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Dal mondo

Ungheria: stop alla internet tax.
Rinvio a gennaio con consultazione

Differita l'idea di introdurre una tassa sul traffico dati che il governo aveva ipotizzato tra le misure fiscali per il 2015

internet tax
Ridurre il deficit di bilancio dell’Ungheria e riportarlo entro il limite del 3% nel rapporto con il Pil secondo i parametri dei trattati europei. Con queste motivazioni il governo ungherese, presieduto dal premier Viktor Orbàn, aveva lanciato l’ipotesi di introdurre una internet tax. La misura, contenuta nel progetto di legge di stabilità per il 2015, ha suscitato le immediate proteste non soltanto sul fronte interno ma anche da parte dell’Unione europea e della Commissione in particolare.
 
Il profilo fiscale della proposta
Il punto di riferimento della proposta è il traffico utilizzato dal navigatore del web che dovrebbe rappresentare la base di calcolo dell’imposta applicata in misura proporzionale. L’idea, confermata nella legge di stabilità per il 2015, prevede l’estensione ai servizi internet di quanto già previsto con la tassa sulle telecomunicazioni. Nella sua formulazione iniziale, la misura, che, secondo fonti ben informate, costituisce una estensione della cosiddetta telecom tax, prevedeva una aliquota fiscale di 150 fiorini (circa 50 centesimi di euro) per ogni gigabyte scaricato.
 
Le reazioni al progetto
La misura fiscale ha suscitato, sin dalla sua originaria formulazione, la reazione da parte dell’opinione pubblica ungherese che, a più riprese, ha contestato al governo di voler limitare o addirittura inibire l'accesso alle informazioni non in grado di controllare. Anche l’Ue, per voce della Commissione europea, ha fatto rilevare che il piano di tassare il traffico dati internet, cosi come formulato, rischia di compromettere seriamente la libertà di espressione tutelata dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Sull’onda delle proteste suscitate dal contenuto della misura fiscale, il governo ha deciso di intervenire modificando alcune disposizioni rispetto alla iniziale formulazione del piano. Per le persone fisiche l’imposta per l’uso dei servizi internet non avrebbe potuto superare i 700 fiorini ungheresi mentre per le imprese i 5mila.
 
Le modifiche introdotte
Ma le modifiche introdotte al progetto non hanno frenato le contestazioni. L’ultima è dello scorso 26 ottobre e di fronte alla presa di posizione, sul fronte interno e internazionale, il premier Viktor Orbàn, ha annunciato l’intenzione di rinviare all’anno nuovo il controverso progetto di legge. L’intenzione del premier, che ha respinto l’accusa di voler limitare o addirittura inibire l’accesso alle informazioni via internet, è seguire la strada di una consultazione pubblica prevista per gennaio. La Commissione europea ha accolto con favore la decisione dell'Ungheria che, per voce del suo primo ministro, Viktor Orbàn, ha confermato come, nella sua forma attuale, il progetto non può essere attuato.
 
La posizione della Commissione europea
Secondo la Commissione europea, che nelle settimane scorse era intervenuta nel dibattito in Ungheria, la proposta non tiene conto di un fatto: internet è una risorsa comune globale. In quanto tale è necessario che vi sia un coordinamento a livello europeo per evitare di scongiurare il rischio che aumenti il digital divide tra i Paesi dell'Unione. E questo senza considerare il pericolo di indebolire la posizione dell'Europa in termini di libertà, diritti umani e competitività.
 
Il principio di internet aperta
Nel corso degli ultimi venti anni, il mercato della connettività Internet è cresciuto a un ritmo eccezionale. È stato il terreno fertile per un livello senza precedenti di innovazione e ha facilitato il commercio transfrontaliero attraverso il commercio elettronico, contribuendo a sviluppare ulteriormente il mercato interno e ad abbattere le barriere in entrata tra gli Stati membri. In questo contesto, che è in ulteriore e continua evoluzione, potrebbe diventare difficile prevedere gli effetti di una tassa applicata al traffico dati anche ai fini dell’aliquota fiscale che richiederebbe interventi continui.
 
La Commissione europea già contro la telecom tax
Da rilevare che la Commissione europea era già intervenuta nel 2011 per chiedere al governo di abolire la tassa speciale applicata agli operatori di telecomunicazioni introdotta nell’ottobre 2010. Già all’epoca la Commissione riteneva che la tassa era incompatibile con la normativa comunitaria sulle telecomunicazioni perché il gettito derivante non sarebbe stato utilizzato per far fronte ai costi necessari per disciplinare il settore delle telecomunicazioni ma per far quadrare il bilancio dello Stato. La richiesta era stata espressa nella forma di un parere motivato nell'ambito delle consuetudinarie procedure di infrazione dell'Unione europea.
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