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In Francia per le Entrate rimborsi fiscali da capogiro

A ottenerli i colossi dell’elettricità, dell’alluminio e dell’automotive in Francia. Secondo il quotidiano La Tribune, le Entrate d’oltralpe sono state condannate a rimborsare più di 618 milioni di euro al gruppo Suez, oltre 49 milioni al gruppo Alcan e più di 21 milioni di euro a Valeo. In totale, rivela il giornale, "le finanze dello Stato potrebbero dover saldare un conto di 3 miliardi di euro". E ciò per effetto di una sentenza della Corte di giustizia europea, secondo la quale i dividendi versati dalle filiali europee alle case madri in Francia non sono soggetti a tassazione in base al principio della libera circolazione dei capitali. In effetti, dopo la sentenza, il legislatore francese era corso ai ripari modificando la norma, con effetto dal 1° gennaio 2005. Cogliendo l’occasione il gruppo Accor, multinazionale del settore alberghiero, era riuscita a far condannare il fisco dal tribunale di Versailles. Totale 156 milioni di euro. Sulla scia anche Rhodia, gigante della chimica, era riuscito ad averla vinta. E, sempre secondo La Tribune, "anche Schneider Electric ha dato avvio a una causa analoga". Nella diatriba con Suez, il tribunale di Parigi non ha fatto che seguire l’impostazione delle altre sentenze.

Le motivazioni

Appellandosi sostanzialmente all’articolo 56 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che vieta ogni ostacolo alla libera circolazione dei capitali all’interno dell’Unione, il giudice ha sostenuto che la tassazione dei dividendi stabilita dall’ordinamento francese pone in condizione di svantaggio le società che devono applicare la norma, introducendo appunto un limite alla circolazione dei capitali. Per tutti e cinque i casi siamo ancora al primo grado di giudizio. Riguardo al contenzioso con Accor, il Fisco ha presentato ricorso in appello. Ne conosceremo l’esito non prima di marzo. Ma la notizia del giorno è l’avvio del contenzioso con Suez, che, giura il portavoce della compagnia, "non avrà comunque alcuna ripercussione sui conti della società", dato che essa già dal 2005 si è sbarazzata del proprio credito con l’Erario, vendendolo a terzi. "La questione è tanto più assurda – commenta in chiusura il quotidiano – se si considera il Fisco francese era da tempo perfettamente al corrente sia della sua probabile condanna che del peso dei crediti in gioco".
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