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Dal mondo

Usa: dalla presidenza Obama
stop alla Corporate Inversion

Nuovo tassello nella lotta all’elusione fiscale e attacco su più fronti legislativi. In gioco più di 100 miliardi di euro

presidente stati uniti_Obama
Presa di posizione esplicita, da parte del Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, contro l'utilizzo della Corporate inversion, stratagemma adottato da un numero crescente di multinazionali, in particolare statunitensi, grazie al quale i grandi gruppi muovono i loro quartier generali, e i relativi bilanci, in giurisdizioni a bassa tassazione, per esempio in Irlanda, con l’obiettivo di sfuggire al fisco nazionale, riguardo gli Usa all’aliquota del 35% sui profitti.
 
Multinazionali ricche ma povere di patriottismo economico – Nell’ultima uscita pubblica, il Presidente Obama ha richiamato a un maggior “patriottismo economico”, quindi, incalzato dall’ala dura repubblicana e da alcuni dell’area conservatrice, ha dato libero sfogo a un pensiero piuttosto netto, e anche irrituale per un inquilino della Casa Bianca “non m’interessa se la corportate inversion risulti legale, ciò che conta, e che rileva, è che sia sbagliata”. Proseguendo nel suo intervento di fronte ai rappresentanti del Los Angeles College, ha continuato specificando il perché della sua posizione “la struttura e l’organizzazione del business che alimenta i profitti delle multinazionali cui mi riferisco restano ben localizzati all’interno del mercato Usa, mentre al di fuori di esso, cioè nelle giurisdizioni protagoniste della corporate inversion finiscono solo qualche sportello e un centinaio di operatori. Ovvero, come sfruttare il tessuto economico e qualitativo dell’economia e della governance statunitensi e regalare il gettito di imposte e tasse a un Paese ad esso estraneo”. Insomma, l’accusa è piuttosto netta: le grandi aziende producono ricchi guadagni negli States e regalano briciole d’imposte ai paradisi fiscali o simili. E così più tasse sui contribuenti medi, maggiori profitti per le multinazionali e fisco soft per i grandi gruppi. Un circolo che deve essere bloccato. Come? La ricetta in due leggi che attendono il via libera di Camera e Senato.
 
Fusioni ad alta densità e addio ai contratti federali – Il primo dei due disegni legge, il Fair Federal Contracts Act, prevede l’embargo dalle gare pubbliche per le aziende che hanno trasferito i loro quartier generali in giurisdizioni a bassa tassazione, in cui il business loro riferibile è minimo o nullo. Dunque, i rubinetti del tesoro Usa si chiuderanno automaticamente ogni qual volta aziende con sede offshore si candideranno per ottenere commesse e appalti pubblici. Un rischio, per le multinazionali coinvolte, stimato in circa 100 miliardi di euro. La seconda norma, parcheggiata anch’essa al Congresso, modifica l’impianto tecnico della normativa che favorisce la Corporate Inversion. In particolare, l’avvenuta fusione con una impresa estera, con sede, per esempio, in Irlanda, non determina più il trasferimento del quartier generale nello stesso Paese dell’azienda acquisita o con cui è stata siglata la fusione a condizione che il 20% delle azioni della multinazionale Usa si trasferiscano in titolarità alla società più piccola oggetto della fusione, piuttosto si richiederà perché il meccanismo possa far scattare il trasferimento del 50% delle azioni. Questa novità, per molti, potrebbe determinare il declino immediato dello strumento della Corporate Inversion. Almeno sulla carta.  
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