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Dal mondo

Usa: la riforma della corporate tax
passa per la tassa di frontiera

In occasione del Master di Bari, che si è chiuso di recente, è stata analizzata la proposta avanzata dalla politica

corporate flag
Lo Short Master dell’Università di Bari dal titolo “Selected issues of international taxation as international law”, i cui lavori si sono conclusi nei giorni scorsi, ha offerto ai partecipanti l’opportunità di una riflessione ad ampio raggio sui programmi di politica fiscale statunitense. L’analisi della proposta di riforma fiscale avanzata dal partito repubblicano americano e, in particolare, la riforma della corporate tax denominata Destination-Based Cash-Flow Tax (DBCFT) sono stati tra i punti qualificanti del contributo del professor David H. Rosenbloom, direttore dell’International Tax Program della School of Law presso la New York University.
 

Una riforma in quattro punti
La proposta, formulata nel giugno del 2016 e definita dagli economisti americani come una imposta sul valore aggiunto che consente anche la deduzione del costo del lavoro, prevede l’abolizione dell’attuale corporate income tax, ovvero l’imposta sul reddito delle società, e l’introduzione di una nuova forma di imposizione definita “border adjustment tax”, cioè tassa di frontiera, caratterizzata principalmente da:
  • riduzione dell’aliquota dall’attuale 35% al 20%;
  • immediata e integrale deduzione delle spese sostenute per investimenti in beni strumentali in luogo dell’applicazione del processo di ammortamento pluriennale (“cash flow feature”);
  • eliminazione della deducibilità dei costi per interessi passivi su finanziamenti;
  • previsione di indeducibilità degli acquisti di beni e servizi al di fuori degli USA (importazioni) e di esenzione da imposizione delle esportazioni (“border adjustments feature”).  
La deducibilità dei costi
Il professor Rosenbloom ha osservato che l’introduzione dei border adjustments, finalizzata ad incoraggiare le esportazioni e scoraggiare le importazioni, sembrerebbe potenzialmente in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato, considerando che, a fronte dell’esenzione da imposizione delle esportazioni, i correlati costi sostenuti nel mercato americano per la produzione dei beni o servizi esportati resterebbero integralmente deducibili.
 
Gli aspetti di criticità
Tuttavia, a fronte di questo potenziale risultato, emergono aspetti critici in merito alle prevedibili conseguenze sia nell’ambito del sistema economico e fiscale americano che nel più ampio panorama delle relazioni commerciali internazionali e dei correlati aspetti di fiscalità cross-border.
Con riferimento ai potenziali effetti sul mercato americano di una riforma fiscale attuativa della proposta repubblicana, appare facilmente ipotizzabile un rilevante incremento dei costi di acquisto di beni e servizi da produttori non americani, atteso che il relativo costo, per gli importatori, risulterebbe non deducibile dalla DBCTF e, conseguentemente, il maggior carico fiscale sarebbe presumibilmente riversato sul consumatore finale, con l’aumento dei prezzi di vendita. Tale effetto, a parere dei sostenitori della riforma, sarebbe compensato dal favorevole impulso a produrre internamente beni e servizi sinora acquistati al di fuori degli USA, nonché dal rafforzamento valutario del dollaro, che aumenterebbe il potere di acquisto dei consumatori.
 
Aggiustamenti valutari e andamento dei prezzi
Rosenbloom ha espresso, al riguardo, una prudente posizione di scetticismo, condivisa da molti esperti operatori del mercato interno e del mercato valutario: i potenziali effetti positivi, infatti, sarebbero realizzabili sul piano teorico ma, in pratica, non per tutti i prodotti attualmente importati è prefigurabile una alternativa “made in USA” e gli auspicati aggiustamenti valutari potrebbero richiedere molto tempo per compensare gli immediati effetti al rialzo sull’andamento dei prezzi.
Ulteriore perplessità è stata manifestata dal relatore sulle conseguenze per le più grandi società americane che operano prevalentemente all’estero, come ad esempio Boeing e General Electric, le quali, potendo dedurre i costi relativi alle esportazioni esenti, maturerebbero posizioni creditorie di imposta o di perdita fiscale che determinerebbero una rilevante riduzione del gettito erariale.
 
Gli effetti sul piano internazionale
Sul piano delle relazioni internazionali e dell’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni, Rosenbloom ha ipotizzato che l’applicazione della DBCFT renderebbe poco significativa per l’IRS (Internal Revenue Service, l’Amministrazione Finanziaria americana) l’attuale azione di contrasto alle politiche di aggressive tax planning attuate con politiche di transfer pricing, in quanto le esportazioni sarebbero esenti e le importazioni non deducibili, rendendo irrilevanti i prezzi applicati alle transazioni.
 
Il transfer pricing
Le criticità derivanti dal transfer pricing si acuirebbero, peraltro, in maniera esponenziale per i Paesi esteri di residenza delle controparti commerciali degli operatori USA, i cui costi di acquisto potrebbero risultare non allineati all’arm’s lenght, considerando che per il cedente americano i corrispondenti ricavi di vendita sarebbero esenti da imposizione.
 
Il foreign tax credit
Similari scenari di difficile operatività sul piano internazionale sono stati ipotizzati dal relatore sul tema del foreign tax credit, in particolare sul riconoscimento del credito da parte dei Paesi esteri a fronte di un’imposta, la DBCFT, che appare amorfa, ovvero una via di mezzo tra una income tax e una VAT (value-added tax). Al riguardo è stato evidenziato come, nell’ambito delle relazioni Italia-Stati Uniti, la convenzione contro le doppie imposizioni del 1999 prevede (Articolo 2), dopo un lungo confronto, la concessione di un tax credit parziale per l’Irap corrisposta dalle società USA che operano in Italia, per eliminare l’effetto distorsivo dell’indeducibilità dalla base imponibile Irap di interessi passivi e costo del lavoro.
 
La tempistica di esecuzione
A conclusione del proprio intervento, che ha suscitato un vivo interesse sulle prospettive applicative della proposta DBCFT, il professor Rosenbloom ha espresso ulteriore scetticismo sull’effettiva possibilità che la riforma entri in vigore in breve tempo, tenuto conto delle posizioni contrastanti tra i rappresentanti dello stesso Partito Repubblicano latore della proposta di riforma.
 
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