Usa: decretato il tramonto
del segreto bancario elvetico
Dopo tre anni di scontri, contatti e accordi tra Berna e Washington dalle banche svizzere il primo riscontro

Una crepa che potrebbe rivelarsi una vera e propria valanga pronta ad abbattersi sull’intero pianeta della rassicurante e riservata finanza elvetica, da decenni lo snodo finanziario principe della ricchezza mondiale, indifferentemente dalle religioni, dalle etnie e dalle provenienze con cui i tesori che vi affluiscono si distinguono. È moneta corrente e sonante, questo è sufficiente. Ma tutto potrebbe cambiare, a partire da ora, e per effetto della decisione presa, in via insolitamente informale, quasi anonima, dalla più antica delle banche private svizzere, la Claride Leu Ag, che, da giorni e in queste stesse ore, ha iniziato a informare i propri clienti statunitensi, diverse migliaia, che, nel caso di richieste specifiche, la titolarità dei conti e le rispettive movimentazioni saranno integralmente trasmesse, svelate e riportate alle autorità statunitensi che ne facciano richiesta avanzando l’ipotesi d’un coinvolgimento dei titolari nel reato di evasione fiscale. Insomma, è come dire, in maniera meno elegante, più aperta, che il segreto bancario non c’è più.
Goodbye riservatezza svizzera – La novità, in realtà, s’innesta su di un campo di discussione aperto da Berna con Washington fin dal 2008, e culminato nel 2009 con il “fuori i nomi” intimato al colosso delle banche svizzere, la UBS, direttamente dalla Casa Bianca, anche se abilmente filtrato dall’Amministrazione finanziaria Usa e dal Dipartimento della Giustizia. In particolare, è proprio il coinvolgimento della Giustizia, e del suo ufficio speciale che si occupa di perseguire su scala nazionale e oltreconfine i reati fiscal-finanziari di maggior rilievo, che ha condotto a questo ultimo passo. Infatti, la richiesta, con la specifica indicazione del reato di evasione fiscale nella sua compiuta veste di reato civile e penale, quindi anche con risvolto criminale, diretta da questo ufficio e rivolta ad una banca determinerà, o dovrebbe condurre, all’immediato trasferimento di nomi e movimenti riguardanti i conti e i titoli del soggetto, cittadino statunitense, al centro della richiesta Usa. Di fatto, il segreto bancario rischia un completo pensionamento, anche se le formule utilizzate sono orientate a una semplice maggiore, necessaria, dovuta e ora persino corretta flessibilità nell’incrinarsi della riservatezza monolitica tradizionale del muro finanziario elvetico. Comunque, al di là delle parole, ciò che conta è che nomi, dati e somme movimentate dai clienti saranno trasmessi direttamente, su richiesta, alla giustizia fiscale statunitense, senza se e senza ma, semplicemente allertando la banca e i rispettivi clienti coinvolti al centro della vicenda.
Da dove s’è partiti, dalla decisione del Senato Usa nel 2008 – Come s’è giunti a questo risultato? Dopo 3 anni di lunghi scontri, assidui contatti e accordi, parziali, sottoscritti tra Berna e Washington. L’inizio del filo anti-riservatezza trova però la sua origine nella Commissione Finanze del Senato Usa che, nel 2008, sentenzia “Ogni anno oltre 100miliardi di dollari di tasse e imposte sono evase utilizzando conti offshore. Non è tollerabile. Dunque, da questo momento si dovrà operare per ricondurre queste risorse entro i parametri corretti della contribuzione fiscale dovuta…….”. Il Senato, riunito, diede il suo assenso e il nuovo venuto alla Casa Bianca, Obama, raccolse e fece subito suo l’invito del Senato, organo centrale nella gestione delle relazioni estere statunitensi, a tutti i livelli, anche fiscal-finanziari. Naturalmente, la richiesta Usa, a differenza di altri Paesi, risulta essere più forte, più diretta, in quanto l’evasione fiscale ha un duplice volto, civile e al contempo penale. Entrambi rilevanti e sanzionati. Il dietro le sbarre può giungere fino al max di cinque anni, nella ordinarietà della sanzione, partendo da un minimo di sei mesi. A ciò s’aggiunge la sanzione, di 250mila dollari per gli individui e il doppio per le imprese condannate. Naturalmente, queste sono le soglie base. E per finire, e senza sconti, le somme evase devono essere immediatamente, e integralmente, restituite, altrimenti scattano i passaggi di proprietà, allo Stato, di beni immobiliari, di lusso o altro che possono essere rimessi in vendita dalle competenti autorità. Probabilmente, questa congiunzione del crimine fiscale, nella sua doppia veste sia civile che penale, potrebbe aver fornito agli Usa il "cavallo di Troia" da utilizzare per abbattere il totem del segreto bancario svizzero. E ora? Si dovrà attendere e verificare quanto la nuova procedura produrrà sull’intero pianeta della finanza svizzera che, naturalmente, già promette di aprire nuovi fronti di discussione.