stati membri, altrettanto compatto, vi si oppone febbrilmente. Risultato, la stasi, l’immobilismo che oramai procede da anni.
 
Dalle origini ad oggi, cronaca d’una tassa che vale 57miliardi di euro in perenne stand-by Pensata e forgiata nella scia della crisi del 2008, la tassa sulle transazioni finanziarie ha preso forma effettiva solo nel 2011 con la definizione d’un profilo tecnico-impositivo basato su di una specifica proposta di prelievi da effettuare su azioni, obbligazioni, derivati e altre forme di trading finanziario. L’obiettivo ripetutamente annunciato era di adottare un misura ad hoc volta a frenare la speculazione sui mercati e costringere l'industria dell’alta finanza a versare un "giusto contributo" ai bilanci dei singoli Stati. Le prime stime, tutt’ora realistiche e assunte a base potenziale di riferimento per il gettito atteso, fissavano in 57 miliardi di euro l'anno il conto che i grandi investitori della finanza europea sarebbero stati chiamati a pagare, naturalmente in relazione ai profitti conseguiti grazie allo scambio di titoli azionari, obbligazioni ecc….
 
2012, l’anno del nuovo incipit per la FTT – Dunque, al 2011 la situazione era in uno stato di stallo effettivo. La proposta, infatti, non era riuscita a raccogliere il sostegno unanime richiesto dai governi europei. Ad ogni modo, sempre in virtù del susseguirsi di eventi reali, la notizia di massicci transiti finanziari verso destinazioni offshore, stimata in circa 1000miliardi di euro l’anno, la perdita di gettito cospicua e l’utilizzo della leva finanziaria e dei mercati borsistici come strumento utile per dribblare le Amministrazioni fiscali nazionali, il progetto d’istituire una tassa specifica sulle transazioni finanziarie a livello europeo fu ripreso alla fine del 2012 da un gruppo più piccolo di Paesi. L’infrastruttura giuridica utilizzata da questi Paesi fece richiamo esplicito alle norme europee di "cooperazione rafforzata" che, a differenza della normativa generale, dipendono dalla partecipazione di almeno nove Stati membri. Di fatto, quindi, la riduzione del quorum necessario per l’applicazione della tassa si riduceva drasticamente ad un’area di consenso più diffusa sempre in ambito europeo, anche se gran parte degli Stati membri ne restavano al di fuori.
 
L’ennesimo stallo – In realtà, il nuovo incipit non ebbe maggior fortuna dei precedenti. Per più di quattro anni, infatti, a causa delle preoccupazioni circa gli effetti collaterali economici eventualmente prodotti dall’introduzione della FTT, un gruppo di diversi Paesi, in particolare l'Austria, la Francia, la Slovacchia e la Germania, mantennero una sostanziale inattività rispetto alla decisione per il via libera definitivo della nuova tassa europea. L’effetto è stato che a ogni termine precedentemente previsto, o scadenza, si producono dichiarazioni ufficiali che non fanno altro che spostare ancora in vanti la nuova agenda per definire l’ok o meno all’implementazione della tassa. Nel dicembre 2015, per esempio, l’incontro annunciato come volto a sigillare un accordo definitivo sull’adozione della tassa europea sulle transazioni finanziarie si risolse con un nulla di fatto, testimoniato dal fatto che l’Estonia stessa, iniziale sostenitrice del progetto, decise di abbandonare il gruppo.
 
Appuntamento rimandato a giugno 2017 - Di rinvio in rinvio s’è così giunti alla promessa, da parte della Commissione europea, di avanzare una proposta legislativa comunque entro la metà del 2017. Questo calendario, sia pur ancora vago nei contenuti, ha sortito l’effetto di mantenere la FTT all'ordine del giorno ufficiale dell'Unione europea e delle attività svolte sia dal Parlamento europeo sia dalla Commissione.
 
Come la Brexit ha finito per danneggiare l’adozione della FTT europea - L’ennesima tegola sulla tassa europea sulle transazioni finanziarie è giunta in coincidenza con la Brexit. In questo caso, infatti, da un lato vi è l’oramai chiaro intento britannico di offrire alle istituzioni e agli enti della grande finanza corsie privilegiate, sia in materia di pressione fiscale sia riguardo la privacy. Il tutto per attirare fuori dal mercato europeo i giganti della finanza e favorirne così il loro insediamento stabile a Londra. D’altro canto, vi sono altri centri finanziari in Europa, in particolare Parigi e Francoforte, che ambiscono ad assumere essi stessi il baricentro della finanza europea ed extra-europea, dando per scontato il lento tramonto di Londra, o comunque tentando di accelerarne il destino. Anche in questo caso il risultato non cambia. Infatti, la tassa sulle transazioni finanziarie paga dazio a logiche geoeconomiche e fiscali strettamente nazionali che di fatto continuano a imbrigliarne a tempo indefinito la concreta attuazione. Per comprendere a pieno il senso di questo impasse è sufficiente annotare come la scorsa settimana, il ministro delle Finanze belga, Johan Van Overtveldt, annunciava una nuova condizione per rimanere coinvolti nel progetto della FTT: la partecipazione anche dei Paesi Bassi e del Lussemburgo, che sono in realtà gli avversari più accaniti della tassa sulle transazioni finanziarie. In pratica, la condizione esplicitata dal Belgio equivale ad autoescludersi dall’adozione della TFF.
 
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