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Indonesia: entro marzo il termine
ultimo per la sanatoria fiscale

Sulle somme non dichiarate e detenute all’estero si stringono i tempi

banconote indonesiane
Scade alla fine di marzo di quest’anno il termine utile riconosciuto dalla legge ai contribuenti indonesiani per regolarizzare la propria posizione nei riguardi dell’Amministrazione finanziaria relativamente alle somme non dichiarate e detenute su conti esteri. Il piano di regolarizzazione fiscale, che è il terzo in ordine cronologico, dopo quello del 1964 e del 1984, copre l’imposta sul reddito, sul valore aggiunto e le vendite sui beni di lusso che possono derivare dal possesso di beni non dichiarati.

A prevederlo il Tax Amnesty Bill (legge n. 11/2016), la legge approvata dal Parlamento e in vigore dal mese di luglio dello scorso anno che consente di regolarizzare la posizione di ciascun contribuente senza incorrere in alcun tipo di azione penale. In caso di mancata adesione da parte del contribuente, oltre all’imposta regolare del 30% la norma approvata e contenuta nella nuova legge prevede l’applicazione di un’imposta sanzionatoria del 48%.

Il Tax Amnesty Bill, in vigore dal primo luglio dello scorso anno, è stato progettato per fare in modo che l’economia nazionale dell'Indonesia possa ricevere quella necessaria spinta economico-finanziaria che le dovrebbe permettere di finanziare lo sviluppo di diversi e importanti progetti infrastrutturali nei prossimi anni. Fino ad ora il programma di regolarizzazione ha fruttato un maggior gettito fiscale pari a 7,4 miliardi di dollari secondo gli ultimi dati che sono stati aggiornati a novembre dello scorso anno. Complessivamente il ministero delle finanze prevede ulteriori entrate fiscali per 12,5 miliardi di dollari.

A fronte dell’aspettativa di riportare in patria i fondi detenuti all’estero il piano di regolarizzazione fiscale in corso ha lo scopo di incoraggiare la tax compliance. L’adesione al piano, secondo le intenzioni del governo,  costituisce una fase di transizione ma il vero obiettivo è di entrare in una nuova era di trasparenza che non lascerà spazio all’elusione e all’evasione fiscale. Secondo le stime ufficiali i valori patrimoniali indonesiani non dichiarati detenuti all’estero ammonterebbero a una somma che supera i 300 miliardi di dollari. Le aree in cui questi valori patrimoniali sarebbero custoditi fanno riferimento in gran parte a Singapore ma anche a Hong Kong, nelle Isole Vergini Britanniche e in Svizzera.

L’Indonesia si è impegnata ad attuare lo scambio automatico di informazioni a partire dal 2017 con un primo scambio di dati nel 2018. È il principale impegno assunto in sede Ocse. Da sottolineare che risale al 3 novembre 2011 la firma della Convenzione sull’assistenza amministrativa in vigore dal primo maggio del 2015 mentre quella dell’accordo sullo scambio automatico delle informazioni è del 4 giugno dello stesso anno.

L’Indonesia è considerata oggi una delle più importanti economie del sud-est asiatico. Dal 2012 ha registrato un rallentamento della crescita causato dalla fine del boom delle materie prime di esportazione. Il deficit di bilancio annuale in Indonesia è limitato al 3% del pil e il governo indonesiano ha ridotto il rapporto debito-pil da un picco del 100%, registrato poco dopo la crisi finanziaria asiatica del 1999, a meno del 25% di oggi.
 
Le direttrici lungo le quali si muove l’attuale azione del governo indonesiano riguardano la lotta contro la povertà e la disoccupazione, l’adeguamento delle infrastrutture ancora inadeguate, la corruzione, l’attuazione di un contesto normativo meno complesso dell’attuale e la distribuzione meno diseguale delle risorse economiche e finanziarie tra le regioni. L’Indonesia, insieme agli altri nove membri dell'ASEAN, continua a sostenere il processo di partecipazione alla Comunità economica dell'ASEAN, anche se la piena attuazione dell’ integrazione economica non si è ancora materializzata.
 
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