E’ la Corporate America, l’ossatura, lo scheletro produttivo della locomotiva dell’economia mondiale, il marchio di fabbrica, ed anche di potenza, degli Stati Uniti d’America. Troppo grande per non ricevere le giuste attenzioni delle Entrate federali Usa che, con cadenza periodica, ne fissano l’istantanea, i profili numerici, rendicontandone ogni singola voce di bilancio. L’ultimo report analizza con decine di tavole statistiche l’universo imprenditoriale statunitense osservando le dichiarazioni dei redditi compilate e inviate nel 2014 e quindi riferibili all’anno d’imposta 2013. Mutano le stagioni, cambiano le annualità e i filtri utilizzati dagli economisti dell’IRS, ma il peso schiacciante dei miliardi resta sempre immutato.
Se 6 milioni di aziende fanno “grande” un Paese
Le persone connotano la cartolina del Paese in cui vivono. Negli States è diverso perché la stessa cartolina oltre ad essere controfirmata dagli individui è anche sottoscritta dal fare impresa, cioè dalle aziende. Perché? Differenze d’impostazione culturale che il fisco di Washington ha tradotto con alcuni numeri. Il primo, le società che operano negli Usa sono quasi 6 milioni, 5 milioni e 887mila entità giuridiche per l’esattezza. Naturalmente, si tratta delle aziende il cui profilo è registrato in via formale secondo le procedure contemplate dalla normativa fiscale. Comunque, sulle tavole statistiche dell’IRS restano alcuni dati fattuali, ufficiali: la Corporate America regala ogni anno all’economia Usa più di 30mila miliardi di ricavi. Per intenderci, nell’anno in corso il Fondo Monetario stima il pil mondiale, cioè la ricchezza prodotta da tutti i Paesi, in circa 88mila miliardi di dollari. I ricavi lordi della Corporate America sono pari a più di 1/3 della ricchezza globale. Una, ma non l’unica ragione che fa degli Usa il motore principale dell’economia mondiale, senza dubbio una delle cause che spingono i cittadini statunitensi a guardare al loro modello del fare-impresa come ad un unicum, quasi un made-in distintivo.
I numeri miliardari della Corporate America, con patrimonio da 88mila miliardi
Ai dati riguardanti il numero delle società monitorate e ai loro ricavi totali si devono aggiungere le informazioni riguardanti i profitti netti, quasi 2.400 miliardi di dollari l’anno, le imposte “lorde”, 441 miliardi, e le imposte nette sui profitti che al termine della stagione fiscale sono riversate al fisco federale, ovvero, 293 miliardi di dollari. In realtà, si tratta d’un indicatore “piccolo”, basti osservare che il dato di partenza è di 30mila miliardi di ricavi totali, che si riduce al netto delle spese a 1.258 miliardi di imponibile. A questo punto, sottratti sconti, incentivi, agevolazioni, crediti d’imposta ecc….ecco che si giunge a 293 miliardi. Ad ogni modo, il dato che più sorprende è quello dei patrimoni, mobiliari, quote azionarie, cash ecc… la cui titolarità è riconducibile alle aziende Usa. In sostanza, 88mila miliardi di dollari, un valore pressoché uguale alla misura del pil mondiale stimata nel 2019 dal Fondo Monetario Internazionale. Un’equipollenza numerica imbarazzante.
Anche tra le società ci son o tanti poveri e pochi ricchi
6 milioni di aziende. Di queste, più di 1 milione dichiara zero-patrimoni, tant’è che al fisco versano soltanto 11 miliardi, in media 11mila dollari, quanto versa un contribuente con reddito medio. Un controsenso, all’apparenza. Al contrario, al vertice della piramide d’impresa Usa vi sono 3.266 grandi multinazionali con 71mila miliardi di patrimoni, più di 15mila miliardi in ricavi totali e 204 miliardi d’imposta sui profitti versata. Come dire, la stessa scala di disuguaglianza esistente riguardo i redditi degli individui è perfettamente sovrapponibile alle società. Un mega cartello di grandi gruppi societari, holding e partnership e, a scendere un alveare di piccole, medie e micro-aziende, in attesa che il vento continui a soffiare sui bilanci.
Usa, gli occhi del Fisco
sulla “Corporate America”
Pubblicato lo screening fiscale su 6 milioni di società statunitensi con 88mila miliardi di patrimoni
