Sulle corporate inversion il Tesoro Usa si fa sentire e alza nuovamente i toni. A un anno e due mesi dal precedente annuncio del Presidente Obama di promuovere regole più rigide contro le fusioni da inversione fiscale, arriva la notizia che il segretario di Stato Jacob Lew ha scritto al Congresso per ricordare che la questione è impellente e ancora all’ordine del giorno. Di più: per quanto di sua competenza, il Tesoro ha promesso ulteriori iniziative per contrastare il fenomeno, pur ammettendo che solo un intervento legislativo porterebbe a una vera e propria battuta d’arresto.
Dopo queste dichiarazioni, le multinazionali statunitensi dovranno decidere in fretta se sospendere i loro progetti di M&A (mergers and acquisition) o se sfruttare la lentezza dei processi democratici e condurre in porto subito le fusioni concepite con società con sede in Stati dalla tassazione più favorevole. Proprio in questi giorni, ad esempio, un colosso farmaceutico come Pfizer ha annunciato una mega operazione straordinaria di concerto con l’irlandese Allergan.
Al momento niente accordo bipartisan, ma gli sherpa sono al lavoro – Nella lettera inviata ai legislatori americani, il segretario al Tesoro Jacob Lew ha spiegato che "in settimana intendiamo lanciare ulteriori interventi per scoraggiare e ridurre i benefici economici prodotti dalle inversioni fiscali". Lew ha comunque voluto precisare che il Tesoro “non può bloccare le inversioni senza una nuova normativa” in materia. La risposta della Commissione Affari fiscali (il Committe on Ways and means) della Camera dei rappresentanti non si è fatta attendere, facendo capire come il dibattitto è e resta tuttora aperto.
A breve distanza dalla diffusione della lettera al Congresso, infatti, il Presidente della Commissione Kevin Brady ha dichiarato che le "inversioni sono un problema serio, che deve essere affrontato, ma persino il segretario Lew riconosce che l'unica vera soluzione è una riforma fiscale che renda le aziende americane più competitive.” In pratica, sembrerebbe dire il repubblicano Brady, parliamone all’interno di una riforma più ampia che renda il nostro sistema fiscale competitivo a livello mondiale e che renda meno appetibile la fuga all’estero delle imprese.
La proposta di legge al vaglio del Congresso – Le corporate inversion sono operazioni in cui un’azienda americana raggiunge un accordo di fusione con un gruppo straniero allo scopo di trasferire la sede legale in un Paese dove sono in vigore aliquote fiscali più basse. Negli ultimi anni la pratica della tax inversion si è diffusa, anche grazie a una normativa da molti considerata poco incisiva. Il membro democratico della Commissione Affari fiscali, Sander M. Levin, citando elaborazioni del gruppo Bloomberg, ha ricordato che da quando sono state introdotte le nuove norme (nel 2004) si sono verificati almeno 40 casi di inversione fiscale.
La legge attualmente in vigore vieta le inversioni a fini fiscali solo nei casi in cui gli azionisti della società estera arrivano a possedere una quota di azioni inferiore al 20 per cento nella newco risultante dalla fusione. La nuova proposta di legge è ben più severa e propone di alzare la soglia anti inversioni fino al 50%. Secondo i promotori dello Stop corporate inversion act, le inversioni fiscali finiscono per costare al bilancio federale svariati miliardi di dollari di mancato gettito. Quasi a sostenere questa tesi, la Commissione statunitense sulla Tassazione ha stimato che una legislazione più restrittiva di quella attuale farebbe risparmiare all’erario all’incirca 41 miliardi in dieci anni.
Usa: stop al tax inversion
su fusioni di convenienza
Il segretario di Stato Jacob Lew ha scritto al Congresso per ricordare che il problema sollevato deve essere risolto
